CinefiLife – Aftersun: il film più interessante di Mubi

Hai presente quella sensazione di spensieratezza che hai dopo esserti addormentato sotto al sole in una calda giornata estiva? O lo stordimento che ti provoca un dolce ricordo d’infanzia ormai intriso di malinconia? Sono queste le emozioni che descrivono il film d’esordio di Charlotte Wells, Aftersun. Un film che nella sua semplicità regala emozioni molto potenti.

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Di questo oggi parleremo qui nella Rubrica CinefiLife di RadioEco.

Paragrafi che troverai nell’articolo:

  1. I ricordi d’infanzia
  2. I loro punti ciechi
  3. Il modo in cui torniamo interi
  4. l’orizzonte di Charlotte Welles

I ricordi d’infanzia

Aftersun, oltre ad essere il titolo, sembra il termine perfetto per racchiudere al suo interno tutte le sensazioni che il film vuole comunicare. Quella sensazione che ti prende quando fissi intensamente la luce del sole, e ti accorgi che nel farlo si sono formate delle piccole macchioline nella vista. Eppure lo noti solo quando discosti lo sguardo dalla luce. Quando finisci di vedere. Questo potrebbe essere l’aforisma giusto per descrivere l’esperienza della visione di Aftersun: 96 minuti di una tranquilla vacanza tra un padre e una figlia, che disvela pian piano le ombre che anneriscono sempre di più un dolce ricordo d’infanzia.

L’assenza apparente di trama non deve spaventare, perché Aftersun è un film che vive di sensazioni, ma anche di spiccata voglia di catturare piccoli dettagli nascosti da un sottobosco di apparente delicatezza.

Wells presenta Aftersun su due piani temporali divisi, tra un passato rievocato e un presente vissuto attraverso il ricordo di una ragazza vent‘anni dopo. Ma come con qualsiasi ricordo, le cose sembrano diverse in retrospettiva.

La storia ha dunque inizio negli anni ‘90, il giovane padre Calum (Paul Mescal di Normal People) porta sua figlia di 11 anni Sophie (interpretata da bambina da Francesca Corio) in una spensierata vacanza estiva in Turchia. Tra giorni di relax in piscina, cene al ristorante del resort e interazioni con gli altri ospiti, vediamo clip dal video ricordo del viaggio filmato da Sophie. Ma è quando la videocamera smette di filmare, ad esempio quando la bambina è assente o dorme, che percepiamo che c’è più significato e pesantezza in questa vacanza per suo padre.

Quei sentimenti arrivano però ad ondate, come quelle che si infrangono sulla spiaggia del villaggio turistico, dopo una lenta risacca.

Non vediamo mai Calum essere meno che un padre devoto e giocoso per suo figlia, quasi un’antitesi perfetta di quello che crederemmo potrebbe essere un ragazzo padre di appena vent’anni con tutte le circostanze del caso. Sophie da bambina, non può, dunque, che vederlo come un eroe infallibile e invincibile.

Attraverso i suoi occhi gentili ma anche ingenui vediamo come la sua meraviglia infantile interagisce con gli elementi del mondo che la circondano, imparando a filmare (da grande sarà una regista) e facendo esperienza dei primi amori con gli altri bambini in vacanza. Un piccolo accenno a una banale storia di formazione che, tuttavia, non appartiene realmente al racconto di Aftersun.

Quella stessa meraviglia infantile porta, infatti, anche al conflitto, quando le ingenue domande di Sophie portano a rivelare che non tutto è fantastico e perfetto sullo sfondo della vita di Calum. Al momento, lei non riesce a comprenderlo, non ha l’età per farlo. Tuttavia, quando Sophie adulta ripensa alle stesse clip che stiamo guardando, le stesse suonano in modo molto diverso. Come i video girati prima di un addio imminente.

I loro punti ciechi

Un addio appunto. Un legame che si rinsalda e poi si perde, una calma che sa di attesa per un disastro prossimo, una lunga boccata d’aria prima di tuffarsi nel fondo buio di una piscina, la lozione dopo sole da mettersi addosso per proteggersi dai raggi solari una volta tornati a casa, dopo il mare, dopo il sole, “after sun”.

La Sophie adulta ripensa a quella vacanza abbandonata ai dolci lidi dell’infanzia, prima ancora che i raggi del sole potessero scottarla; ora ha la stessa età di suo padre quando andarono in vacanza.

