L’amore è un sentimento universale, che accomuna tutti gli esseri umani fin dalla nascita dell’umanità; leggendo le poesie di Dante o struggendoci per Penelope che attende Ulisse a casa, potremo giurare che il modo in cui proviamo amore sia identico per tutti.
Credo che la letteratura sia uno strumento utilissimo ai fini di interpretazione della realtà: non ci offre soluzioni, non pretende di avere tutte le risposte, ma ci spinge a riflettere e ad interrogarci.
Partendo da questo presupposto, oggi vorrei iniziare questo articolo da una domanda: e se il concetto di amore non fosse identico per tutti? E se ci fossero delle differenze tra uomini e donne nel modo in cui l’amore viene raccontato? L’amore è anche una questione di genere?
Per farlo, mi aiuterò con il pensiero di due autrici femministe così lontane nel tempo, eppure tanto simili: bell hooks e Sibilla Aleramo.
bell hooks e “Tutto sull’amore”

Vi starete chiedendo come mai il nome dell’autrice sia scritto in minuscolo: si tratta di una scelta curiosa compiuta per distinguersi dalla bisnonna, sua omonima, con l’obiettivo di mettere l’accento sulla sostanza dei libri, non sul personaggio.
Scrittrice femminista statunitense, nel suo libro “Tutto sull’amore, nuove visioni” ha sottolineato quanto sia importante dare una definizione del concetto d’amore, per evitare di cadere in cognizioni sbagliate che possano portarci ad accettare comportamenti disfunzionali e tossici da partner, famiglia e amici.
Amore è la volontà di estendere sé stessi con il proposito di prendersi cura della propria crescita spirituale, o della crescita spirituale di qualcun altro. L’amore è ciò che l’amore fa. L’amore è un atto di volontà, sia un’intenzione sia un’azione, che comprende anche una scelta. Noi non dobbiamo amare, scegliamo di amare.
L’autrice ci racconta una cosa molto importante: il modo in cui uomini e donne scrivono d’amore è differente.
Gli scrittori parlano d’amore come di qualcosa che sicuramente, nel corso della vita, hanno provato almeno una volta: il vissuto amoroso può essere raccontato come rimpianto o desiderio, ma a partire sempre dal privilegio di averne fatto esperienza.
Le scrittrici, invece, raccontano spesso della mancanza d’amore: è un concetto ben diverso, che ha a che vedere con l’incomprensibilità e la solitudine di non poter essere viste per ciò che si è. Costruite dallo sguardo maschile, infatti, le donne non hanno possibilità di essere accettate nella loro totalità.
Nell’ottica delle parole di citate prima, però, se l’amore come verbo significa ” estendere sé stessi per permettere la crescita spirituale dell’altro”, allora è importante abbracciare totalmente l’altro nella sua individualità, sviscerandosi dagli stereotipi di genere, per poter amare bene e funzionalmente.
L’autrice ci parla poi di come moltissimi libri di “auto aiuto” per le questioni amorose si rifiutino di dare all’amore una definizione efficace , o ancora peggio, insistano sul fatto che dovrebbe significare qualcosa di diverso per ogni sesso, dato che uomo e donna “non condividono lo stesso linguaggio”.
Questo genere letterario, a sua detta, è molto popolare tra le donne, perché costituisce una sorta di attenuante al dolore dell’incomprensibilità.
“Dato che molte donne sono convinte che non conosceranno mai un amore appagante, sono disposte ad accettare strategie che possano aiutare a diminuire il dolore e aumentare il senso di pace , il piacere e la giocosità nelle loro relazioni, soprattutto quelle romantiche”.
Sibilla Aleramo e “Una Donna”

