Souperstition – Kraftwerk: immaginare futuri possibili

Da un saggio di Francesco Spampinato: “Trans-Europa-Express (Kraftwerk, 1977): elettronica propulsiva, visioni intermediali e profezie disattese”, in Maria Teresa Soldani (a cura di) “Itinerari della canzone tra i media”; p. 63-82; NeoClassica; 2023

Kraftwerk in concerto al The Fox Theater, Oakland, California nel 2014 (foto di Ian Abbot)
Kraftwerk in concerto al The Fox Theater di Oakland, California nel 2014 (foto di Ian Abbot)

Veri e propri pionieri nell’utilizzo di sintetizzatori, drum machine e sequencer, i Kraftwerk sono stati capaci di creare suoni in grado di cambiare per sempre la storia della musica, influenzando molti e spingendo altri verso nuove sonorità.

Il gruppo si formò a Düsseldorf, Germania, nel 1970 per volontà di Ralf Hütter e Florian Scheider, che già sperimentavano nuove forme sonore da atmosfere ambient al conservatorio della città, dove si sono conosciuti. Fecero inizialmente parte della scena Krautrock, insieme a gruppi che si mettevano alla prova con nuove sonorità a partire dal progressive o dall’elettronica, per arrivare a sound cosmici, proto-new wave o new age.

First Techno (Kraftwerk 1970)

Qua li vediamo in concerto nel 1970 (Kraftwerk Rockpalast 1970 From the Rockpalast Archive by “Henry Owings”)

L’esordio arriva con Autobahn (1974), seguito da altri quattro concept album: Radio-Aktivität (1975), Trans Europa Express (1977), Die Mensch-Maschine (1978) e infine Computerwelt (1981). Il nucleo tematico centrale che, come un filo, li collega è il ragionamento sulle implicazioni della crescente pervasività della tecnologia nella Information Age: la musica elettronica diventa “medium e messaggio, finalizzato all’esplorazione […] degli effetti collaterali della massificazione della tecnologia”. Come affermato anche da Spampinato, i Kraftwerk si pongono in una posizione intermedia tra la fiducia nei confronti di una tecnologia sempre più umanizzata e il determinismo tecnologico di Mcluhan, secondo cui sarebbe la tecnologia a guidare lo sviluppo sociale e culturale di una società. Potremmo definirli anticipatori di ciò che stiamo vivendo oggi?

Autostrade, torri ripetitrici e treni ad alta velocità: Il Retrofuturismo

Letteralmente, “retrofuturismo” significa immaginare e rappresentare un futuro “passato” in cui speranze utopistiche si uniscono alla nostalgia di un passato idealizzato, portando alla luce le false promesse di un futuro migliore. Suggerendo un’idea positiva (utopistica) del progresso tecnologico, l’estetica retrofuturista offre un’alternativa via di fuga da un presente disagiante, che non promette niente.

Per i Kraftwerk l’estetica retrofuturista si trasforma nell’occasione per riflettere sul loro passato nazionale, provando, invece che a guardarlo con nostalgia, a lasciarlo alle spalle: per creare una nuova identità nazionale dopo le atrocità commesse dai nazisti, Hütter e Schneider credono in una musica diversa e originale che possa distinguersi da quella dominante anglo-americana, influenza pervasiva (non solo musicale) nella Germania post-bellica.

poster ispirato alla copertina dell'album Autobahn del remaster del 2009

Questo è quello che si produce in Autobahn (1974), in Radio Aktivität (1975) e soprattutto in Trans Europa Express (1977). Nei primi tre album il gruppo racconta una società che è moderna proprio grazie alla tecnologia, a delle macchine che, con lo sguardo di oggi, potremmo definire “analogiche”: la macchina, la radio e il treno; dispositivi che a contrasto con l’avanguardismo della musica dei rispettivi album creano quella tensione tipica dell’estetica retrofuturista. Sono soprattutto la radio e il treno che si collegano al passato tedesco: la radio della copertina originale di Radio Aktivität sarebbe molto simile infatti ad un modello di Volksempfänger usato per far ascoltare la propaganda nazista in tutte le case del Reich, mentre il treno raffigurato sulla copertina del singolo di Trans Europa Express, ovvero il treno che per 40 anni ha collegato l’Europa, compare uno Schienenzeppelin, prototipo di treno ad alta velocità progettato nel 1930 ma mai prodotto, sul cui progetto Adolf Hitler avviò una sperimentazione ulteriore.

Spampinato si sofferma sulla difficoltà di separare la “tecno-utopia” di inizio ‘900 e i regimi totalitari, che la sfruttavano per propagandare i loro successi in ambito tecnico-industriale; il rischio di essere associati a movimenti neonazisti era molto alto per i Kraftwerk, che però sfruttarono gli stereotipi con cui venivano percepiti al di fuori del contesto tedesco, esagerandoli al massimo: “se il mondo anglosassone immaginava la Germania come un insieme di motori performanti e un passato nazista, allora era quello che avrebbero abbracciato, avrebbero giocato con gli stereotipi” (Heiser, 2019). Ed è a partire da questo principio che i membri del gruppo costruirono su di sé l’immaginario degli uomini manichino e la loro estetica ostentatamente rigorosa e impostata, utilizzata per la prima volta nella copertina dell’album Trans Europa Express. Tecnologia e Umano si fondono sempre di più: invenzione e inventore diventano sempre di più un tutt’uno.

Ancora una volta, l’estetica retrofuturista viene alimentata dal contrasto tra l’immaginario passatista della rigidità che il gruppo sceglieva di adottare e la spinta propulsiva verso l’innovazione musicale che stavano portando avanti, che favorì, grazie alla sua influenza, la nascita di nuovi orizzonti sonori.

