
Eccoci ritrovati con una nuova pubblicazione di Eco di Libri, questa volta con un’analisi di un dolcissimo e brevissimo romanzo giapponese, il fenomeno editoriale Se i gatti scomparissero dal mondo di Kawamura Genki edito Einaudi.
Come cambierebbe il mondo? E come cambierebbe la mia vita?
Incipit dell’opera
Se io scomparissi dal mondo, intendo.
Il mondo non cambierebbe di una virgola e tutto andrebbe avanti allo stesso modo, giorno dopo giorno?
L’autore


Kawamura Genki è nato a Yokohama, in Giappone, nel 1979. Laureato in lettere, esordisce con l’opera Se i gatti scomparissero dal mondo nel 2012, riscuotendo un grandissimo successo con la vendita di quasi due milioni di copie. Nel 2021 pubblica il suo secondo romanzo: Non dimenticare i fiori che è stato ispirato dalla vicenda personale del declino della nonna a causa dell’Alzheimer.
La sua attività non si ferma soltanto alla letteratura: sarà anche produttore del famoso film animato Your name e regista e sceneggiatore dell’adattamento cinematografico del suo ultimo libro nel 2022.
La trama di Se i gatti scomparissero dal mondo
Un giovane postino sui trent’anni, grande cinefilo che vive la sua solitaria esistenza in compagnia del suo adorato gatto Cavolo, scopre che quello che credeva essere un semplice mal di testa è in realtà una malattia incurabile che potrebbe prendersi la sua vita da un momento all’altro. Di fronte alla notizia prova a stilare una lista delle cose da fare prima di morire, quando vede apparire di fronte a lui il Diavolo, rappresentato da un suo alter ego vacanziero denominato Aloha, che farà una proposta che solo il diavolo in persona potrebbe fare: eliminare, ogni giorno, qualcosa dalla faccia della terra per ottenere un giorno di vita in più. Che cosa scegliere, e che cosa eliminare? Può la propria vita valere più dei film, degli orologi o… dei gatti?
Riflessione
Ho potuto leggere Se i gatti scomparissero dal mondo in due momenti della mia vita completamente diversi: la prima volta era il 2019, mi trovavo all’isola d’Elba, prima del Covid. Ero piuttosto annoiata perché ero da sola e non sapevo cosa fare per la maggior parte del tempo.
Questo piccolo romanzo mi ha fatto compagnia per poco, ma mi ha permesso di affrontare un tema lugubre, come quello della morte, attraverso un linguaggio così delicato da colpirmi profondamente.
La seconda volta è stata quest’anno, in contemporanea ad un lutto familiare. Il tempismo di questa lettura inizialmente mi ha fatto quasi sorridere: avevo scelto di ricominciare a leggere questo piccolo gioiellino e dopo un paio di giorni qualcuno a cui volevo bene è scomparso.
Inutile dire che la seconda lettura sia stata molto più impattante a livello personale. Tuttavia, nonostante il dolore personale causato dal lutto che stavo vivendo, la lettura di Se i gatti scomparissero dal mondo è riuscita ad essere di grande conforto. L’autore, Kawamura Genki è riuscito a farmi accogliere il concetto di morte e, soprattutto, della mia morte, in maniera positiva e necessaria, non completamente negativa, anzi.
L’ineluttabilità della morte e la sua accettazione
Se i gatti scomparissero dal mondo è incentrato su un’importante e predominante riflessione sulla mortalità, tema trattato nella tradizione letteraria nipponica in una maniera molto più limpida e sincera rispetto alla disperante e angosciante visione occidentale.
Del resto, proprio della cultura giapponese sono il culto del suicidio e la realizzazione dei Jisei, le poesie di addio scritte poco prima della propria morte.

La morte, nell’opera di Genki, si presenta per come è: inevitabile, insensata e casuale. Può colpirti sempre, in ogni momento, ricco o povero che tu sia. Difatti, colpisce improvvisamente il nostro giovane protagonista, senza alcuna motivazione materiale. La sua malattia lo ucciderà in pochissimo tempo.
Come già avvenuto nell’opera Moonlight Shadow dell’incredibile Banana Yoshimoto, anche l’opera di Genki tratta un tema così delicato inquadrandolo in una narrazione onirica, fantastica e sognante. Il dolore da una parte viene accantonato in un progressivo processo di accettazione della propria morte e per fare ciò Genki utilizza come strumento retorico il paranormale, l’impossibile: Aloha, il diavolo in persona.
Accettare sé stessi
Tramite la figura di Aloha e quello che rappresenta, verrà trattato e analizzato un altro aspetto fondamentale: l’accettazione di sé stessi. Se non accettiamo la nostra vita, se non accettiamo noi stessi, i nostri sbagli… come possiamo accettare la morte?
Nel corso dell’opera il giovane postino impara a conoscersi, a capire le motivazioni alla base delle proprie scelte, a capire che cosa ha avuto valore nella propria vita e ciò che l’ha drammaticamente cambiata. Insomma, la morte si trasforma in esperienza positiva e necessaria che permette al ragazzo di approfondire la propria conoscenza di sé stesso, ma soprattutto del mondo che lo circonda.
Decide di non eliminare più niente dal mondo, eliminando sé stesso.
Accetta, quindi, che la vita continui e cambi anche senza la sua presenza, anche con la sua scomparsa, superando il principio di egocentrismo che regna sovrano.
L’importanza del perdono
Non è soltanto accettare sé stessi o il proprio passato che permette di abbandonarsi all’idea della morte, ma è anche essere in grado di perdonare, di poter lasciare da parte pesi e rancori che vengono accumulati nel corso dell’esistenza e che di fronte alla morte perdono di significato.
Il romanzo segue la struttura di una lunga lettera il cui destinatario è inizialmente sconosciuto.
La sua identità viene rivelata progressivamente nel corso dell’opera grazie a numerosi indizi, in particolare quelli legati al lutto della propria madre. La lettera è indirizzata alla figura complessa e distante del padre, orologiaio bloccato in un tempo completamente diverso rispetto al figlio, come se vivessero in due luoghi opposti del globo, e con il quale il ragazzo ha un rapporto molto conflittuale, sfociato nella perdita completa di qualsiasi contatto.
Lungo il corso dell’opera, il ragazzo comprende ed accetta, oltre alla bellezza del mondo e delle piccole cose, anche gli errori altrui, decidendo di abbandonare anche l’ultimo rimpianto o legame che lo rende ancorato alla vita terrena, oltre al suo amatissimo gatto.
Conclusioni
Se i gatti scomparissero dal mondo è un’opera avvincente e profonda, in grado di osservare con grande delicatezza e irriverenza un tema così aspro e cupo come la morte, spesso negato nel dibattito quotidiano, facendolo con un sorriso, senza la disperazione che si accompagna alla consapevolezza dell’inevitabilità del fatto.
La lettura scorre molto veloce, vista la brevità e lo stile dell’autore semplice e senza inutili fronzoli. Sebbene l’apparente leggerezza, l’autore riesce comunque a comunicare il dramma della mortalità, immergendolo in un universo onirico e sognante che permette di comprenderne anche la sua insolita e spesso dimenticata bellezza.
Insomma, Se i gatti scomparissero dal mondo è un piccolo gioiello moderno in grado di lasciare qualcosa di indelebile nel cuore di chi lo legge, con grandissima delicatezza e profondità.

Autrice: Bianca
Sempre in ansia e stressata, è convinta che ogni suo articolo debba essere riscritto completamente. Nella vita di tutti i giorni si fa i fatti suoi, come dovresti fare tu che stai leggendo.