Cinemino? – Il genio di Hayao Miyazaki

Quante volte avete sentito (o detto) “No, io non guardo i film di Miyazaki perché non mi piacciono gli anime”? Da persona innamorata di Miyazaki (ma non necessariamente del mondo anime in cui ho provato ad affacciarmi più volte), vi dico che secondo me è un vero peccato. Ridurre il suo lavoro alla semplice categoria degli anime significa non coglierne a pieno la profondità. Oggi proverò a introdurvi un po’ nel suo mondo attraverso il documentario “Never-ending man: Hayao Miyazaki”, con la speranza di incuriosirvi abbastanza da spingervi a vedere almeno uno dei suoi film.

Prima di tutto una piccola premessa sul personaggio: Hayao Miyazaki è considerato uno dei più influenti animatori della storia del cinema, un maestro la cui bravura è stata riconosciuta anche con l’assegnazione di numerosi premi, tra cui un Oscar per “La città incantata” e il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia. Il suo nome è indissolubilmente legato al lavoro dello Studio Ghibli, da lui fondato nel 1985 insieme al suo mentore Isao Takahata.

Recentemente ho guardato il documentario “Never-ending man: Hayao Miyazaki”, convinta fosse quello uscito nel 2024 che segue l’artista nella creazione del suo ultimo film “Il ragazzo e l’airone”. In realtà, il documentario in questione è quello uscito nel 2016 che racconta uno dei numerosi episodi in cui Miyazaki annuncia il suo ritiro, rimettendosi però immancabilmente a lavorare poco dopo. Infatti, il documentario ritrae perfettamente l’anima di un’artista inquieto, incapace di fermarsi. Nel corso degli anni, Miyazaki ha dichiarato più volte di volersi ritirare a causa dell’età, eppure, ogni volta, torna a creare. Il documentario mostra chiaramente come, più lavora più si sente vivo.

Come accennato, il documentario si apre con la conferenza stampa in cui Miyazaki annuncia di voler lasciare il mondo dell’animazione e di non realizzare più lungometraggi. Poco dopo però, un’agenzia di CGI (Computer-Generated Imagery, ovvero la creazione di immagini digitali attraverso software) lo contatta per una collaborazione. Spinto dalla curiosità, decide di accettare pensando già alla produzione di un cortometraggio con protagonista un piccolo bruco, un progetto che aveva sempre rimandato per la sua complessità tecnica. Il bruco, infatti, ha peletti e zampette sottilissime, elementi che renderebbero difficilissimo animarlo a mano. Il motivo diventa ancora più evidente quando il documentario ci mostra Miyazaki all’opera, intendo a disegnare meticolosamente ogni singolo movimento su fogli trasparenti sovrapposti, che solleva e abbassa rapidamente per studiare l’animazione.

Eppure, nonostante gli sforzi della squadra di CGI, Miyazaki rimane insoddisfatto. Secondo lui, il loro lavoro è superficiale. Nei suoi lungometraggi, infatti, l’artista era molto severo con i disegnatori pretendendo da loro non solo un’eccellente capacità artistica ma anche una profonda analisi psicologica dei personaggi. Per lui, non era solo necessario essere capace di disegnare i personaggi ma bisognava anche essere capaci di pensare come loro: cosa avrebbe fatto quel personaggio? Una persona umana si muoverebbe davvero in quel modo?

Uno dei momenti che più mi ha colpito nel documentario è stato quando Miyazaki corregge a uno dei suoi disegnatori il bozzetto di un uomo che porta un fagotto. Guardandolo con la sua solita espressione corrucciata infatti, nota subito un errore: “Nella realtà, nessuno lo porterebbe così in basso”, dice, spostando il disegno per mostrare una posizione più naturale. Per chiunque sarebbe un dettaglio apparentemente insignificante ma per lui ogni gesto, ogni movimento deve essere un ritratto del mondo reale. Non basta disegnare bene: bisogna comprendere il peso delle cose, il modo in cui un corpo si adatta a ciò che trasporta, come le persone si muovono davvero. Questo episodio racchiude perfettamente la sua filosofia artistica: l’animazione non è solo fantasia, è uno studio meticoloso della vita stessa.

Insomma, questo ci fa capire come Miyazaki non è solo un creatore di mondi fantastici, ma un maestro della realtà, capace di dare vita a emozioni e movimenti che toccano il cuore di chiunque, indipendentemente dall’età o dai pregiudizi sul genere animato.

L’autrice

Giordana Mazzone

Vengo da Catania ma mi sono da poco trasferita a Pisa per la magistrale di Informatica Umanistica. Durante la triennale a Bologna mi sono innamorata dei pic-nic sui prati, del cinema, della letteratura e della musica techno. Paradossalmente non sono di molte parole ma cerco sempre di vivere i posti in cui vado al massimo e sono diventata davvero brava ad andare alla ricerca di eventi. Leggete qui il mio ultimo articolo!

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