Indro Montanelli (1909-2001) è stato uno dei più importanti giornalisti del XX secolo, oltre a essere redattore di libri storici e cronista televisivo. Educato sotto il fascismo e destinato al giornalismo fin da piccolo, collaborerà per il Corriere della Sera fino al 1974, quando per divergenze fonderà Il giornale. Nel 1994, in aperto contrasto col proprietario della testata Silvio Berlusconi, dovrà dimettersi su pressioni esterne e fondare il quotidiano La voce. Questa nuova rivista avrà vita breve, perciò Montanelli ritornerà al Corriere. Egli ha contribuito intellettualmente anche scrivendo La storia d’Italia, numerosi volumi che raccolgono la storia della penisola dall’antica Roma fino al nuovo millennio.
Montanelli era fascista?
Io ho dei rancori verso il regime e il suo Duce. Non per i guai che mi hanno procurato, sebbene piuttosto pesanti. Ma per lo sperpero che essi hanno fatto di quel patrimonio di speranze che io e tanti altri giovani della mia generazione ci avevamo investito.1
Considerato che durante l’ascesa di Mussolini Montanelli era poco più che maggiorenne, egli inevitabilmente fu accecato dalla retorica del futuro dittatore. Nondimeno, ammetterà a volto scoperto, con imbarazzo, di essere stato ingannato dalla retorica mussoliniana. Il giovane giornalista, come i suoi coetanei, vedeva in lui una figura rivoluzionaria che instaurò sì una dittatura, ma secondo loro transitoria e capace di risanare l’Italia del primo dopoguerra. L’imbarazzante campagna in Abissinia e le numerose censure che riceveva dall’alto, lo portarono nel ’38 a consegnare la sua tessera d’iscrizione al partito.
Montanelli si rese conto che il fascismo, più che un’ideologia o una corrente politica, si identificava in un solo uomo: un agnostico desideroso solo di guidare una rivoluzione. Considerava il dittatore come una persona patetica priva di un suo pensiero, ma allo stesso tempo un maestro della retorica che riuscì a ingannare persino se stesso, causando la sua caduta.

Ma allora era antifascista?
Sono rimasto non fascista sino al ’40, quando diventai categoricamente antifascista.5
A partire da questa battuta, a cui Montanelli diede poca attenzione, si può riassumere buona parte del suo pensiero. Egli non distingue tra fascisti e antifascisti, poiché ciò renderebbe il termine “antifascismo” privo di significato. Secondo Montanelli, infatti, il fascismo non era un’ideologia, ma coincideva interamente con la figura di Mussolini. Questa visione è decisamente forviante tutt’ora; il fascismo è stato trasformato in un’ideologia costruita su una figura di Mussolini più finta che vera. Un esempio semplice? Montanelli riporta un suo incontro col dittatore, che si complimentò per un articolo antirazzista . Il giornalista, inoltre, evidenzia come nel fascismo delle origini l’antisemitismo non fosse contemplato e come il drastico cambio di posizione del fascismo riguardo all’ideologia della razza non fosse dettato da convinzione ideologica, ma da opportunismo politico: un tentativo di superare il dittatore tedesco
Per quanto disprezzi il partito e Mussolini, Montanelli rivendica che il fascismo è stato “l miei stupidi e bellissimi vent’anni”6, i coetanei che lo rinnegano mentono perché non si può disconoscere ciò che ha rappresentato la loro gioventù. Le numerose accuse di fascismo non l’hanno mai turbato, perché: “Ma ci sono abituato [a sentirsi dare del fascista], così come lo sono a sentirmi dare di comunista.“7
Montanelli e la guerra civile

Montanelli interpreta la Resistenza come una guerra civile tra più fazioni: il Sud e il Nord, fascisti e partigiani, monarchici e repubblicani. Il suo giudizio sulla Resistenza è piuttosto neutro poiché considera gli italiani incapaci di combattere, e solo in pochi di loro vede uno spirito eroico. Non si permette mai di svilire il contributo della lotta partigiana né disapprovare l’uso della forza, ma spesso denuncia atti di violenza dei partigiani da lui ritenuti sfoghi di rabbia popolare. Un evento che spesso cita è la morte di Mussolini: considera frettoloso il processo compiuto nei suoi confronti e la scelta di impiccarlo violenta e irrazionale. Montanelli rimase colpito quando vide i corpi esposti perché realizzò come anche nella Liberazione la rabbia popolare ebbe un ruolo significativo.
L’esperienza di Montanelli
[…] In molte occasioni ho salvato la pelle grazie a colpi di fortuna pazzeschi.9
Prima dell’8 settembre Montanelli ebbe la possibilità di mobilitarsi contro il fascismo in quanto lo invitarono a Londra a unirsi alla BBC, ma rifiutò perché significava abbandonare l’Italia e i suoi compagni. Nel ’44 tentò di unirsi ai partigiani di Azione Cattolica guidati da Filippo Beltremi ma, per un colpo di fortuna, evitò l’incursione tedesca che sterminò il battaglione. Poche ore dopo venne imprigionato a San Vittore con la moglie, accusato di aver complottato contro Mussolini e trattenuto per essere usato come vittima in caso di rappresaglie.
La sua esperienza è particolare in quanto caratterizzata da numerosi colpi di fortuna, un semplice esempio è che Montanelli evitò l’incursione al battaglione per due sole ore. La sua Resistenza ‘fortunata’ lo porterà a considerare la Storia fortemente influenzata da eventi casuali.
Montanelli empirico

