Buona Domenica e ben tornat* su Pensieri (S)comodi, la rubrica (s)comoda di Radio Eco. Oggi affronteremo una delle forme più subdole di bullismo: il Body shaming.
La Dott.ssa Laura Massari ci spiega che:
Il body shaming è una forma di bullismo e cyberbullismo che si accanisce contro l’aspetto fisico, il peso o specifiche parti del corpo della persona che ne è vittima, perché giudicate inadeguate rispetto agli standard fisici ed estetici della cultura di riferimento. È pericoloso e pervasivo, perché colpisce la vittima in uno degli aspetti più vulnerabili e visibili della sua persona, sfruttando e amplificando le sue insicurezze, dando origine a pensieri negativi su se stess* o rafforzando quelli che già ci sono. Farlo pubblicamente, inoltre, permette ad altri di sentirsi legittimati ad “unirsi al coro”, finendo per normalizzare una pratica – quella di esprimere apertamente giudizi sul corpo altrui – che dovrebbe essere evitata.
Il body shaming è un problema sociale legato agli stereotipi di genere. Ad essere colpite sono le persone che non sono su misura per la società in cui vivono. Questo avviene perché abbiamo interiorizzato molto bene due stereotipi: lo stereotipo del bello e quello del maschile o del femminile; così denigriamo corpi tatuati, corpi troppo magri, corpi troppo grassi, corpi troppo poco maschili, corpi troppo poco femminili. Insomma la pratica dell’umiliazione non risparmia nessuno. Chi commette body shaming ha interiorizzato così tanto quei canoni estetici che ci sono stati imposti da sentirsi in diritto di emarginare chi non vi rientra.
La scuola è il primo luogo in cui si manifestano le forme più aggressive e feroci. La fase pre-adolescenziale e adolescenziale è il periodo più delicato per la formazione del carattere e dell’autostima, difatti i più colpiti sono proprio gli adolescenti, e nella maggior parte dei casi, sono anche coloro che accusano di più il colpo. Ecco perché è importante riconoscere e non sottovalutare le azioni di questo fenomeno.
Le donne sono da sempre il bersaglio primario del body shaming e degli atteggiamenti di derisione estetica. Ma negli ultimi tempi, non sono le uniche a subirne, anche gli uomini ne sono vittime nonostante se ne parli davvero molto poco. Le modalità sono identiche, si prende il punto debole dell’altro e lo si deride tanto da portare la vittima a infestare veri e propri disagi psicologici. Le critiche possono riguardare la troppa magrezza, la dimensione del proprio apparato riproduttivo, la mancanza di costituzione muscolosa e sull’essere virile e non.
Un uomo virile, secondo l’idea della società che ci circonda, è alto, magro, muscoloso, forte e impavido. Caratteristiche che poi appartengono più a un’idea utopica che allo specchio della realtà. Tutti gli attacchi e le derisioni al corpo dell’uomo passano per queste caratteristiche le quali vengono prese ed usate come un modello al quale attenersi.
Le persone GBTQ (Gay – Bisex – Transgender – Queer) in base alle statistiche sono più a rischio perché all’esperienza del body shaming si aggiunge quella dell’omofobia e diventa un’ulteriore arma di discriminazione: mettendo a confronto persone eterosessuali e non.
Il body shaming non è mai solo un giudizio estetico, ma un attacco alla persona e alla sua identità ed esserne vittima può avere molteplici conseguenze da non sottovalutare, qualunque sia il sesso o il gender della persona che lo subisce, come la depressione, la dismorfofobia e/o uno o più disturbi alimentari.
Contro il body shaming, dilagante sopratutto sui social, sono nati dei movimenti che hanno lo scopo di sensibilizzare al rispetto, all’inclusione e alla rappresentazione positiva di tutti i tipi di fisicità.
Il movimento di cui sentiamo parlare più spesso è la body positivity che ha l’obiettivo di sfidare i canoni e i pregiudizi della società sui corpi, considerandoli tutti ugualmente belli/utili/degni nella loro diversità. Il centro del movimento è il linguaggio e, in particolare, la lotta alla negatività e all’odio espresso dal body shaming.
Da qualche tempo, però, vengono mosse delle critiche nei confronti della body positivity. La prima è che il movimento ha assunto i toni di un’operazione di marketing, in cui taglie, forme e peso sono ormai standardizzate. I corpi mostrati, infatti, sono sinuosi e perfetti, lontani dalla diversità. Di fatto, includere modelle curvy, con disabilità o vitiligine è diventato – per molti, ma non per tutti – un modo per accontentare i consumatori. Una seconda critica mossa alla body positivity, invece, è legata alla salute. Vivere il proprio corpo con positività, infatti, non deve essere una scusa per incoraggiare comportamenti alimentari sbagliati.
Esiste poi il movimento della body functionality dove vengono esaltate le capacità fisiche che permettono al corpo di mettere in atto tutto ciò che esso è in grado di fare. Questo si contrappone a una visione focalizzata sulle qualità estetiche delle varie parti del corpo, con il rischio che venga percepito come un oggetto.
Prestare attenzione alla funzionalità corporea promuove una visione del proprio corpo come un’entità attiva, dinamica e strumentale scoraggiando una visione passiva del corpo come oggetto puramente estetico.
Tuttavia, esaltare le varie capacità del corpo rischia di limitare la prospettiva ai corpi “abili” e “senza malattie”. Chi sostiene la body functionality afferma che in realtà questo è un costrutto inclusivo e adatto a chiunque, poiché la presenza di malattie, infortuni, differenze strutturali e/o invecchiamento non implica la compromissione di tutte le altre funzioni del corpo. In sostanza, differente non vuol dire mancante e utilizzare queste lente permette di leggere il concetto di body functionality in un’ottica maggiormente inclusiva.
Il cambio di prospettiva è rappresentato, forse, dalla body neutrality, dove l’estetica del corpo viene messa da parte in favore di una visione diversa in cui la fisicità non è poi così importante. Ad essere interessante non è l’aspetto, ma la funzionalità del corpo e la sua capacità di sostenerci o portarci in luoghi meravigliosi. Oltre a eliminare ogni tipo di disputa e diatriba sul corpo, la body neutrality ci incoraggia a prenderci cura di noi, assecondando impulsi e bisogno di corpo e mente. Provare a fare l’esercizio di non parlare del corpo degli altri, di riflesso può aiutarci anche a porre meno attenzione sul nostro così facendo ci possiamo concentrare su tutte le altre qualità in base alle quali possiamo definirci.

Irene: Studentessa di discipline dello spettacolo e della comunicazione, amante del letto, delle vestaglie in pile, dei gatti e delle tisane. Sempre pronta a far polemica per esporre la propria idea su come dovrebbe girare il mondo. Si ciba di cinema, arte, libri, musica e tanto altro, ma chissà perché finisce sempre per avere ancora fame.