Caffè Letterario – Catullo: le poesie proibite

Un articolo insolito su Gaio Valerio Catullo

Vi suona familiare? Certo, è difficile non conoscere il nome di uno dei più grandi esponenti della poesia latina. Chi l’ha studiato a scuola, avrà sicuramente letto molti dei carmi dedicati all’amata Lesbia. Ma non disperate, se non ne sapete niente: tanto meglio!

Spesso, quando pensiamo a Catullo, non ci vengono in mente altro che parole d’amore, sussurrate sotto le stelle o nella penombra. I nostri professori del liceo ci hanno fatto credere che il famoso Liber fosse l’epopea di un amore proibito. Bellissimo, certo; ma qualcuno potrebbe anche trovarlo un po’ noioso. La realtà è che Catullo non era soltanto un poeta d’amore. Proprio per questo, cercheremo il più possibile di mostrare un lato che, di solito, viene tralasciato: quello più divertente e irriverente. Qui tratteremo il Catullo proibito: il Catullo offensivo, volgare, e scurrile. Dunque, se le risate non fanno per voi, potete passare oltre. Se, invece, siete pronti a conoscere l’altra faccia di questo grandissimo poeta, siete nel posto giusto.

La vita e le vicende

Per far sì che tutti possano leggere e apprezzare il nostro Catullo, è opportuno mettere a disposizione del lettore qualche informazione basilare. Chiedo venia a chi di lui ha già dovuto imparare a memoria vita, morte e miracoli, ma vi invito a non saltare questo paragrafo – a meno che non vogliate perdervi l’altissima considerazione che Catullo aveva nei confronti del poeta epico Volusio.

Gaio Valerio Catullo nacque a Verona, intorno all’84 a.C., in una famiglia agiata. In quegli anni, la repubblica romana si stava avvicinando al suo tracollo. Difatti, non mancava molto alla nomina di Cesare a dittatore a vita e alla sua morte, alla guerra contro i Cesaricidi, e all’ascesa di Augusto come primo imperatore di Roma.

A Catullo, tuttavia, queste cose non interessavano più di tanto. Lui e la sua cerchia di amici – i cosiddetti poetae novi – erano fin troppo impegnati con la vita mondana, fatta di ritrovi conviviali, amori furtivi, e composizioni leggere. E lo si capisce bene! In un momento in cui erano tante e frequenti le notizie sulle spedizioni estere e le conquiste di Cesare e Crasso, scriveva:

 Unam Septimius misellus Acmen

mavult quam Syrias Britanniasque

“Settimio – fa persino pena – antepone la sua Acme1

a tutte le Sirie e a tutte le Britannie”

  • Catull. XLV, vv.11-12, trad. Della Corte.

I poetae novi erano nati anche per opporsi all’epica tradizionale latina. Le opere della Roma degli albori, come gli Annales di Ennio, o il Bellum Poenicum di Nevio, erano ormai state lette e rilette. Gli imitatori erano così tanti da perderne il conto. Di uno di loro – un certo Volusio – abbiamo menzione soltanto in due componimenti di Catullo:

Annales Volusi, cacata carta

“Annali di Volusio, carta smerdata”

  • Catull. XXXVI, v.1

At Volusi Annales Paduam morientur ad ipsam

Et laxas scombris saepe dabunt tunicas

“Gli Annali di Volusio morranno senz’essersi mossi dal Po2,

e serviranno spesso a incartare gli sgombri.”

  • Catull. XCV, vv. 7-8, trad. Paduano.

Anche in questi due casi, il nostro amico si mostra assolutamente irriverente, persino nei confronti dei suoi contemporanei. A dir la verità, non sappiamo neanche se questo Volusio sia esistito o meno. Tuttavia, questo non ci impedisce di considerare la sua cacata carta l’antitesi di ciò che Catullo voleva essere. In perfetto accordo con le nozioni della poetica callimachea, i lunghi poemi ciclici del passato dovevano essere soppiantati da componimenti brevi e d’effetto, in cui non potevano mancare eleganza e raffinatezza. Certo, gli ultimi due estratti non sono proprio l’esempio più lampante di queste ultime due caratteristiche. Eppure, Catullo era anche questo. Ma non dobbiamo farci trarre in inganno: spesso, dietro alle peggiori parolacce, si può celare un importante lavoro di cesello! A seguito, troverete una piccola selezione di poesie, scelte appositamente tra le più divertenti. Buona lettura! Mi raccomando, però: costituiscono vere e proprie opere letterarie, e vanno intese come tali.