Il principio guida di Montanelli è la ricerca della verità, che persegue in modo strettamente empirico, privilegiando le testimonianze dirette e mantenendo una certa diffidenza nei confronti dei documenti ufficiali, forse perché segnato dall’esperienza dei falsi e imbarazzanti bollettini di guerra diffusi dal regime. Il suo stretto legame alla realtà lo rende da un lato una persona umile , in quanto non si cruccia di ammettere di esser nel torto, dall’altro si presenta indifferente ai fatti e mal interpretabile.
Questo atteggiamento ha portato a frequenti accuse di apologia del fascismo, in particolare dopo la pubblicazione de ‘Il generale della Rovere’, dove alcuni critici ritennero che i soldati nazisti fossero rappresentati in modo troppo positivo. La sua risposta fu che non era vero: egli equiparava i nazisti ai fascisti, in quanto entrambi minacce alla libertà, ma non può far a meno di ammirare la loro cavalleria , assai discutibile per il sottoscritto.
Un esempio più compromettente è il famoso caso della sposa etiope. Durante il programma “L’ora della verità“, Montanelli raccontò con indifferenza di una moglie di 12 anni che acquistò mentre era in Etiopia. La giornalista Elvira Banotti lo incalzò su questo punto. Montanelli, visibilmente infastidito dal rimprovero, si giustificò sostenendo che in quel paese il matrimonio con bambine fosse una pratica comune e, di conseguenza, non vi fosse nulla di sbagliato.
L’eredità di Montanelli
Per quanto Montanelli sia distante dal fascismo, la sua mentalità è pur sempre stata formata in un periodo molto retrogrado per quanto riguarda i diritti, e questo fatto non posso né ignorare né giustificare. Tuttavia, non posso nemmeno condannare all’oblio un giornalista che, a differenza di tanti suoi colleghi, ha sempre cercato di avere un pensiero suo, che fosse o no controcorrente con i contemporanei, e soprattutto ha avuto l’umiltà di cambiare idea di fronte ai fatti. Il suo racconto della Resistenza, totalmente oggettivo, dovrebbe essere recuperato perché permette di capire veramente cosa sono stati quegli anni in Italia.
Se volete approfondire consiglio vivamente di leggere Il generale Della Rovere, le sue ultime edizioni contengono in appendice un’interessante intervista a Montanelli, e di consultare l’articolo sui libri della resistenza scritto da Martina Rizzo. La Resistenza secondo Indro è ben esposta nel suo libro, con collaboratore Cervi, L’Italia nella Guerra Civile, della collana Storia d’Italia . Su Raiplay sono presenti alcuni suoi programmi ma consiglio vivamente un’intervista radiofonica in cui Montanelli parla del concetto di ideologia e del suo uso in Italia.

L’autore
Mi presento: sono Michele, arrivato da Torino per studiare matematica, e sono un cuoco gattaro. Non ho un mio genere letterario preferito: in biblioteca girovago tra gli scaffali e quando un libro si fa notare diventa la mia preda, ma non prima di aver consultato l’area dei Topolino. Correzione: i Topolino sono ora in una zona riservata ai bambini, mi duole assai.
Fonti
L’immagine in copertina è tratta da un episodio di Gli incontri, disponibile su Raiplay.
- Io e il Duce / Indro Montanelli ; a cura di Mimmo Franzinelli. Pag. 121 ↩︎
- Immagine Corriere della sera ↩︎
- Io e il Duce pag. 275 ↩︎
- Copertina del Time del 20 luglio 1936 ↩︎
- Io e il Duce pag. 184 ↩︎
- Montanelli in L’ora della verità 6:47 ↩︎
- Io e il Duce pag. 239 ↩︎
- Immagine Rai ↩︎
- Il generale Della Rovere / Indro Montanelli, appendice intervista di Michele Brambilla a Montaneli. Pag. 119 ↩︎
- Immagine Rai ↩︎