E mentre ricorda i punti luminosi di quelle giornate, affiorano anche quelli più oscuri. I punti ciechi che, nei suoi ricordi, la Sophie adulta tenta di riempire mettendo insieme un puzzle che, come dicevo all’inizio, acquista il suo senso una volta completato. Tuttavia, il film non si sofferma mai su quei momenti bui, come se l’adulta Sophie stesse cercando di tenerli fuori, reprimerli dalla sua visione perfetta di quella vacanza estiva.

È difficile descrivere Aftersun perché niente e tutto accade contemporaneamente. Sebbene ciò che sta accadendo sullo schermo possa sembrare banale, è in realtà intriso di sottotesto. Per questo per coloro che non riusciranno a soffermarsi nei punti giusti, a posare lo sguardo anche nei punti ciechi, la visione del film potrebbe apparire noiosa.

Il modo in cui torniamo interi

Aftersun parla di molte cose, ma in fondo parla di ricordi, dei traumi che ci lasciano e dei tentativi di ricomporre quei ricordi per cercare di superarli, per tornare di nuovo interi.

Aftersun è la gioventù di un ragazzo passata a creare la migliore infanzia possibile per la propria figlia, o quanto meno del tentativo, voluto o meno, di lasciarle i migliori ricordi possibili. La storia è dunque una delicata analisi della nostalgia e del motivi che spingono alcuni momenti ad affiorare nella mente, mentre altri a nascondersi nelle profondità della nostra psiche.

Aftersun
In alto la regista Charlotte Welles con suo padre, in basso i corrispettivi protagonisti del film semi-autobiografico
Credits: Fixr & World of reel

Con la fotografia di Gregory Oke, studiata e riprodotta come se uscisse direttamente dai nostri ricordi in polaroid, Charlotte Wells firma una regia frammentata nel montaggio e nella psiche dei suoi personaggi, mostrandoci com’è aprire la porta della stanza che tutti teniamo celata alla fine di quel corridoio buio della nostra mente, com’è ammettere che i nostri perfetti ricordi d’infanzia sono solo immagini residue dei momenti più luminosi.

Mentre il film raggiunge una conclusione emotivamente intensa e nella quale bastano solo allusioni e immagini metaforiche per esprimere più di mille parole (uno Show, don’t tell ai massimi livelli del linguaggio cinematografico da qui a molti anni), ci viene insegnato come aprire quella porta possa spesso essere un mezzo di accettazione, un modo per guarire dalle scottature che i ricordi possono lasciare.

L’orizzonte di Charlotte Welles

Sfocato ma col fuoco dentroAftersun, è l’impressionante debutto semi-autobiografico della cineasta Charlotte Wells, che pur stanziandosi a New York è riuscita a mantenere il suo animo registico britannico, non abbandonarsi al chiassoso cinema d’oltreoceano, donando un racconto che trasforma il guardare in un atto di ostinazione, che mette a fuoco la necessità di dover imbrogliare a forza i momenti piacevoli per evitare che fuggano.

Una dicotomia che per illuminazione o contrasto segna un’ambivalenza con l’ultimo lavoro di Stephen Spielberg, The Fabelmans. In entrambe le opere l’aspetto meta-cinematografico emerge per forza di cose tra film e filmini di famiglia; entrambe presentano un fondo biografico; in tutti e due è decisivo il rapporto genitori-figli.

Eppure, se The Fabelmans rappresenta la celebrazione di ciò che la videocamera può catturare, uno strumento che puntando verso l’orizzonte può segnare la cattura visiva di ciò che non è coglibile ad occhio nudo, amplificando la visione; Aftersun afferma un memorabile cinema della negazione.

Un cinema, cioè, che accetta di sbiadirsi all’orizzonte; che non ha bisogno di amplificare, ma che può anche tacere o parlare sottovoce. Dissolversi e ricomporsi. Proprio come fanno i ricordi.

E questo sì che è un cinema che si farà ricordare.


Autore: Tommaso Corsetti

Nato nel 1999 e circondato dal mare, prima dell’isola d’Elba e poi della Sardegna, Tommaso dalle poltrone della sala, approda finalmente a quella davanti alla tastiera, per scrivere di ciò di cui ha sempre amato parlare: il cinema.  Studente di Filosofia magistrale e ora in RadioEco, puoi trovarlo su instagram come @tomcorsetti_

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