Captain Marvel: la recensione

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 Esce finalmente al cinema Captain Marvel con Brie Larson, Jude Law e Samuel L. Jackson. Donne tenetevi forti. Abbiamo la nostra eroina da imitare. Finalmente.Captain Marvel

La salvezza è donna. Paura, fragilità, sicurezza, determinazione, sorpresa, ironia. Negli occhi di Carol Danvers alias Vers e futura Captain Marvel si possono leggere questi e altri mille stati d’animo. I suoi sono gli occhi di una donna, ancor prima di quelli di un supereroe. La capacità di credere in se stessa nonostante le battute di arresto, e la forza interiore con cui superare le avversità e sconfiggere i nemici fanno di lei quell’esempio femminile (e non solo) da seguire che mancava nel panorama cinematografico supereroistico. Quella di Captain Marvel è un elogio all’universo femminile urlato sottovoce, scritto tra le righe; un manifesto della forza delle donne mai esposto in monologhi colmi di retorica e falso buonismo, ma lasciato esprimersi in ogni colpo inflitto, e ogni pugno dato con potenza dalla protagonista. Una partita di ping-pong tra obblighi imposti, e regole da rompere.

Carol Danvers non voleva essere un’eroina; o perlomeno, il suo intento non era certo quello di salvare il mondo per mezzo di mirabolanti superpoteri. Il suo sogno era quello di porre fine alle ostilità sfrecciando in alto nei cieli. Piota dell’aeronautica vedeva l’immensità del cielo che ci sovrasta come campo di battaglia, e l’aereo da pilotare la sua arma infallibile. Carol Danvers è diventata Captain Marvel per caso; nessun esperimento mal riuscito, discendenze reali di galassie lontane, o punture di insetti. Il caso ha scelto per lei. Una presa di coscienza non immediata, ma recuperata minuziosamente passo dopo passo, pugno dopo pugno. In una giostra caleidoscopica fatta di effetti speciali ineccepibili, fotografie accese eppure ammantate da quelle sfumature tipiche degli anni Novanta, il pubblico segue la (ri)nascita di una donna destinata a essere qualcosa in più: nei suoi occhi espressivi (merito delle capacità attoriali di un’ottima Brie Larson) si nascondono ricordi rimossi, sfumati, resi visivamente da tanti flashback e sovrimpressioni che trasformano ogni inquadratura in un tassello della memoria, e il film un puzzle da ricomporre stando attenti a ogni minimo particolare. Perché nulla nel mondo di Captain Marvel è come sembra e ogni incastro può celare verità diverse e dissimulate.

A fare da collante è una sceneggiatura poco invasiva, che lascia spazio più alla fisicità e alle azioni dei personaggi che al comparto dialogico e verbale; certo, le battute spesso fuori contesto e forzate non mancano (con tanto di anacronismi, come la richiesta di una “password wi-fi” che nel pieno degli anni Novanta era alquanto impossibile da chiedere) eppure vige un’armonia di insieme che fanno di questo film un prodotto coeso, in cui colonna visiva e sonora danzano all’unisono e in perfetta sincronia. Scrivere una recensione su Captain Marvel senza lodare il lavoro compiuto da Brie Larson sarebbe come cucinare una Sacher senza cioccolato. L’attrice premio Oscar per Room non indossa solo un costume, ma si attacca a quell’uniforme come se fosse nuova pelle. Dà vita a un personaggio poco prima relegato sulla pagina sotto forma di inchiostro e lo rende umano. Sfrontata e sarcastica, il suo viso è una tela su cui dipingere ogni stato d’animo, anche il più complesso. Un lavoro introspettivo che aggiunge quel quid in più a un film pronto a offrire alle nuove generazioni un nuovo modello da seguire e imitare.

Menzione speciale alla colonna sonora; per un film che vive di anni Novanta in ogni fotogramma, l’alternanza di musiche orchestrali imponenti a brani che hanno segnato per sempre quel decennio riesce a coinvolge emotivamente lo spettatore in maniera indelebile, Se poi a fare da colonna sonora a una delle scene di lotta finali dal forte tasso adrenalinico è “I’m just a girl” dei No Doubt, il girl power è servito.

Quello che più rende unica e Captain Marvel è la sua indipendenza e capacità di superare gli ostacoli con la sola forza della mente e del cuore, senza per questo sentire l’esigenza di instaurare una relazione sentimentale. L’amore non fa capolino nel film diretto da Anna Boden, o perlomeno non lo fa nelle vesti a cui siamo stati tanto abituati da considerarlo indispensabile allo sviluppo della storia (soprattutto se al centro vi è una donna), bensì in altre vesti: è un amore tra amiche, tra “partner in crime”, tra umani e gattini (Goose vi ruberà il cuore, ne siamo certi) tra famiglie in difficoltà e costrette alla macchia, o all’esilio esilio. È un amore verso gli altri, verso i più deboli, ma soprattutto verso se stessi.

È una donna schietta, sincera, forte, autodeterminata, indipendente e intraprendente. È una donna che si basta e si fa bastare. Prima ancora che una supereroina Captain Marvel è uan donna. E sì, sarà probabilmente lei a salvare la vita a tutti.

Voto: 8

Elisa Torsiello per Radioeco