Rumours – Who is Phoebe F*cking Bridgers?

È marzo (lo so, ancora per pochissimo) e ascolto Phoebe Bridgers che canta le canzoni del mese più freddo e caldo dell’anno e no, non è marzo.

Si tratta di dicembre, perché i lavori in questione sono le cover di brani che sono dei classiconi per il periodo più famoso dell’anno come Silent NightHave Yourself a Merry Little Christmas oppure lo richiamano da lontano in qualche verso come So much wine. Il fatto è che la voce della cantante californiana riesce a rendere tutto come fosse primavera e qualsiasi cosa canti diventa evergreen.

Effetto notte

Un po’ Michelle Williams con il platino sui capelli che aveva in Marilyn (2011), Phoebe Bridgers è la nuova ragazza del folk (emo, pop o rock scegliete voi quale dei tre) col costume da scheletro e i fantasmi sulla copertina del primo album. Salta fuori un connubio di innocenza e inquietudine che ha tanto a che fare con Elliott Smith e chi più della voce sofisticata di Needle in The Hey poteva essere il riferimento principale dell’artista che è erede proprio di quel modo di fare musica, essenziale e sofisticato.

Phoebe Bridgers
Copertina dell’album Stringer in the Alps

Se nella realtà tanto ci preoccupiamo di associare la cresta ai punk e i capelli di Raperonzolo ai metallari, nei sogni possiamo fare quello che ci pare. Finalmente Phoebe Bridgers crea un mondo onirico da poter calare in terra, non importa se il suo sito web utilizza un font ghotic style e poi la sua voce è angelica. 

Stranger in the Alps (2017) e Punisher (2020) sono due album sul confine fra luci e ombre. 

Il disco d’esordio è un perfetto inizio: dalle tenebre si scorge piano piano la luce e Smoke Signals è l’alba. Si parte da un ricordo struggente che non può essere altrimenti se si canta di ciò che si è cantato una volta (magari insieme a qualcuno), in questo caso i Motörhead e i The Smiths che Bridgers richiama nel testo. La ragazza ci dice anche di cosa canterà domani: la traccia in questione è Funeral, l’occasione non è delle più felici, ma è pur sempre una storia e conta il modo in cui ce la sa raccontare. Stesso destino per You Missed My Heart, un ritratto dark dove il dolore viene dato e restituito mentre assume l’altra faccia dell’amore.

Anche in Punisher l’artista rovescia tutta sé stessa e con ancora più impeto. Il caos emotivo appare più nitido: da un’uniformità di sound e voce leggera si distaccano i testi che parlano di tormenti e questioni irrisolte, un gioco di opposti che si rincorrono e mai si afferrano, ma che si esaltano a vicenda. Halloween e Moon Song sono i migliori biglietti da visita del disco in cui non mancano i riferimenti musicali (Eric Clapton e dintorni).

Quel modo di fare musica, essenziale e sofisticato, assume un’immagine ben precisa e diventa un magrittiano Impero delle luci dove c’è bisogno di accendere le tenebre: il binomio di opposti che convive in Bridgers, voce pura e parole maliziose, sembra convivere in una pace tanto surreale quanto necessaria.

Collaboration what a passion

Paul Mescal è ferito sul bagnasciuga e non sa ancora che un chihuahua lo perseguiterà.

Si tratta della sinossi del video musicale di Savior Complex (Punisher), diretto da Phoebe Waller-Bridge, un nome che, ormai noto grazie a Fleabag, è quasi uguale a quello della cantante statunitense e segue il precetto della cantante unendo grottesco, thriller e romance. Conosciamo bene anche Paul Mescal (non dico per cosa dai, pubblicità di Mubi dixit) e la schiera dei grandi nomi si fa sempre più ampia. Aspettiamo Phoebe Bridgers in quello che è il tour più glamour degli ultimi mesi, sto parlando di Taylor Swift e il suo The Eras Tour a cui parteciperà nel mese di maggio (avevamo già sentito le due voci intrecciarsi in Nothing New). 

Il timbro morbido dell’artista piace a tutti e, ancora prima della reginetta del pop, possiamo godere del contrasto più forte nel duetto Walking on a String: il rischio era quello di soccombere alla voce baritonale di Matt Berninger, ma l’amalgama è tanto perfetta che fra le tracce dell’imminente disco della band di Brooklyn ritroveremo la ragazza del folk. Torniamo indietro di qualche anno mentre il mondo impazzisce per Thirteen Reasons Why e i Lord Huron la vogliono per una seconda versione della splendida The Night We Met

Boygenius – Credits: rollingstone.com

E poi fra le collaborazioni itineranti ce n’è una che, per fortuna, non ne vuole sapere di nomadismo: Phoebe Bridgers si unisce a Julien Baker e Lucy Dacus dando vita a Boygenius, sicuramente il trio più interessante da tenere occhio in questo momento dopo le sorelle Haim.

Who is Phoebe F*cking Bridgers?

Ora, forse, è inutile chiederselo, ma non di certo per questo articoletto. Phoebe Bridgers ha scritto la sua firma da tempo e disegnato perfettamente i contorni del suo stile anche se sembrano così liquidi che spesso un ascolto attento non basta. Per chi ancora si stesse chiedendo chi è, invece, ce lo dice direttamente in una playlist creata ad hoc da lei stessa.


Autrice: Marika Zandanel

Ascolta un po’ di musica e le piace andare al cinema. Studentessa al corso di laurea magistrale di Filosofia e forme del sapere dell’Università di Pisa.

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