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Speciale primo maggio: L’insicurezza sul lavoro

Oggi si festeggiano i lavoratori. Quelli che portano avanti la produzione industriale di qualsiasi settore, quelli che per 40 ore a settimana devono “farsi il mazzo” se vogliono arrivare a fine mese con la pancia piena e un tetto sopra la testa.
È bello celebrarli, farli sentire importanti per un giorno all’anno, e ricordare che senza di loro si ferma tutto. Gente di ogni estrazione sociale si unisce a loro, in questa grande celebrazione dell’umile, del semplice.
Ma è anche un’ottima ricorrenza per rammentare che ancora oggi, in fin dei conti, c’è poco da festeggiare. E quindi qualcuno fa un intervento pesante, dove parla di tragedie, di ingiustizie ai danni degli ultimi, di quelli che domani torneranno a rischiare la vita in qualche luogo di lavoro per uno stipendio da fame. Purtroppo è necessario smorzare l’allegria per riportare alla luce tutto il marcio che si cela dietro i processi di produzione del nostro sistema economico; con l’articolo di oggi voglio addossarmi quest’ingrato onere.

Il cantiere di via Mariti crollato, da Il Manifesto

Febbraio 2024: il crollo del cantiere Esselunga

Se affermo che i profitti economici contano più delle vite umane non sto facendo un’insinuazione, né un’accusa contro governi e multinazionali: sto descrivendo la pura realtà. E per constatarlo non occorre neanche uscire dal capoluogo della nostra regione; è tutto sotto il nostro naso.

Il 16 febbraio 2024, a Firenze, in un cantiere per la costruzione di una nuova sede dell’Esselunga in via Mariti, un pezzo del fabbricato in costruzione crolla sugli operai a lavoro. Cinque giorni di ricerche per risalire al totale delle vittime: Bouzekri Rachimi, 56 anni. Mohamed El Ferhane, 24 anni, Luigi Coclite, 60 anni, Mohamed Toukabri, 54 anni, Taoufik Haidar, 43 anni.

Com’è potuto succedere in un paese avanzato come il nostro, dove la legislazione dovrebbe prodigarsi di tutelare le vite degli operai? Il danno è fatto ormai, non resta che cercare i responsabili. C’è voluto un anno per accusare di omicidio colposo, con aggravante di violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, i due ingegneri Marco Passaleva e Carlo Melchiorre e l’amministratore di Rdb Ita, ditta costruttrice del manufatto crollato, Alfonso D’Eugenio.

Le condanne? Interdizione di qualche mese per gli ingegneri e arresti domiciliari per l’ormai ex amministratore. Pene che sembrano quasi delle prese in giro, soprattutto se prendiamo in esame le testimonianze degli operai sopravvissuti all’accaduto. Questi ultimi raccontano di continue pressioni da parte dei superiori che pretendevano lavori svolti nel minor tempo possibile, anche a scapito delle misure di sicurezza. Misure che, se fossero state rispettate, avrebbero permesso il fissaggio del manufatto incriminato. Eppure i superstiti non hanno dubbi: quello era un lavoro che normalmente si svolge in due anni, ma lo stavano facendo in sei mesi.

Gli appalti: terreno fertile per la corruzione

Mi chiedo, se in Italia le leggi per la sicurezza sul lavoro esistono e sembrano persino valide, come sono possibili certe condizioni lavorative?
Il cantiere Esselunga era un affare da milioni di euro, ed è stato ovviamente gestito attraverso gli appalti. Gli appalti sono contratti con cui le aziende edili prendono in gestione grandi opere come, nel nostro caso, quello della costruzione di un centro commerciale, e guadagnano ingenti somme. Anch’essi sono regolati da leggi, ma paradossalmente sembrano fatte apposta per raggirare le stesse leggi sulla sicurezza sul lavoro.
Se in un cantiere non c’è solo un’azienda a lavorare, ma ce ne sono decine e decine, come si fa a puntare il dito su un responsabile qualora vi sia un’inosservanza?
Per questo si ricorre ai subappalti: contratti che coinvolgono numerose altre imprese in un ciclo d’affari interminabile con il principale scopo di frammentare il processo d’impresa, togliendo responsabilità ai vertici. Pensate che quando la polizia davvero indaga su questi processi, spesso scopre che ad ottenere subappalti sono aziende fittizie, senza dipendenti, create apposta per questo ignobile scopo.

Se le cose stanno così, qualche personalità politica deve aver permesso tutto ciò. Prima del governo Draghi, il Codice degli appalti imponeva di non subappaltare lavori oltre il 30% dell’opera; Draghi ha allentato questo vincolo al 50%. Poi è arrivato l’attuale governo, con il nuovo Codice appalti targato Salvini (d.lgs 36/2023), che stabilisce che la stazione appaltante può avviare una sequela infinita di cessioni di lavori ad altre imprese, senza alcun vincolo. Le morti sul lavoro nel 2023 sono state 1500; un dato problematico, sul quale sembra non ci sia intenzione di intervenire.