Versi lascivi, vita onesta

Versi lascivi, vita onesta

Furio e Aurelio: li conoscete? Forse no, però sappiate che sono i nomi di due amici di Catullo. Dopo aver letto il testo che segue, potreste sorprendervi dell’appellativo “amici”; ma non dovete preoccuparvi. Non ci sono indizi concreti che lascino intendere una vera lite con quei due. Non dobbiamo neanche prenderlo troppo sul serio. Forse secondo il modello di un topos letterario, sono stati molti i poeti che hanno risposto ad accuse di effemminatezza e di impudicizia coi loro versi, come Marziale. Quindi, per respingere questi biasimi, il nostro amico non poteva far altro che ribadire la propria virilità, anche a spese dei suoi interlocutori.

“Io ve lo metterò in culo e in bocca,

Furio culattone, Aurelio Finocchio,

che tacciate me di impudico

per via di versi un po’ arditi.

Ma il poeta consacrato dev’essere sì

casto, ma nella persona, non per forza nei versi:

che hanno spirito e grazia

se sono effemminati e lascivi,

se possono ridestare le voglie

non dico dei ragazzi, ma degli uomini

pelosi, che non muovono più le membra torpide.

Per aver letto di milioni di baci3,

pensate che io non sia un vero uomo?

Io ve lo metterò in culo e in bocca.”

  • Trad. Paduano.

XLII – Dolce signora, restituisci i quaderni!

Immaginate: con l’importantissimo fine del corteggiamento, vi siete fatti coraggio e avete inviato a quella cara donzella un paio di poesie, con annesse tutte le promesse. Cosa fareste se questa, dopo avervi rifiutato, non volesse neppure restituirvi ciò che le avevate scritto?

“Venite qui, versi miei, tutti quanti,

da tutte le parti, tutti quanti siete.

Quella brutta puttana mi prende per il suo zimbello

e non mi vuol rendere i miei quaderni:

si può sopportare questo? Diamole addosso

e reclamiamo il dovuto.

Chi è, mi chiedete? Sì, proprio quella

che vedete sculettare e ridere

sguaiatamente con quel muso di cagna.

Circondatela e reclamate:

“Restituisci i quaderni, sporca puttana;

sporca puttana, restituisci i quaderni”.

Non serve? Sei veramente un pezzo di merda, una troia,

o se c’è ancora di peggio.

Non basta neanche questo.

Se non altro, cerchiamo di tirar fuori

qualche rossore da quella faccia di cagna.

Gridate, alzando più ancora la voce:

“Restituisci i quaderni, sporca puttana;

sporca puttana, restituisci i quaderni”.

Niente non si lascia smuovere. Allora

Dovete cambiare metodo e tono,

per vedere se si ottiene qualcosa.

“Dolce signora, restituisci i quaderni”.

  • Trad. Paduano.

Poeti uniti contro i ladri

Vi è mai capitato che qualcuno vi abbia rubato un pacchetto di fazzoletti, una giacca, o un ombrello? Magari al termine di una cena, o durante un ritrovo tra amici. A Catullo è successo. Per caso, dopo che ve ne siete accorti, avete anche buttato giù qualche verso, in cui sbugiardate e insultate il ladruncolo? Catullo lo ha fatto. E quelle righe che avete scritto – sempre ammesso che le abbiate scritte – poi le ha lette qualcuno? Quelle di Catullo sì: le leggiamo pure noi, dopo più di duemila anni.

XII – Asinio Marrucino ruba i fazzoletti

“Asinio Marrucino, tu non fai uso discreto

della mano sinistra: mentre si scherza e beve,

sgraffigni i fazzoletti dei distratti.

Lo credi spiritoso? Ti sbagli, o deficiente.

È la cosa più meschina e disgustosa.

Non mi credi? Credi almeno a tuo fratello Pollione,

disposto a pagare un talento

per ogni tuo furto; […]”.

  • Trad. Paduano.

XXV – Tallio, ridammi mantello e fazzoletti!

“Tallio, culattone più morbido

del pelo di un coniglio, delle interiora di un’oca

del lobo di un orecchio, del cazzo languido

di un vecchio, di una tela di ragno, eppure più

impetuoso di un ciclone quando la luna mostra

i donnaioli distratti, ridammi il mantello che m’hai rubato,

il fazzoletto spagnolo, i tessuti bitinici

che mostri in giro, sciocco, come se fossero roba

di famiglia. Ora mollali e restituiscili,

se no il tuo culetto peloso, le manine morbide

saranno ignominiosamente marchiati dalla frusta,

che ti farà ballare come una nave

sorpresa in alto mare dalla furia del vento”.

