Eco tra le pagine – Il “Dio di illusioni” di Donna Tartt e il Dark academia

Il genere

Recentemente ho scoperto un genere letterario che è diventato virale su tik tok: il “dark academia”.

È un genere figlio dei social media, in particolare proprio di tik tok, diffusosi già ai tempi della pandemia.

Più che di un genere forse sarebbe più corretto parlare di un’estetica: il dark academia identifica uno stile di vita, basato su una certa romanticizzazione dell’esperienza universitaria, e codifica un modo di vestire, definito da dolcevita, cardigan e blazer rigorosamente sui toni del nero, beige e blu navy.

Per farvi un’idea pensate al film “L’attimo fuggente”, oppure provate a cercare dark academia su Tik Tok: vedrete saranno centinaia i video correlati di outfit o make up, oltreché innumerevoli video su come iniziare ad adottare questo lifestyle gotico.

L’attimo fuggente.

Ma veniamo al dark academia in quanto “genere letterario”. Spieghiamo il nome: si tratta di un genere al cui centro si collocano le vicende di ragazzi universitari che studiano discipline umanistiche – da qui “academia” – che restano coinvolti in crimini di vario genere – e da qui il lato “dark”. Questi studenti mostrano sempre spiccate doti e un forte interesse per le materie antiche (greco, latino), e fanno parte di qualche gruppo elitario o segreto.

Il “Dio di illusioni” di Dona Tartt e il Dark academia

Il libro considerato simbolo di questo genere e immaginario è “The secret history” – tradotto in italiano con “Dio di illusioni”- di Donna Tartt, vincitrice del Premio Pulitzer nel 2014.

Uscito nel 1992, fu immediatamente un caso editoriale; tra il 2021 e il 2022 abbiamo una rinascita del libro certamente attribuibile ai social media.

La trama

Richard Papen – protagonista del romanzo – annuncia sin dal prologo l’avvenimento di un omicidio. Ci dice pure di chi: Bunny. E ci rivela anche che i colpevoli sono lui e il suo gruppo di amici. Dopodiché comincia a raccontare retrospettivamente le vicende che porteranno a tale crimine.

Dopo due anni privi di interesse per il corso di medicina, Richard comincia a frequentare il college di Hampden, dove può dedicarsi allo studio della letteratura, e in particolare del greco.

Bennington College, Vermont, USA
Bennington College, Vermont, USA.

 Tuttavia, si pone un ostacolo: il professore di greco accoglie un numero molto limitato di studenti, di fatto scelti da lui; ma, grazie alla sua insistenza, riesce a farsi ammettere al corso, che contava cinque soli studenti: Charles, Camilla, Bunny, Henry e Francis. Da qui comincia l’amicizia con questi ragazzi, che sin da subito Richard aveva riconosciuto come un gruppo a sé stante rispetto agli altri studenti dell’università, non mancando di suscitare un certo fascino su di lui.

Di fatto, sono persone molto diverse: gli altri cinque provenivano tutti da famiglie benestanti, potevano permettersi di studiare anche solo per diletto senza aver alcun bisogno di lavorare; Richard invece era uno squattrinato, aveva avuto bisogno di una borsa di studio per poter frequentare il college, e si manteneva da solo lavorando per l’università. Lui terrà sempre nascoste le sue umili origini. L’unico punto in comune è l’interesse per il greco.

Il gruppo di amici trascorre le giornate tra lo studio, l’alcool e le sigarette, passando i weekend nella casa in campagna di Francis, finché non ci sarà un’evoluzione nella storia, e Charles, Francis, Camilla e Henry, durante una sorta di rituale dionisiaco, uccideranno un contadino. I due assenti verranno comunque a scoprire il misfatto, ma avranno reazioni opposte: Richard è quasi indifferente, accetta il fatto senza porre alcun problema e senza mai minacciare di svelare il segreto; Bunny, invece, ci scherza, fa allusioni e ricatti, prendendo di mira soprattutto Henry.

 Compagni di Tartt nel corso di greco al Bennington College.
A sinistra, Matt Jacobsen, il modello per Bunny; al centro, Todd O’ Neal, il modello per Henry; a destra, Paul McGloin, a cui è dedicato The secret history.

Questo farà sì che dentro quella imprevedibile spirale di violenza dovrà finirci anche lui. Dopo le indagini e la scoperta del corpo di Bunny, piano piano la complicità tra i membri del gruppo inizierà a sfaldarsi, finché non si arriverà al terribile confronto finale, in cui Henry si toglierà la vita con un colpo di pistola alla testa.

Conclusioni

Per tutto il libro ci si rende conto che resta qualcosa di non detto, che sfugge al protagonista, e che verrà rivelato mano a mano nella narrazione; è uno degli aspetti che tiene incollati al romanzo.

Basti pensare alle relazioni tra i protagonisti: in primis si lascia intendere che, durante il rituale dionisiaco, Henry, Camilla, Francis e Charles hanno avuto un’esperienza orgiastica tra di loro; in seguito si scopre l’interesse di Francis per Charles, che rivelerà di aver avuto rapporti sessuali con lui; si rivela l’affetto di Henry per Camilla, Henry, che, sul finale, le dirà – ti amo, e saranno le sue ultime parole; infine, e forse è l’aspetto più perturbante del romanzo, quando vengono i sospetti a Richard – poi confermati da una scena piuttosto erotica – riguardo possibili – certi- rapporti sessuali tra Camilla e il suo gemello Charles.

Da questi intrecci sono esclusi Richard e Bunny. È vero che anche Richard è invaghito di Camilla, ma questo non si tradurrà mai in nulla di concreto. Come se l’esclusione dei due da questo “circolo amoroso” fosse il segno della sostanziale estraneità del primo dal gruppo, e dell’imminente esclusione forzata del secondo.

È facile innamorarsi del mondo tratteggiato da Tartt, di quest’antica università, delle atmosfere autunnali, della patina di gotico che avvolge il tutto.
Per non parlare di un personaggio in particolare: Henry. Su Tik Tok ci sono una valanga di video dedicati a lui. Perché piace tanto? Perché viene presentato come il più intelligente, pragmatico, quello che resta sempre molto controllato e che prende le decisioni nel gruppo. E poi è coltissimo:

«Voglio dormire» dichiarò [Francis], con un melodrammatico roteare delle pupille. «Dormir plutôt que vivre!»
«Dans un sommeil aussi doux qne la mort…» terminò Henry, con un sorriso.
«Cristo, Henry, sai tutto!» disse Francis. «Mi fai schifo.» Si voltò barcollando, allentandosi la cravatta, e uscì dalla stanza.

Insomma, Dio di illusioni è sicuramente un libro che consiglio, non fatevi spaventare dalle seicento pagine perché si legge piuttosto bene. Non a caso, a suggerirne la pubblicazione all’editore fu niente meno che Breat Easton Ellis, compagno di università di Tartt proprio in un college del Vermont. All’epoca Ellis era già molto autorevole, pur avendo meno di trent’anni, per via del successo dei suoi primi tre romanzi, e in particolare di American Psycho (1991). Probabilmente anche per questo Tartt riuscì a ottenere l’anticipo molto generoso di 450mila dollari per Dio di illusioni, ed è forse per questo che dedicò il romanzo – anche – a Ellis:

For Breat Easton Ellis, whose generosity will never cease to warm my heart.

Rebecca Bibbiani, classe 1999, si è laureata nel 2022 in lettere moderne all’Università di Pisa. Attualmente frequenta la magistrale in italianistica.

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