“E i bei ricordi aiutano a vivere”
Eleanor Roosevelt rivolta a Enzo Biagi
Enzo Biagi (1920-2007), uno dei maggiori giornalisti italiani del XIX secolo, ha deciso di mettere nero su bianco le storie delle donne, che ha intervistato nel corso della sua lunga carriera. Questo percorso ha portato alla pubblicazione dell’opera “Senza dire arrivederci”, che è classificata come autobiografia, ma, in realtà, è molto di più. Si presenta, infatti, come un complesso flusso di memorie, anche abbastanza disordinato, nel quale Biagi racconta alcuni dei suoi incontri con molte delle protagoniste della storia italiana, come la deputata Nilde Iotti, la signora Marguerite Oswald, l’attrice Gina Lollobrigida o la reverenda Elisabeth Diurle.
Le donne raccontate coi ricordi
Biagi si affida al proprio flusso di ricordi per raccontare delle donne che ha incontrato; una volta finito si sposta su un’altra senza un nesso logico. Ogni paragrafo è dedicato a un incontro, qualcuno è lungo una decine di righe, altre parecchie facciate. Biagi non racconta direttamente l’intervista o l’incontro con le sue protagoniste, ma si concentra maggiormente sull’impressione che queste gli suscitano, supportata da pensieri profondi. La lettura dei paragrafi, a mio avviso, può risultare difficile non in quanto alla forma quanto alla struttura: l’autore, spesso, si dimentica di presentare o nominare la donna di cui sta parlando. Nonostante ciò, il testo non si presenta come una raccolta di pensieri trasposti e la lettura scorre tranquillamente. Gli uomini sono in secondo piano: a volte Biagi narra di alcune interviste con personaggi maschili ma l’argomento della discussione sono le donne. L’esempio migliore è il dialogo a tre tra Biagi, Fellini e Mastroianni in cui i quest’ultimi due raccontano delle loro storie sentimentali passate.

I personaggi della Storia
Con un solo paragrafo, Biagi è capace di offrire al lettore una descrizione concisa e completa di grandi e piccole donne del Dopoguerra, da cui è possibile ricavare un quadro preciso dell’Italia post bellica. Per fare ciò, egli cita interviste o traspone parte della biografia di numerose donne che hanno avuto non solo un ruolo attivo nello scenario politico di quegli anni, come Giulia Borelli (guida di Lotta Continua), Nilde Iotti o Camilla Ravera; ma anche semplici spettatrici come Bianca Galli, moglie del magistrato Guido Galli (ucciso da membri di Lotta Continua). L’esempio migliore è il paragrafo dedicato a Maria José ,l’ultima regina d’Italia: viene riportata una parte dell’ intervista, la quale offre un punto di vista sul rapporto Savoia-Partigiani, sconosciuto ai testi scolastici e assai interessante.

Un espediente narrativo degno di nota usato dall’autore è quello di affidare il racconto di un personaggio alla voce narrante di una persona a lei cara, come nel caso di Maria Callas, la cui figura è stata descritta dal marito Battista Meneghini. In questo libro, trovano voce tutte quelle donne che, a suo avviso meritano una citazione, anche quando invisibili ai media come Antonia Piga ,tossicodipendente che a causa di una siringa infetta partorì il figlio già affetto dall’AIDS, la cui storia è introvabile sulla rete.
Il ruolo dei ricordi
Grazie alle sue interviste, riesce a cancellare l’etichetta di brava moglie o icona della bellezza attribuita dai media alle intervistate. Ciascuna donna ha vissuto esperienze che, per scelta o per caso, s’intrecciano con la Storia moderna. I ricordi sono il cuore del libro, che infatti si presenta come un flusso di ricordi, che a loro volta ne contengono gli altri: nel raccontare le varie interviste, Biagi si concentra solamente sui ricordi delle sue interlocutrici . Sono proprio i ricordi l’unica risorsa a disposizione del lettore per comprendere tutte le persone che appaiono nel libro, autore compreso. Non a caso il libro inizia e finisce parlando di ricordi, che sono la risorsa più importante di ciascuno di noi, in quanto rappresentano il punto di riferimento della nostra personalità e il tesoro ottenuto dalle esperienze più belle. Per questo Biagi sente la necessità di concludere parlando della necessità di una piccola lampada:
“Magari per illuminare anche i ricordi: che non coincidono quasi mai con le speranze ma che, in fondo, sono quelli che ci meritiamo, una luce per non aver paura di essere ciechi.”
Mi presento: sono Michele, arrivato da Torino per studiare matematica, e sono un cuoco gattaro. Non ho un mio genere letterario preferito: in biblioteca girovago tra gli scaffali e quando un libro si fa notare diventa la mia preda, ma non prima di aver consultato l’area dei Topolino.