  • Trad. Paduano.

XXXIII – Rapinatori delle terme

“Tu, principe dei rapinatori alle terme,

Vibenio padre, con quel culattone del figlio –

il padre ha più sporca la mano

il figlio, più insaziabile il culo –

perché non ve ne andate a quel paese,

in malora, visto che i furti del padre

sono noti per la città e, quanto al figlio,

neppure per due lire riesce ad affittare le chiappe pelose?”

  • Trad. Paduano.

LVI – Un bellissimo scherzo

Quando vi succede una cosa divertentissima, e non vedete l’ora di raccontarla a un vostro amico.

“Ho da raccontarti un bellissimo scherzo, Catone:

merita che tu ci faccia una risata.

Ridi, Catone, se vuoi bene a Catullo:

ti dico, è uno scherzo bellissimo.

Ho visto un ragazzetto che stava trombando

una ragazza e, piacendo a Venere,

mi sono messo in fila col membro rigido e l’ho infilato”.

  • Trad. Paduano.

LVIII – Racconti a un amico cosa fa la tua ex dopo che vi siete lasciati

“Celio, la mia Lesbia,

quella Lesbia che Catullo ha amato

più di se stesso e di tutti i suoi,

adesso nei trivi e negli angiporti

scappella i nipoti del magnanimo Remo4”.

  • Trad. Paduano.

LIX – Gossip

Bononiensis rufa fellat,

uxor Meneni, saepe quam in sepulcretis

vidistis ipso sapere de rogo cenam,

cum devolutum ex igne prosequens panem

ab semiraso tunderetur ustore.

“Rufa bolognese fa i pompini a Rufolo:

la moglie di Menenio, sì, quella che spesso vedete

nei cimiteri rubare la cena dal rogo5,

e mentre cerca un pane scivolato nel fuoco,

la sistema un becchino col capo mezzo rasato”.

  • Trad. Paduano.

XCVII – Gran finale

Non sappiamo bene cosa ci sia dietro a questo carme (a parte un genio di valore inestimabile): forse una rivalità in amore, forse un sincero disgusto.

“Quant’è vero dio, non ho mai pensato

che facesse differenza annusare la bocca o il culo di Emilio.

Non è più pulita la bocca, né più sporco il culo,

anzi, è più pulito e migliore il culo, perché non ha denti.

La bocca invece ha denti enormi, e gengive

che assomigliano ai sedili di un vecchio carro.

La faccia è come la vulva sgangherata di una

mula in calore, quando sta pisciando. Ma ha avuto

moltissime donne e si considera bello.

Mandiamolo al mulino con gli asini:

se qualcuna lo tocca, vuol dire che non avrebbe ritegno

a leccare anche il culo di un boia malato”.

  • Trad. Paduano.

Il viaggio è finito

Con la speranza che abbiate apprezzato, e che questa umile raccolta di meraviglie catulliane non vi abbia dato troppo alla testa, vi ringrazio per essere arrivati fin qua. Come è giusto che sia, la letteratura non è fatta soltanto di paroloni aulici e immagini raffinate: talvolta, è possibile scorgere un capolavoro anche nella descrizione più infima e sporca. Con questo, vi invito a procurarvi una bella edizione del Liber di Catullo e di leggerne una poesia al giorno. Chissà cosa troverete, ogni volta sarà una scoperta: un’elegantissima ode per la bella Lesbia o un’apostrofe al caprone ascellare di Rufo?

Autore: Sara Turbati

Sono una studentessa del primo anno di lettere moderne, grande appassionata di libri, poesie, e arte. “Le Cronache del ghiaccio e del fuoco” e “Notre Dame de Paris” sono due letture che mi hanno cambiato la vita. Da classicista convinta, mi sono ritrovata a sognare le guglie degli edifici gotici, la fede, e il mistero di un’epoca che credevo persa.

Da’ un’occhiata anche al mio articolo su “Il Trono di Spade”: Caffè letterario – Leggere “Il Trono di Spade” nel 2025

  1. Settimio e Acme erano due giovani immaginati da Catullo, il cui amore era puro e sincero. ↩︎
  2. “moriranno senza fama” ↩︎
  3. Si vedano i carmi V e VII, in cui il poeta chiede a Lesbia di dargli un numero altissimo e indefinito di baci. ↩︎
  4. I Romani. ↩︎
  5. Rufa rubava il cibo che veniva offerto agli dei sulle pire. ↩︎

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