Le classi meno abbienti sono pedine in questi giochi di potere, e di anno in anno si vedono togliere diritti, tutele, certezze; persino la certezza di tornare a casa vivo a fine turno. Sì, perché il costo della vita cresce, mentre queste dinamiche permettono alle grandi aziende di andare sempre al ribasso; ovviamente, il ribasso degli stipendi. E chi ha una famiglia da mantenere, o una casa che sta per essere pignorata, per tirare avanti è costretto ad accettare straordinari in condizioni che mettono in pericolo la sua stessa vita. Lo scopo è chiaro: creare ambienti lavorativi così distopici da non lasciare spazio alla rabbia, perché c’è solo disperazione. E quelle sporadiche fiamme di dissenso che nascono? Si reprimono con la violenza poliziesca, come si è sempre fatto.

Dicembre 2024: le esplosioni al deposito Eni di Calenzano

Il 9 dicembre 2024 Firenze torna a piangere le morti di altri cinque lavoratori. Al deposito Eni di Calenzano si verificano quattro violente esplosioni; non una tragica fatalità, ma un altro caso di omicidio colposo plurimo. Quella mattina erano in corso i lavori di manutenzione, svolti dall’azienda Sergen che aveva preso l’incarico in appalto, e per questo gli autotrasportatori non avrebbero dovuto riempire le cisterne di gasolio. È risaputo tra i dipendenti: la contemporaneità di queste due procedure può essere molto pericolosa. Ma i soldi non dormono mai, e gli uomini sono stati spediti a lavorare lo stesso. Così hanno perso la vita tre autotrasportatori: Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti; e due manutentori della Sergen: Gerardo Pepe e Franco Cirielli.

L’impressionante nube di fumo nero causato dalle esplosioni del deposito Eni di Calenzano, da GeaAgency.

Questa volta gli indagati sono stati identificati più celermente. Sono nove in tutto, tra cui Francesco Sirone della Sergen, datore di lavoro dei due manutentori rimasti uccisi; e Luigi Collurà, dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano. In seguito alle indagini, il procuratore Luca Tescaroli ha stabilito che se le pompe di carico delle autobotti fossero rimaste chiuse durante la manutenzione, ovvero alle 09.00 alle 15.00, Eni avrebbe perso 255.000 euro di guadagni. A quanto pare tanto bastava per mandare a morire cinque persone.

Anche qua ci troviamo di fronte ai famosi appalti. In questo caso però sorge un problema diverso: qua è evidente che la Sergen non fosse una ditta sufficientemente qualificata, scelta da Eni solo per il basso costo dei suoi servizi. Secondo la ricostruzione dei fatti, l’evitabile incidente sarebbe stato provocato dai lavori di manutenzione non proprio tempestivi; ciò avrebbe provocato delle fuoriuscite di vapori. Si sospetta addirittura la presenza di un telefono cellulare lasciato erroneamente acceso nonostante il divieto di farlo nell’area a rischio. Insomma, è chiaro che sia Eni che Sergen abbiano assunto comportamenti errati che avrebbero poi causato le esplosioni. Ancora una volta sono state messe a repentaglio le vite di chi lavora solo per far risparmiare denaro a una ditta che di denaro ne ha già in abbondanza.

Buon primo maggio!

In meno di un anno abbiamo assistito a due stragi solamente a Firenze. In quella di febbraio 2024 è stata una grandissima azienda come Esselunga a dare in appalto i lavori, mentre in quella di dicembre 2024 si trattava addirittura di un ente pubblico. Ci si potrebbe aspettare che siano le piccole aziende, quelle con scarse risorse, ad avere difficoltà a rispettare le normative sulla sicurezza. Invece sembra che alle multinazionali, quelle che dovrebbero essere esempio di perfetta conformità alle normative, siano concesse sempre più libertà, e sempre a scapito delle classi subalterne. Ma non temete! Anche quest’anno in TV e sui social vedremo i vertici del governo che, con totale nonchalance, ci augureranno candidamente: “Buon primo maggio!”.

Autore: Paolo Bianchi

Sono uno studente di Lingue, Letterature e Filologie Euro-Americane, appassionato di poesia e letteratura. Normalmente scrivo su autori di libri fantasy, sulle mie riflessioni riguardo le opere che leggo, ma oggi sono uscito dalla mia comfort zone per parlare di un tema di capitale importanza come le morti sul lavoro.
Qua vi lascio il link al mio ultimo articolo.

1 thought on “Speciale primo maggio: L’insicurezza sul lavoro”

  1. Maria Pina Lacitignola

    Mi è piaciuto molto il suo articolo che con molta chiarezza ha centrato dove sono le responsabilità degli incidenti sul lavoro.

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