Grimes: il nuovo album Miss Anthropocene

Grimes è una pop star e producer canadese, conosciuta per il suono etereo (si batte perchè venga riconosciuto come genere musicale) della sua musica elettronica, con influssi che vanno da Bjork alla musica medievale. Grimes (Claire Boucher) è in grado di creare atmosfere riconucibili solo a lei, una sorta di universo musicale parallelo che sfugge a ogni classificazione, seppur decorato con (e proveniente da) riferimenti alla cultura pop fantascientifici e coloratissimi.

Grimes
Cover di Art Angels (2015)

I suoi capolavori sono Visions e Art Angels, due album magnetici che non ne vogliono sapere di uscirvi dal cervello, e rivelano nuovi strati ad ogni ascolto, creando quasi una dipendenza da questo cosmo di suoni perfettemante intrecciati. Magnificamente indelebili, parlano di solitudine, inadeguatezza, violenza di genere, e anche cambiamento climatico.

Grimes
Cover di Visions (2012)

Il cambiamento climatico è il tema principale dell’ultimo album, uscito il 21 febbraio 2020. Il suo quinto lavoro è stato annunciato da Grimes con la lenta e ammaliante “So heavy I fell through earth”, ballata ambient alla Enya “about fighting Balrogs in the centre of the Earth that is a sex metaphor”, scena visibile nel video:

Un immaginario sci-fi tipico di Grimes ma con un tono decisamente più dark e meno upbeat dei lavori precedenti, che permane nel corso dell’opera sviluppandosi attorno al concetto dei New Gods (melodico brano al pianoforte), nuove divinità, necessariamente legate al mondo della tecnologia, che Grimes invoca in preghiera attraverso i brani dell’album.

Queste divinità non sono necessariamente benigne: la seconda track, combina i toni eterei di Grimes con il rap alieno di Aristophanes, ed è dedicata ad un villain della Justice League, “Darkseid”.

La divinità protagonista è Miss Anthropocene, la dea del cambiamento climatico, che come tale ha un punto di vista sul fenomeno decisamente provocativo:

In “Violence“, track fortemente elettronica capace di rimanervi incollata in testa come solo un brano di Grimes può fare, è la Terra stessa, vista come vittima di una relazione abusiva, a domandare all’umanità di farle del male:

Baby, it’s violence
But you can’t see what I see
You can’t see what I see
Cause you, ha, ha, you feed off hurting me
Off hurting me, yeah, ha-ha

You wanna make me bad, make me bad
And I like it like that, and I like it like that
You wanna make me bad? Pay me back
Said, “I like it like that,” said, “I like it like that”

La fine arriverà, e viene descritta nell’avvolgente “Before the fever“: 


This is the sound of the end of the world
Dance me to the end of the night, be my girl
Madness, intellect, audacity
Truth and the lack thereof
They will kill us, oh, have no doubt

Ma non ce ne dobbiamo preoccupare: Grimes, nella distopica e aggressiva (bonus) track industrial-pop “We appreciate Power” ci assicura che l’AI, l’intelligenza artificiale, se l’aiuteremo nella sua ascesa, ci salverà.

People like to say that we’re insane
But AI will reward us when it reigns
Pledge allegiance to the world’s most powerful computer
Simulation: it’s the future

And if you long to never die
Baby, plug in, upload your mind
Come on, you’re not even alive
If you’re not backed up on a drive

Un glimpse di questo mondo futuristico lo abbiamo nel celestiale brano drum’n’bass4AEM“, rivisitazione cyberpunk di una soundtrack bollywoodiana, e uno dei singoli che ha anticipato l’album.

Come “Delete Forever“, track in cui l’inaspettato e semplice suono della chitarra accompagna una intima riflessione sulle dipendenze, da droghe tanto quanto dall’adrenalinica vita da artista che Grimes vive, spinta sempre al limite della stabilità mentale, constantemente immersa nel dolore passato per essere in grado di creare arte:

Always down when I’m not up, guess it’s just my rotten luck
To fill my time with permanent blue
But I can’t see above it, guess I fucking love it
But, oh, I didn’t mean to

Temi che riprende anche nella più metal e inquietante “My name is dark”:

You know me as the girl who plays with fire
But this is the song I wrote you in the dark

The boys are such a bore, the girls are such a bore
I never trust the government and pray to God for sure, yeah
I don’t need to sleep anymore
That’s what the drugs are for

L’unico brano ottimista è la love song conclusiva IDORU, dolcissima come mai prima d’ora Grimes si è mostrata essere: d’altronde, dato che la vita di Claire è ormai una vita di estremi, se aumenta l’oscurità, aumenta anche la luce.

Questa estremizzazione dei suoni mostra una direzionalità nella crescita musicale di Grimes, comunque ancora eterea, aliena e straniante. Non riesce però, con questo album, a creare un’opera innovativa e accattivante come le precedenti. Le canzoni non possiedono quell’ispirazione profonda e tormentata, che, espressa attraverso la perfezione tecnica (la produzione è comunque impeccabile), ha reso gli altri brani dei capolavori assolutamente necessari. Anche i pezzi più intimisti non possiedono la stessa poesia di Genesis od Oblivion. Inoltre, quello che doveva essere il tema portante, ovvero la crisi climatica, viene quasi solo accennato, e la ricerca delle nuove divinità non è effettuata in tutto il suo potenziale. Per quanto sia comunque un album con un suono interessante e frutto di spunti attualissimi, non mi ha (purtroppo) nè emozionato nè illuminato come mi aspettavo.

Spero nel futuro della carriera di Grimes: ci donerà altra musica paradisiaca, prima di colonizzare Marte con il compagno Elon Musk e *l* figli* in arrivo?

alessandra

Autrice Alessandra Pafumi

Studentessa di biologia marina nata nel 1997, 9 stelle del cinema su 10 la fanno piangere. Gioca a fare la blogger e la speaker per RadioEco dal 2019. Conduce Disconnected con Giulia Greco.

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