Oltre i confini europei: La Techno a Detroit

Mentre la rivoluzione punk stava esplodendo in Europa aggredendone il perbenismo sotto il grido “No Future!”, Trans Europa Express andava in un’altra direzione: prima di tutto, i ritratti della copertina trasmettevano un’immagine abbastanza conformista del gruppo (più facile pensarli come ingegneri che innovatori) e poi, i Kraftwerk vedevano al progresso con occhi diversi, non distruttivi (Trans Europa Express è l’album più retrofuturista tra tutti gli altri). L’innovazione percorse una strada diversa: dal techno pop dei Kraftwerk all’elettronica dance e all’hip hop della comunità afroamericana negli USA.

Spampinato ricorda nel suo saggio che uno dei primi brani hip hop, Planet Rock (1982) di Afrika Bambaata, fu prodotto partendo dal beat di Trans Europa Express: fu un vero e proprio punto di partenza per la controcultura hip hop che stava nascendo in quegli anni, a New York e altrove. Trans Europa Express permise a chi ne faceva parte di immaginare nuovi modi con cui creare e far sentire la voce della comunità afroamericana attraverso modi nuovi di fare arte: musica, graffiti, breakdance.

Afrika Bambaata

Sulla stessa scia si stava sviluppando anche la techno a Detroit, grazie ad un preciso contesto socioeconomico. Conosciuta per essere stata patria del fordismo, dell’industria automobilistica degli Usa e di tradizioni musicali, Detroit è stata meta delle migrazioni della comunità afroamericana che abbandonò il Sud in cerca di lavoro. Purtroppo, negli anni ’70 l’industria cittadina entrò in forte crisi, lasciando migliaia di persone disoccupate. Se le fabbriche si svuotarono, nei quartieri popolari si diffusero povertà, criminalità e insoddisfazione. Queste particolari condizioni sociali fecero sì che i beat dei Kraftwerk fossero riletti in chiave emancipatoria da un sistema industriale disumanizzante e schiavista (invece che dalle ideologie totalitarie): Germania post-bellica e comunità afroamericana che cercano di ricostruirsi dalle loro rovine (Glass, 1991). Il ritmo techno, elettrico e sincopato, da ballare come degli automi, unì il funk di Detroit all’elettronica dei Kraftwerk, che ammiravano la capacità estensiva della techno, un flusso continuo alimentato da scariche elettriche.

Kevin Saunderson, Derrick May e Juan Atkins: i padri della Detroit Techno

Spampinato spiega, tramite il pensiero di Kodwo Eshun (teorico dell’Afrofuturismo) come ad accumunare Kraftwerk e nascita di queste due nuove correnti musicali sia stata una comune concezione postumanista: la macchinizzazione come una tattica da perseguire per emanciparsi, e non come una condizione da subire.

A sinistra: Kevin Saunderson, Derrick May e Juan Atkins: i padri della Detroit Techno

Uomo e tecnologia: Die Mensch-Maschine

La visione postumanista del gruppo si compirà con l’album Die Mensch-Maschine (1978). I Kraftwerk non erano più semplicemente un gruppo musicale, ma un concetto artistico che ebbe compimento nella figura del robot.

immagine del gruppo

Come affermato dallo stesso Hütter il gruppo divenne il mezzo artistico-musicale con cui veicolare il concetto dell’Uomo-Macchina (Die Mensch-Maschine, appunto), un’entità ibrida che può farci paura, ma darci anche speranza nei confronti della tecnologia. Egli stesso afferma: “Le macchine sono parte di noi, e noi siamo parte delle macchine […]. Giocano con noi e noi giochiamo con loro. Siamo fratelli, non sono nostre schiave. Lavoriamo insieme, aiutandoci l’un l’altro nel creare”.

Sembrano quasi parole profetiche, se pensiamo al rapporto di codipendenza che abbiamo con la tecnologia oggi. Certo, non siamo ancora dei cyborg, degli ibridi cyberpunk, ma siamo arrivati ad un punto in cui non possiamo fare a meno della tecnologia, sempre più indipendente e sfuggente rispetto alle nostre capacità.

copertina originale dell'album Computerwelt

I Kraftwerk continuarono ad immaginare il nostro futuro con l’album Computerwelt (1981), predicendo come le nostre vite sarebbero state rivoluzionate dalla tecnologia digitale e come questa avrebbe influenzato in modo totalitario la società (Schütte, 2017).

I Kraftwerk produrranno altri 4 album: Techno Pop o Electric Café (1981), The Mix (1991), Tour de France Soundtracks (2003) e Der Katalog (2009), grazie ai quali la band concetto degli uomini-manichino entrerà a far parte della cultura artistica dell’Occidente. Oggi l’unico rimasto dei componenti originali del gruppo è Hütter, che continua a fare concerti (o dovremmo dire performance) in giro per il mondo. I Kraftwerk sono stati e saranno in grado di farci immaginare mondi possibili e di farci riflettere sul ruolo della tecnologia, ruolo che nonostante tutto non si darà da sola. E quindi, che futuro vogliamo immaginarci?

i Kraftwerk in concerto con alle spalle la grafica da uomini manichino
i Kraftwerk in concerto con alle spalle la grafica da uomini manichino

fonti

  • Francesco Spampinato; “Trans-Europa-Express (Kraftwerk, 1977): elettronica propulsiva, visioni intermediali e profezie disattese”, in Maria Teresa Soldani (a cura di) “Itinerari della canzone tra i media”; p. 63-82; NeoClassica; 2023
  • Schütte, Uwe; “Kraftwerk – Industrielle Volksmusik between Retro-Futurism and Ambivalence”; in German Pop Music: A Companion; pp. 85-110; edito da Uwe Schütte, Berlin, Boston: De Gruyter, 2017

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