In piccolo, sotto la canzone Fiore mio leggo Andrea Laszlo De Simone e penso che, come nome d’arte, sia un po’ troppo lungo. Beh, peggio per me. La sciocchezza del mio pensiero, frutto del preconcetto che al mondo ci siano più nomi d’arte che insetti, aveva ignorato che quel nome fosse praticamente quello registrato all’anagrafe, o quasi.
Il fu Andrea Oliviero Laszlo De Simone Saccà
C’è chi il nome lo cambia totalmente, c’è chi lo lascia così com’è e c’è chi lo rimpicciolisce, lo lima un po’ e diventa Andrea Laszlo De Simone. E così, per essere artista, De Simone si è dovuto ridurre, contenere, ma nulla che comporti lo sforzo di essere qualcuno che non si è.
Nel suo nome, nella sua estetica (un po’ militante del movimento studentesco agli inizi degli anni Settanta, ci suggerisce Gino Castaldo), nelle sue parole c’è una ricercatezza che non ha nulla di barocco, nulla di costruito e la linea fra persona e personaggio scompare, non esiste.

Andrea Laszlo de Simone non può far altro che riordinare quello che già è, creare qualcosa che abbia un senso e soprattutto consegnarlo al pubblico quando è veramente il momento di farlo.
Perché dover pensare alla lunghezza delle canzoni per passare in radio? Perché non registrare a casa propria? Perché parlare troppo quando sono le canzoni stesse a raccontarsi? È con questi interrogativi retorici che De Simone, dopo aver fatto il batterista per anni nella band del fratello, fa della musica ciò che più vuole e lo fa bene.
Ecce homo, Uomo donna
Come si diventa ciò che si è. Questo è il titolo completo dell’opera di Nietszche di cui l’artista prende in prestito un pezzetto per il primo disco. E cosa siamo prima di tutto? Siamo persone. Andrea Laszlo De Simone canta di carne e di ossa, di noi, piccoli esseri che interagiscono fra loro e col mondo che anch’esso diventa una persona, anzi è proprio un tipo irrazionale che fa come vuole.
Se il primo album Ecce homo ha delle sonorità più rigogliose ma risulta comunque controllato (soprattutto sul piano del minutaggio), in Uomo donna De Simone si lascia andare completamente e le canzoni risultano un tutt’uno, come il titolo del disco. Le dodici tracce si concatenano l’una con l’altra e l’autore ci viaggia attraverso come ad esplorare luoghi che in realtà già conosce, fatti di abitudini e di voci quotidiane.

Sembra di camminare in una piazza alla fine di Sogno l’amore e all’inizio di Vieni a Salvarmi, in un pollaio fra il binomio Eterno riposo/Questo non è amore e ancora ci sembra di fare un viaggio virtuale facendo zapping tra i canali tv all’inizio di Gli uomini anno fame.
La parte strumentale non si dà pace, è figlia di un altro tempo pur essendo contemporanea e crea un’atmosfera mista in cui chi canta è sicuramente figlio di Lucio Battisti, ma è soprattutto figlio di sè stesso.
Non solo l’ascolto, ma ancor di più la parola. La musica dell’artista torinese è fatta anche per essere letta ed è il linguaggio – talvolta essenziale, talvolta più articolato – ad accompagnare il suono, non viceversa. Lo sanno bene due canzoni in particolare.
Lato A e lato B
Andrea Laszlo de Simone, due mesetti fa, ci mette un regalo sotto l’albero ancora prima di Natale e il pacchetto è prezioso. È un 45 giri con due canzoni ed è un libro fotografico con 67 ritratti, scattati dal padre.
In questa esperienza, che inizia coinvolgendo due sensi, non si può che finire per coinvolgerli tutti e arrivare ad una sinestesia completa. Si riconferma l’abilità dell’artista di cerare un’atmosfera precisa ad ogni strofa e ad ogni suono, un vero e proprio ambiente che non può sfuggire alla rappresentazione per immagini. In un caso globale i ritratti scattati da Luciano De Simone, nel caso particolare di Vivo, lato A del vinile, anche la serie targata Amazon Prime Prisma che utilizza la canzone per accompagnare il momento in cui il protagonista si confronta allo specchio con sè stesso e col mondo che non dà nessuna spiegazione e quindi
Vi conviene
Cogliere il tempo che rimane
Prima che smetta di bruciare
Dentro al tuo cuore
Anche il più piccolo ideale
Che sta tremando di terrore
I nostri giorni è il side B perfetto, quello più blu (in tutti i sensi), un congedo agrodolce con un clarinetto in apertura e due strofe che parlano di cosa si muore oppure di cosa si vive oppure tutte e due le cose assieme
Soffia vento freddo sopra i nostri giorni
E dietro le porte
Armati di sogni
Aspettando che torni
La nostra vita
Dopo
In un’intervista Andrea Laszlo De Simone dice che un dopo Uomo donna sicuramente ci sarà. La selezione delle canzoni per l’ultimo album partiva da una quarantina di pezzi, ma poi, per necessità di dimensioni del disco da diciassette ne sono rimasti dodici. Tutto, però, ha il suo tempo e verrà quando dovrà arrivare, solo se ha senso. Intanto godiamoci altri gioiellini colme l’EP Immensità pubblicato nel 2020 e accompagnato dall’omonimo mediometraggio oppure, dello stesso anno, Dal giorno in cui sei nato tu, la canzone di cui il figlio ha girato il video.
Non c’è modo che l’arte di Andrea Laszlo De Simone parli una sola lingua, ed è il modo più bello che ci sia.

Autrice: Marika Zandanel
Ascolta un po’ di musica e le piace andare al cinema. Studentessa al corso di laurea magistrale di Filosofia e forme del sapere dell’Università di Pisa.