Ciao a tutt*!
Finita la settimana sanremese, è tempo di fare un resoconto su questa 74° edizione, la quinta e per il momento l’ultima diretta da Amadeus.
La cinquina vincente di Amadeus

Al direttore artistico delle ultime cinque edizioni va riconosciuto il merito di aver valorizzato proprio l’aspetto musicale, rinnovandolo e rimettendolo al centro, dopo anni in cui si guardava più alla presenza degli ospiti che ai partecipanti e alle loro produzioni, forse perché non sempre rispondenti alle preferenze del pubblico reale.
Sanremo è prima di tutto una gara canora ma anche una finestra per far conoscere al grande pubblico artisti e generi musicali, “outsider” per la tradizione della musica leggera italiana e invece molto ascoltati tra i giovani. Questo è sicuramente l’aspetto su cui si è puntato di più negli ultimi cinque anni e che pare essere stata la carta vincente di Amadeus e del suo staff.
Si scoprono, riscoprono e apprezzano nuovi e vecchi artisti e per cinque serate avviene uno scambio generazionale che altrimenti potrebbe non verificarsi. Una nonna (tratto da una storia vera) può diventare fan di Mahmood e una ragazza di vent’anni riconoscere e apprezzare il talento di Fiorella Mannoia.
In fin dei conti la protagonista del Festival è la musica, in tutte le sue sfaccettature, come forma d’arte, come veicolo di messaggi, come competizione e come celebrazione nazionalpopolare e di cose da dire ce ne sarebbero molte. Basta soffermarci sul fatto che nell’ultima settimana la playlist dedicata alle canzoni di Sanremo su Spotify è stata la più ascoltata al mondo. Si, tutti noi abbiamo almeno una volta cliccato play su quell’icona scintillante, è inutile nasconderlo! Se così stanno le cose Metti un po’ di musica non può non cogliere l’occasione per chiacchierare dell’appuntamento più celebrato e seguito dell’anno perché… Sanremo è Sanremo!
Angelina Mango, prima classificata

