Oggi la rubrica della redazione musicale di RadioEco fa un passo indietro nel tempo, precisamente al 1984. Una nuova band sync pop britannica, i Bronski Beat, fanno il loro esordio nel panorama della musica inglese, del tutto inconsapevoli che il loro primo album The Age of Consent, ma soprattutto il singolo Smalltown Boy, si espanderanno a livello internazionale diventando niente di meno che la colonna sonora dei movimenti gay di quegli anni.
L’articolo presenta due parti:
Il messaggio

Per quanto Smalltown Boy sia la protagonista di queste righe, è importante fare una breve digressione sul nome dato all’album. The Age of Consent fa diretto riferimento all’età del consenso, ovvero all’età in cui una persona è considerata capace di dare un consenso ai rapporti sessuali. È importante sottolineare come questo titolo sia stata una scelta rivoluzionaria e di denuncia soprattutto perché nel Regno Unito degli anni 80 per le persone omosessuali l’età del consenso era più alta rispetto a quella per le persone eterosessuali.
La copertina dell’album grida a pieni polmoni la direzione che la band – di cui i componenti sono dichiaratamente omosessuali – vuole prendere, il messaggio che vuole comunicare. È infatti una fitta trama nera a fare da sfondo a tre forme geometriche colorate: un quadrato giallo, un cerchio blu ed infine un triangolo rosa, simbolo cardine della comunità gay, utilizzato precedentemente nei campi di concentramento nazisti come identificativo per gli uomini omosessuali e poi rivendicato come emblema di orgoglio identitario e in memoria delle vittime.

L’intero album, con a capo il singolo Smalltown Boy, riesce quindi ad avere una risonanza mondiale, che fa accendere le radio ed i walkman a tutto volume per andare al ritmo di quello che è il coraggio e la fame della rivendicazione dei diritti umani fondamentali.
Perché Smalltown Boy è diventata un inno: testo, video clip e melodie
Smalltown Boy è andata a rivestire un ruolo così incisivo tanto da elevarsi ad essere un inno alla libera diversità. Le ragioni sono molteplici e vanno dal testo del brano, al suo videoclip – uno dei più famosi e conosciuti – fino ad arrivare alla nuda sonorità del pezzo.
Andando in ordine, le parole del brano, come anche il suo titolo, sono chiare: la band si rivolge direttamente ad un ragazzo (Smalltown Boy = ragazzo di paese) raccontandogli la sua personale sofferenza nel dover scappare da una realtà che non lo include, non lo comprende, che lo maltratta, che non gli da risposte, che gli nega l’amore.
Run away, turn away, run away, turn away, run away Run away, turn away, run away, turn away, run away
Corri via, girati, corri via. Il comando è chiaro e urgente. È necessario correre via, ma allo stesso tempo girarsi e guardarsi alle spalle, perché il mondo è crudele e doloroso tanto quanto lo sono delle nocche contro al viso.
Pushed around and kicked around, always a lonely boy You were the one that they′d talk about around town as they put you down And as hard as they would try, they'd hurt to make you cry But you never cried to them, just to your soul No, you never cried to them, just to your soul
Maltrattato e bullizzato. Avrebbero colpito per farti piangere. Tu non hai mai pianto davanti a loro, ma solo sulla tua anima. La solitudine trapela da ogni parola, da ogni frase, prendendo forma nelle lacrime versate solo con la presenza di sé stessi.
Cry, boy, cry Cry, boy, cry
L’asprezza delle parole è tradotta didascalicamente nel videoclip. Si tratta di uno tra i più famosi degli anni Ottanta, conosciuto oggi anche dalle nuove generazioni.

L’immagine del ragazzo nel treno che guarda fuori dal finestrino lo scorrere del paesaggio inglese e, perché no, anche della propria vita, è iconica. Il protagonista è uno dei componenti della band (gli altri due compariranno solo nel finale a ricoprire un ruolo positivo e di inclusività) e quello che fa è semplicemente andarsene. L’allontanamento è quello da una condizione, la propria casa di famiglia come il malato ecosistema cittadino, che non può più subire. I flashback riguardano scene di abbandono familiare – una madre amorevole, ma oppressa da un marito, nonché padre, torpido – e scene di aggressioni e violenze omofobe, entrambe mosse dal rifiuto alla diversità.
Ma quello che forse più di tutto rende questo pezzo tanto unico quanto travolgente all’ascolto sono le melodie. I suoni sono stratificati e regalano un’esperienza che va oltre quella uditiva. L’immancabile caratterizzazione sync pop è fatta di batteria e toni elettronici pulsanti che vanno al ritmo dell’organismo, sincronizzati con il battito cardiaco; la fluidità frenetica della melodia e delle parole segue il flusso del sangue che scorre nelle vene. Smalltown Boy decorre inizialmente in parallelo alla vitalità del corpo, iniziando poi ad incrociarvisi per infine fondersi con esso, diventando una sorta di prolungamento di chi ascolta.
Questa canzone, corpo dopo corpo, ha iniziato nel 1984 a muovere folle di persone atte ad essere un unico ondeggiante insieme di voglia di libertà identificativa. Continua ancora oggi ad assolvere la sua missione.
Una menzione particolare va a Steve Bronski, fondatore nonché donatore del proprio cognome al nome della band, deceduto il 9 dicembre 2021 all’età di 61 anni.

Autore: Matilde Loni
Nata accanto alla torre pendente nel 1997, Matilde da ex pallavolista approda alla tastiera del pc per scrivere della sua grande passione: l’arte in tutte le sue declinazioni. Studentessa di Psicologia Clinica e novizia di RadioEco, puoi trovarla su Instagram come @matildeloni_