Il Giradischi – Mr. Morale and the Big Steppers

Punta di diamante del rap mondiale, Kendrick Lamar, dopo aver dominato il 2024, continua a imporre la sua presenza esibendosi all’Halftime del Super Bowl e vincendo ben 5 Grammy nei primi due mesi del 2025. Al di là del suo ultimo album gnx, dal sound spiccatamente “west coast”, scopriamo insieme Mr. Morale and the Big Steppers, il suo album più toccante e introspettivo.

La magia di Mr. Morale and the Big Steppers risiede proprio nella sua capacità di essere rilevante e costituire un solido punto di riferimento al quale tornare a distanza di tempo, riassumendo il senso del fare musica e, quindi, di fare arte.

Kendrick Lamar durante la sua esibizione durante l’halftime del SuperBowl. Immagine tratta da tgcom24, ©Afp

Cosa rende questo album così speciale?

Passando per una varietà di temi ed esperienze personali, il rapper di Compton ha offerto prospettive inedite in un viaggio attraverso sonorità affascinanti e produzioni curate nel dettaglio. Ma l’aspetto più importante della pubblicazione di Mr. Morale and the big steppers, e quello che più dovremmo apprezzare di Kendrick Lamar, è il suo coraggio: quello di guardare dentro di sé e tirare fuori qualcosa di utile dal dolore. Questo disco, infatti, ci insegna a fare i conti con il nostro vissuto, evidenziando l’importanza di accettare i nostri errori e curare la nostra sofferenza per aiutare noi stessi e gli altri.

Mr. Morale è frutto di anni di introspezione ed un intenso percorso di terapia e trasuda ricerca in ogni pezzo: ricerca di pace, risposte e autenticità. L’album non è perfetto e probabilmente neppure il migliore della discografia del rapper, ma è forse quello che maggiormente si distingue per urgenza espressiva. Seppur coeso musicalmente, ogni pezzo affronta una sfera differente della vita dell’artista, potendo risultare lievemente disomogeneo nelle tematiche e probabilmente “irrisolto”.

Oltre ad Auntie Diaries (sicuramente tra le canzoni più discusse del rapper, sul tema dell’identità di genere e la sua prospettiva a riguardo con il passare del tempo), spiccano per musicalità, stile e contenuti Father Time (che ripercorre il rapporto con il padre a partire dall’infanzia), We Cry Together (uno spaccato intimo su una realtà familiare tossica, con la produzione, tra gli altri, di The Alchemist e la magistrale interpretazione di Taylour Paige), The Heart Part 5 (accorata riflessione sulla “culture” della scena hip hop) e Mother I Sober, il pezzo più lungo del disco. Quest’ultimo, tra cori angelici, crescendo intensi e la partecipazione diretta della moglie, è indubbiamente tra i brani più toccanti dell’intera discografia del rapper.

Notevoli, inoltre, interventi spoken word come quello in Savior (interlude):

“If you derive your sense of identity from being a victim 
Let's say, bad things were done to you when you were a child
And you develop a sense of self that is based on the bad things that happened to you”

che contestualizzano ancora meglio il percorso di analisi del proprio vissuto dal quale nasce l’album.

Si potrebbe scrivere a lungo dei testi regalatici in questo album, ma l’analisi si farebbe troppo fitta e probabilmente inutile: in ultima istanza, infatti, è la sensibilità di ciascuno di noi a risuonare in maniera particolare con certi pezzi piuttosto che altri e certe cose, in fondo, è sicuramente meglio sentirle che leggerle.

La rilevanza di questo disco sulla scena musicale, oltre che nella caratura dell’autore, che dimostra ogni giorno di più il suo spessore, sta nel senso che viene dato al concetto di fama. Ognuno possiede luci e ombre nel proprio vissuto e coloro che troppo spesso vengono celebrati (o si autocelebrano) come idoli per il loro contributo artistico non sono certamente privi di rimorsi: i santi non esistono ed è giusto tenerlo sempre a mente per non incorrere in manifestazioni estreme di quella cancel culture contro cui lo stesso Lamar si è più volte dichiarato.

In una società fatta di rumore e incessante ricerca di visibilità, Mr Morale and the big steppers, pubblicato a cinque anni di distanza dal lavoro precedente, è un disco fondamentale, manifesto della necessità di fermarci e prenderci il tempo necessario per riflettere su noi stessi e gli altri, al fine di elaborare i nostri sentimenti e creare qualcosa che sia il più possibile nostro, lontano da logiche di massa e classifiche, senza paura di perdere pubblico e tempo, e facendo, in ultima istanza, quello che è più giusto per noi stessi.

L’autrice:

Mi chiamo Maria Piera, studio fisica e sono appassionata di musica e letteratura. Scrivo dei brani che più mi stanno a cuore, qui potete trovare il mio articolo precedente!

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