L’aborto ai tempi di TikTok

Oggi su RumorEco tratteremo delle modalità di rappresentazione e veicolazione di tematiche sociali come l’aborto sui social. Ecco cosa potete trovare in questo articolo:

Echo chamber

La prima azione mattutina del 70% degli italiani tra i 14 e i 44 anni è quella di controllare il proprio telefono. È così che dalla propria camera da letto gli utenti vengono trasportati in una echo chamber, ossia una bolla virtuale che ci mette in contatto con la parte del web più affine alle nostre ideologie e al nostro modo di rapportarci con la realtà. Ci sono dei temi, però, che hanno una risonanza talmente travolgente da riuscire ad abbattere queste barriere e giungere, seppur con sfumature differenti, ad una porzione di utenti molto più variegata.

È stato praticamente impossibile, ad esempio, riuscire ad ignorare nell’ultimo anno il grande dibattito che tuttora gravita intorno al tema dell’aborto. Chiunque sui social avrà visto almeno un post riguardante la famigerata sentenza che l’estate scorsa negli Stati Uniti ha negato il diritto all’aborto. Hanno avuto una grande diffusione mediatica anche le affermazioni di diversi politici italiani, che hanno trattato della tematica soprattutto durante la campagna elettorale che ha preceduto le elezioni del 25 settembre 2022, in cui temi sociali come quello dell’aborto sono stati ampiamenti discussi (e messi in discussione).

aborto
Immagine tratta dalle proteste a seguito della sentenza statunitense (credits: ANSA)

Rischi dei social: fake news e misinformation

I social hanno dato un forte contributo divulgativo ai temi politici e sociali tra gli utenti. I dati dimostrano che, in relazione alle elezioni politiche dello scorso autunno, il 62% degli italiani si è informato su Facebook, mentre il 50% su Instagram e il 14% su TikTok.

La Gen Z sta gradualmente sostituendo le fonti autorevoli di informazioni con i social network, rischiando però di essere ingannati da un confermation bias che ci porta a credere solamente a informazioni che riconfermano la nostra visione delle cose. Questo fenomeno può facilmente condurre gli utenti a cadere nella trappola delle fake news o delle informazioni che, non verificate accuratamente, vengono imprudentemente diffuse generando del panico immotivato.

Una maggiore delicatezza sarebbe dovuta nei confronti di discorsi particolarmente divisivi come quello sull’aborto, un tema dalle sfaccettature non solo etiche ma anche culturali, politiche e religiose. Spesso, invece, il potere omologante dei media riconduce questi discorsi dentro alla cornice della cronaca, affrontandoli alla stregua di un qualsiasi altro avvenimento.

L’aborto sui social network

Le narrazioni mediatiche che ci vengono proposte sul tema dei diritti sono frequentemente spinte dalle menti che si occupano della gestione dei social media. Ha sollevato un grande scandalo il caso della rimozione dei post riguardanti le pillole abortive da parte di Meta (ovvero la casa madre di Instagram e Facebook), avvenuta a seguito della celeberrima sentenza della Corte Suprema.

Alcuni giornalisti hanno provato a pubblicare tre post simili nei quali si dichiarava la volontà di spedire agli utenti del materiale: nel primo delle pillole abortive, mentre negli altri due una pistola e della marijuana. In pochi minuti il primo post è stato rimosso e l’account bannato per aver violato le linee guida di Facebook su “armi, animali e altri beni regolamentati”. Gli altri due post invece non hanno subito nessun provvedimento.

Un nuovo attivismo

La riposta da parte degli utenti è immediata: oltre all’indignazione, i social più in voga come TikTok vengono inondati da trend e post riguardanti la sentenza statunitense e le conseguenze che essa ha avuto. I contenuti sono milioni, ma che effetti hanno avuto sulla realtà?

Sicuramente lo strumento dei social è fondamentale per far sentire la propria voce, ma forse ha ridimensionato il concetto di attivismo nelle menti dei giovani. Postare una frase nelle proprie storie di Instagram o aderire ad un trend su TikTok è una dichiarazione sociale, una forma di omologazione, oppure la manifestazione di una nuova frontiera dell’attivismo digitale? Forse è un modo per scagliarsi contro al sistema, rappresentato dai poteri che guidano le grandi aziende dei social. Ma questa lotta dall’interno perde di significato quando si continua ad alimentare l’autorità di questi mezzi dandogli il potere di veicolare tutta la nostra vita, le nostre comunicazioni e persino i nostri messaggi di lotta.

Fabio Cominelli

Autore: Fabio Cominelli

Abbandonando i poster di Mina e Raffella Carrà appesi nella cameretta a Bergamo, la città d’origine, Fabio si reca a Pisa per studiare. Qui, unendo la propria passione per la cultura popolare, e l’ardente necessità di dare una voce ai più inascoltati, grazie a RadioEco dà vita alla rubrica “RumorEco!”.

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