Facciamo un salto indietro nel tempo, a circa novant’anni prima della pubblicazione di “Tutto sull’amore”: in “Una Donna”, uno dei primi romanzi femministi comparsi in Italia, Sibilla Aleramo si pone le nostre stesse domande. Il suo vero vero nome era Rina Faccio: nata ad Alessandria nel 1875, è stata una scrittrice, giornalista e poetessa italiana.
La trama:
Lina, alle soglie dell’adolescenza ma ancora bambina, vede la sua vita cambiare: la sua famiglia si sposta infatti nelle Marche per seguire il padre, divenuto direttore di fabbrica in un paesino della regione.
Con il padre ha un rapporto di totale devozione ed ammirazione; anzi, si può dire che la figura paterna abbia in qualche modo una funzione emancipatrice nei suoi confronti, perché le permette di lavorare come segretaria in fabbrica. Nonostante ciò, rappresenta pienamente il modello patriarcale; mentre la madre, agli occhi di Lina, compare come una figura debole, incapace di reagire e di esistere indipendentemente.
Dopo aver scoperto la relazione extraconiugale del padre, però, cade la figura di riferimento che era stato per lei; la ragazza si trova dunque in totale stato di smarrimento e confusione.
Nel frattempo in fabbrica diviene oggetto delle attenzioni di un uomo di 25 anni (lei ne ha 16 al momento dei fatti), dal quale subisce una violenza sessuale. Lina sceglie di sposarlo, andando contro alla volontà del padre, nel tentativo di affermare con questa decisione almeno un briciolo della sua libertà.
Intrappolata in una relazione abusante e dolorosa, dalla quale nasce un figlio, la giovane donna scrive e afferma così la propria identità: si forma e si crea una coscienza femminista, attraversa e analizza le contraddizioni di una società dominata dalla solita logica patriarcale. Inizia così una collaborazione giornalistica con una rivista femminile dove trova lo spazio per esistere al di fuori della vita familiare. Dopo un doloroso percorso interiore, decide infine di lasciare il tetto familiare e il figlio, al quale è dedicato il libro, nella speranza che possa un giorno comprendere le motivazioni del suo necessario allontanamento.
Considerazioni sul romanzo
Il romanzo dell’autrice racconta proprio della mancanza d’amore di cui abbiamo parlato con bell hooks.
Lina, infatti, soffre terribilmente della sua solitudine ed è costretta a convivere con la consapevolezza di non essere amata, con il peso della violenza subita e della gelosia del marito. “Una donna” è una storia di coraggio e dolore; non c’è lieto fine perché per poter trovare la propria libertà è costretta a lasciare indietro ciò che ha amato di più al mondo, suo figlio. Un libro di una potenza straordinaria, che finalmente descrive il dolore della condizione femminile senza che sia un uomo a raccontarlo.
Il “problema sociale dell’amore”

Ecco che anche Aleramo si chiede cosa ci sia di diverso nella narrazione amorosa tra i generi: si pronuncia in una riflessione che, oltre a ricordare il pensiero di bell hooks, ci offre altri spunti molto interessanti.
“Mi pareva strano, inconcepibile che le persone colte dessero così poca importanza al problema sociale dell’amore.
Non già che gli uomini non fossero preoccupati della donna; al contrario, questa pareva la preoccupazione principale o quasi. [….] Nessuno però aveva saputo creare una grande figura di donna.”.
Il problema è sempre lo stesso: la donna scritta dagli occhi di un uomo non è autentica; è una proiezione dei suoi desideri, del suo bisogno di possesso e di controllo.
“Dicevo che quasi tutti i poeti nostri hanno finora cantato una donna ideale, che Beatrice è un simbolo e Laura un geroglifico, e che se qualche donna ottenne il canto dei poeti nostri è quella ch’essi non potettero avere: quella ch’ebbero e che diede loro dei figli non fu neanche da essi nominata. Perché continuare ora a contemplar in versi una donna metafisica e praticare in prosa con una fantesca anche se avuta in matrimonio legittimo? Perché questa innaturale scissione dell’amore?”
La donna, secondo questa visione può essere solamente due cose: o madre, donna angelo santa ed intoccabile, capace di ispirare i migliori versi dei poeti, o forte strumento di seduzione.
Le due interpretazioni non possono convivere; infatti, in letteratura compare spessissimo una dicotomia tra questi due concetti. Quando la donna compare come sessualmente connotata, perde completamente tutta la sua aura di intoccabilità e santo desiderio: allora viene raccontata come predatrice, disonesta, e non c’è più niente da cantare.
Nel frattempo, le donne soffrono di un dolore arcaico, radicato nel corso dei secoli, che è dovuto all’incomprensibilità, al senso di solitudine di una profondità che non trova gli spazi per esistere e vivere, che grida chiedendo di essere ascoltata esattamente per com’è.
La voce di tutte le nostre sorelle è rimasta inascoltata nei secoli, emarginata a due piccole pagine di rappresentanza su qualche libro del liceo: quante autrici donne avete letto sui vostri libri di scuola? Avete mai conosciuto, in poesia o in letteratura, altra definizione dell’amore che non fosse quella descritta dagli occhi di un uomo?
È come se tutte le donne condividessero una rabbia inesprimibile a parole, una fame di tutti gli spazi che ci sono stati tolti nel corso dei secoli, di tutte le voci che sono state silenziate per favorirne una maschile.
Per gli uomini non esiste nessuna conquista degli spazi: che siano culturali, sociali, letterali o politici, appartengono loro da sempre.
Per le donne nessuno spazio è scontato.
Ogni spazio è ancora conquista.

L’autrice
Ciao a tutt3! Sono Emma, studio Lettere Moderne e amo spulciare tra libri e parole per scoprire sempre qualcosa di nuovo. Leggo di tutto, soprattutto in compagnia dei miei gatti, e quando possibile scrivo o gironzolo in libreria 🙂