Intanto, le presentazioni…

Giacomo Cei: nasco il quindici marzo dell’anno duemila, nella bizzosa e profumata città portuale di Livorno. Carattere subito vivace, quasi vulcanico, spontaneo e sensibile, comincio a giocare con le parole fin da piccolo, scrivendo piccole poesiole, raccontini, qualche discutibilissima canzone. Poi, inciampato in un liceo scientifico, ingaggio una sanguinosa battaglia con la matematica e la fisica, dalla quale esco ammaccato, ma (grossomodo) vincitore. Attualmente sono studente magistrale di Italianistica, a Pisa; scrivo, mi appassiono di cinema senza capirne molto, ascolto musica convinto di avere ottimi gusti (chi non li ha!), strimpello da anni la stessa chitarra con risultati scadenti, scatto foto analogiche con una Nikon rispolverata in soffitta, e ciò è davvero patetico. Qui, mi cimenterò nella stesura di qualche articolo a tema letterario. Non siate severi. Insomma, un eclettico, un burlone, forse uno sbruffone. A Voi il martelletto… e la sentenza.
Un libro che parla di un ponte? Ecco perché lo leggerai.
“Sembrava che il vecchio ponte bianco, che ormai svolgeva la sua missione da tre secoli senza mostrare tracce o cicatrici, dovesse restare immutabile anche “sotto il nuovo imperatore” e resistere all’inondazione di novità e trasformazioni come già aveva resistito alle grandi piene, emergendo ogni volta, intatto e bianco, dalla furia delle acque torbide, come rigenerato.“
Il ponte sulla Drina di Ivo Andric – esordio del famoso scrittore serbo, pubblicato nel ’45, subito a ridosso della fine della Seconda guerra mondiale – si configura come una sorta di “Cronica”. Infatti, stabilizzata l’inquadratura narrativa sulla piccola e rurale cittadina bosniaca di Visegrad, il racconto ne segue le vicende lungo un ampissimo intervallo temporale: dagli inizi del XVI secolo, fino alle tragiche giornate della Prima guerra mondiale.
Ma come fa, Andric, a non perdersi narrativamente in una tale ampiezza cronologica, in una tale abbondanza di personaggi e cambiamenti? Beh, tutto il racconto ruota e si sviluppa attorno ad una solida àncora, un potente nucleo gravitazionale: il ponte, ovviamente, il Ponte sulla Drina. Durante il XVI secolo, infatti, sulla Drina (il fiume che “taglia” in due Visegrad) vennero erette ben dodici imponenti arcate di pietra bianca. Questa maestosa costruzione, inanimata, eppure tanto dotata di carattere e fascino, fa da perno al vorticare senza sosta degli eventi della cittadina e all’alternarsi di gioie e dolori dei suoi abitanti. Oggi, questo ponte di pietra calcarea, dalla storia lunga e travagliata, è patrimonio dell’UNESCO.

Adesso sapete di cosa parla questa strana opera… ma attenzione! Non immaginatevi un asettico elenco di fatti, tutt’altro! Ivo Andric, infatti, dimostra con la sua penna di essere contemporaneamente uno storico, un favolista, un commediografo, un romanziere, un poeta. Nel suo stile narrativo, egli sa fondere lo scrupolo storicistico con la leggerezza e l’ironia d’una fiaba, oltre a “condire” la narrazione con momenti dal tono epico-mitologico. Andric sa poi dare vita a personaggi ben delineati e singolari, sa tracciare momenti di acuto insight psicologico e pennellate liriche di notevole delicatezza e sensibilità.
I temi
Anche a livello tematico, e non solo stilistico, la lettura de Il ponte sulla Drina regala non poche sorprese: leggendo, potrete immergervi in un sistema culturale ben lontano dal nostro, con miti e usanze particolari, contraddistinto dalle influenze più disparate. Nella Bosnia raccontata da Andric – e nella nostra Visegrad – assistiamo infatti ad un autentico melting pot di etnie, lingue e religioni diverse: turchi, serbi, ebrei, romanì (rom), cristiani, musulmani, europei e persino un laborioso e sparuto nostro compatriota italiano! Vi sarà facile intuire, dunque, quanto unico e ricco si riveli il folklore della piccola cittadina fluviale, quanto diversi possano essere gli impulsi psico-sociali e le abitudini della sciamante società.
Inoltre, in quanto una sorta di “galleria” di personaggi, Il ponte sulla Drina si rivela scrigno di un interessante tesoro psicologico: ogni soggetto narrativo può essere visto come un “tipo psicologico”, non solo piacevole e spesso spassoso alla lettura, ma anche stimolante occasione di introspezione psichica e comportamentale.
Da ultimo (ma non per importanza), il libro di Andric offre in molte sue parti un ottimo esempio di letteratura del subalterno: ovvero, quel bacino di opere letterarie in cui si mettono in luce le azioni/reazioni – sia psicologiche che pratiche – di entità sociali politicamente sottomesse con la forza. La popolazione di Visegrad, di fatti, fu sottomessa prima dall’Impero Ottomano e successivamente da quello Austro-Ungarico. Il racconto, allora, è anche narrazione di come i cittadini rispondano di volta in volta all’autorità imposta: mettendo in atto una ribellione diretta o resistenza passiva, pervenendo ad una maggiore coesione interna, o al contrario frammentandosi in gruppi diversi e adattandosi gradualmente ai cambiamenti.

Aspetti negativi e conclusioni
Ora, prima di concludere questa mia “sviolinata”, devo essere con voi sincero. Infatti, non voglio illudervi, né mentirvi: Il ponte sulla Drina ha anche qualche punto a sfavore. Talvolta, la narrazione non è particolarmente avvincente e, nonostante i toni leggeri e la scrittura piacevole, l’azione non risulta scattante. L’opera è di discreta lunghezza e, strada facendo, si può avvertire un senso di stanchezza. Dunque, se questo articolo vi ha incuriositi, allora armatevi di pazienza e sappiate che quella de Il ponte sulla Drina è una sorta di scalata, un meditabondo cammino verso una meta non sempre chiara.
Ma non temete: ci saranno scorci luminosi, notti stellate, incontri memorabili, profumi incantevoli a ricordarvi lo scopo e la meraviglia del vostro tragitto. E se mai doveste perdervi, confondervi nel marasma di voci e colori di cui Visegrad si anima, beh, allora voltatevi: seguite il respiro trasparente della Drina, alzate lo sguardo… eccolo.
Il ponte sarà lì, candido ed erculeo; la sua terrazza saprà accogliere la vostra mente stanca e sostenere le gambe spossate. Allora, esposti alla fresca e rinvigorente brezza che soffia lassù, stringendo tra le mani una bollente tazza di caffè, si schiariranno i vostri pensieri e vedrete svelarsi – pacifico e saldo come il profilo del ponte – il prosieguo del vostro cammino.