Angelina Mango, cantautrice di ventidue anni, per la prima volta sul palco del teatro Ariston, ha vinto il Festival 2024 con la canzone La noia.
Il brano è stato scritto dalla sua stessa interprete e da Madame, mentre la composizione porta la firma di Dardust, che più volte ha partecipato alla realizzazione di brani per il festival, l’anno scorso, collaborando con il rapper Lazza in Cenere.
La noia è un brano molto interessante dal punto di vista sonoro, innanzitutto perché fonde la cumbia, un genere popolare colombiano e l’electro-pop che ricorda, a tratti, alcuni brani di Stromae, in particolare il ritornello, al primo ascolto mi ha fatto risuonare in mente le note di Tous les memes.
Tous les memes è un pezzo di dieci anni fa, niente di nuovo potremmo pensare, ma in Italia, su palchi così generalisti, le sperimentazioni arrivano sempre con un po’ di ritardo; dunque, è stata una vera e propria ventata di aria fresca portare un pezzo con questa carica e queste ispirazioni fuse da vari continenti e tradizioni.
Il testo ha anche un suo contenuto non banale, per quanto racchiuso nel contesto di una hit. È quello che Madame, ad esempio, ha fatto l’anno scorso portando Il bene nel male ed è quello che forse oggi rappresenta l’obiettivo dell’artista-cantautore: storytelling e ritmo, non è stampato nella pietra che si debba comunicare qualcosa rinunciando alle sonorità dance o elettroniche come se questi generi fosse relegati unicamente all’ascolto passivo in discoteca. Del resto, proprio Stromae ha dimostrato di saper mescolare parole e basi musicali trascinanti, quasi ipnotiche, nell’album Racine Carrée, vi confesso; uno dei miei progetti preferiti degli anni 2010.
Tornando ad Angelina e alla sua La noia, in un verso canta “Non ci resta che ridere in queste notti bruciate, una corona di spine sarà il dress-code per la mia festa”. Traspare un messaggio di positività e leggerezza con un pizzico di autoironia, che è poi la filosofia di fondo del testo, confermato in varie interviste dalla stessa autrice: la noia non è tempo perso ma tempo da dedicare a noi stessi e nei momenti difficili bisogna alzare la testa e ballare. Sembra qualcosa di scontato e forse superficiale ma per noi ragazzi di vent’anni che ci troviamo davanti un futuro precario non è facile pensare di prendere il tempo per quello che è, senza drammatizzare. Se una canzone pop lo ripete più volte all’interno di un ritornello incalzante, ben venga.
Canzoni, canzoni, canzoni
Sugli altri due gradini del podio si posizionano Geolier con I’pe me tu p’te e Annalisa con Sinceramente. Il primo è pezzo rap melodico in dialetto napoletano. L’autore ha espresso chiaramente la volontà di voler cantare in napoletano per dare voce alla cultura popolare napoletana e alle sue nuove espressioni urban. L’altro un futuro tormentone super pop sulla scia degli ultimi successi della cantante ligure (e per la sottoscritta non si tratta di un demerito, anzi! Apprezziamo molto le grandi pop star internazionali mentre in Italia siamo ancora scettici se una cantante abbandona il genere ballad per la cassa dritta) in cui spiccano le capacità vocali dell’interprete che del resto, ha da tempo dimostrato il proprio talento.
Tra gli altri partecipanti, non sono mancati brani in cui ritmi movimentati si incontrano con un certo tipo di songwriting che vuole parlare direttamente al pubblico, proprio il pubblico di Sanremo che non è solo quello della platea ma soprattutto gli spettatori a casa. Si sa che lo show, per definizione, è un amplificatore di quello che si vuole dire e poi quando il contenitore ha l’aspetto di una hit-song destinata a essere ascoltata e condivisa molte volte le parole diventano più potenti. I due esempi più evidenti sono Dargen D’Amico e Ghali. D’Amico con Onda Alta, pezzo dance pop, ha parlato di conflitti e immigrazione in contrapposizione ad una società occidentale sempre più avvolta su sé stessa e sulle apparenze. Ghali in Casa mia, scritta sottoforma di dialogo con un alieno lancia messaggi contro la guerra e contro le discriminazioni tra esseri umani, perché alla fine “Casa mia, casa tua, che differenza c’è? Non c’è”, il tutto condito con un sound electro-funk.
La serata dei duetti: tra emozione, ricordi e sperimentazioni
Non sono mancate le occasioni, comunque, per commuoversi ed emozionarsi. Soprattutto nella serata dei duetti, dove gli artisti si sono confrontati con capolavori della musica italiana e internazionale.
In molti si sono fatti accompagnare da musicisti e coristi, chi ha scelto un quartetto d’archi, chi un coro tradizionale sardo. I più giovani in gara, invece, hanno chiamato come compagni di avventura cantautori o interpreti che hanno fatto la storia, e si sa che questa può essere un’arma a doppio taglio perché non sempre si riesce a reggere il confronto. In ogni caso è sempre un’occasione di scambio reciproca: i giovani riconoscono il contributo che i grandi artisti hanno dato nel corso della loro carriera. A ciò, a volte, si unisce il ricordo personale, di essere cresciuti con i dischi dei loro genitori. I grandi dimostrano fiducia nelle nuove generazioni, le quali, devono avere la possibilità di portare le loro esperienze e sperimentazioni nel panorama musicale contemporaneo.
Dato che in questa rubrica parlo di novità musicali, mi sono anche interrogata sul fatto che un pezzo scritto dieci, venti o quarant’anni fa potesse in qualche modo risultare nuovo se cantato, arrangiato o semplicemente interpretato in una nuova veste o con una nuova voce. Forse non esiste una risposta univoca, dipende dal singolo tentativo; vorrei citarne due, secondo me, riusciti
Sarebbe interessante se fosse rilasciata ufficialmente una versione del duetto tra Roberto Vecchioni e Alfa in Sogna ragazzo sogna, con la strofa rap finale del giovane cantautore genovese. La performance è stata una delle più belle della serata non solo per il carico emotivo, visibile anche sui volti dei due cantanti. Esperienze così lontane anagraficamente e musicalmente si sono mescolate in modo armonico ed è stato come se la canzone si personificasse in quegli istanti, un professore e uno studente, un cantautore di lunga esperienza e un esordiente.
Altrettanto si può dire per l’Italiano di Toto Cutugno nella rilettura data da Ghali (in duetto con il musicista e producer tunisino Ratchopper). Il testo della canzone del 1983 assume tutto un altro valore, poiché cantato in medley con altri due pezzi del rapper, Bayna che contiene dei versi in arabo e Cara Italia. La scelta di coniugare questi tre brani aveva una duplice funzione, portare un po’ della storia personale dell’artista ma anche dare rappresentazione ad una fascia di popolazione italiana marginalizzata, quella di seconda generazione. Come nel caso precedente, non sappiamo se verrà registrata una versione della cover presentata all’Ariston, sarebbe bello e importante però, avere un pezzo così nell’archivio musicale del nostro Paese.
Tiriamo le fila e chiudiamo il sipario
Come tutte le edizioni, Sanremo, ci ha lasciato un bagaglio di trenta canzoni inedite che ora possiamo riascoltare: alcune ci avranno sicuramente già conquistato e le stiamo mettendo in loop da giorni, altre forse finiranno in qualche cassetto della memoria, perché così accade ogni anno.
Devo essere sincera quest’anno i brani erano davvero molti e ho fatto fatica a immaginare una classifica ideale anche perché le produzioni valide non mancavano. Mi sono piaciuti molto gli artisti provenienti da Sanremo Giovani: Clara con Diamanti Grezzi, I Santi Francesi con L’amore in bocca e i Bnkr44 con Governo Punk (simpatico, divertente, in poche parole, iconico il duetto, nella serata del 9 febbraio, con Pino D’Angiò in Ma quale idea che ora è disponibile sulle piattaforme musicali). I pezzi funzionavano molto bene dal vivo e valorizzavano lo stile di ciascuno di loro.
Spesso accade, purtroppo che le canzoni degli artisti emergenti rimangano confinate alle cinque serate sanremesi mentre spero in questo caso di poterle riascoltare d’ora in poi nelle radio e sulle piattaforme. Tuta Gold di Mahmood già risuona ovunque e devo dire mi ha conquistata. Questo artista è riuscito ad individuare il ritornello, la coreografia e stile giusto per sfondare, e già ci era riuscito con Soldi, nel 2019. Casa mia, di Ghali, promette bene, l’idea narrativa funziona, musicalmente si ascolta molto volentieri, e poi questo cantante ha saputo, in passato, regalarci dei pezzi per niente banali che parlano di attualità senza mai essere retorici.
Si conclude così questo approfondimento sul Festival di Sanremo; nell’attesa del prossimo articolo sempre qui sul blog di RadioEco , vi invito come sempre a seguire la playlist della rubrica dove trovate tutti i brani citati e a seguirmi sul mio profilo Instagram

Autrice: Laura Gigliotti
Ho 25 anni, studio Giurisprudenza ad UniPi e quando sono in pausa da tomi e manuali adoro ascoltare musica, leggere, guardare film e serie TV. Dal 2024 su RadioEco mi occupo di una rubrica a tema musicale.
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