Oggi su RumorEco parleremo del primo grande scandalo mediatico italiano riguardante l’omosessualità, e anche uno dei più grandi scandali della nostra Repubblica. Ma di cosa si tratta? Cosa sono i balletti verdi?
- Il fantasma innominabile
- Il circuito del vizio
- Caccia ai gay
- I balletti verdi appartengono al passato?
Il fantasma innominabile
Nel 1960 l’omosessualità costituiva ancora un fantasma innominabile nel panorama culturale italiano. La strategia del silenzio, mandata avanti a colpi di censura e sanzionamenti, era finalizzata a seppellire qualsiasi possibile discorso riguardante il tema. In Italia non venne mai approvata una legge che punisse gli orientamenti diversi da quello eterosessuale, proprio perché una legge sul tema avrebbe palesato una necessità di attenuazione del fenomeno, che invece voleva essere ignorato e sradicato non solo di ogni genere di legittimità, ma anche della sua esistenziale naturalezza.
Nonostante ciò, gli atti omosessuali venivano comunque puniti, ma il ‘reato’ era incorporato nell’ambito della corruzione di minori o degli atti osceni in luogo pubblico. In questo modo veniva attuata una tolleranza repressiva che criminalizzava un comportamento senza necessariamente esplicitarne il nome.
Le uniche infrazioni acconsentite erano frutto di un processo di politicizzazione della tematica, che negli anni Sessanta divenne il vertice di diverse crociate contro gli avversari politici. Spesso etichettare il nemico politico come omosessuale era una mossa che contribuiva a influenzare l’opinione pubblica. È proprio per questo motivo che la stampa di estrema destra, per vanificare il tentativo di restaurazione morale messo in atto dalla Chiesa cattolica e dalla Democrazia cristiana, mise in scena uno scandalo architettato “a regola d’arte”: i cosiddetti balletti verdi.

Il circuito del vizio
Nel 1960 su Il Giornale di Brescia apparve un trafiletto che diede il via al clamoroso scandalo:
“Da parecchio tempo si parlava in città di una vasta operazione intrapresa dagli organi investigativi per bloccare un dilagante circuito del vizio, in cui si trovavano coinvolti uomini di giovane e meno giovane età.
Le notizie relative a convegni immorali, a trattenimenti di genere irriferibile, ad adescamenti ed a corruzioni e ricatti sono ripetutamente giunte fino a noi.”
Il giornale stava dunque denunciando dei presunti festini omosessuali, e tale notizia scatenò un fenomeno di isteria di massa che portò gli inquirenti ad indagare più di duecento persone, tra cui personaggi celebri come Dario Fo e Mike Bongiorno. L’isteria portò i cittadini a formulare ipotesi folli, tra cui quella dell’esistenza di una sorta di tratta di giovani ragazzi trasportati tra la Svizzera e l’Italia.

Qualche tempo dopo il giornale Le Ore battezzò il caso con il nome che ad oggi conosciamo: i balletti verdi. Il termine ‘balletti’ era impiegato per indicare gli scandali a sfondo sessuale di qualsiasi genere. Il colore verde, invece, attribuiva al fenomeno la natura omosessuale in quando, per antonomasia, era un colore che indicava gli ‘invertiti’ di cui Oscar Wilde era rappresentante, col suo garofano verde, appunto, che portava all’occhiello.
Caccia ai gay
Le forze politiche del tempo non persero l’occasione per politicizzare il fenomeno e cavalcare l’onda della psicosi collettiva per portare avanti una vera e propria caccia ai gay. Da una parte la sinistra e i comunisti additavano le forze politiche opposte e i cattolici, evidenziando un presunto carattere borghese nel ‘vizio’ dell’omosessualità. Dall’altra parte le destre accusavano i sinistroidi di difendere pederasti e omosessuali, riferendosi non troppo velatamente a figure di spicco come quella di Pasolini.

La caccia si concluse nel 1964, quando la sentenza definitiva smontò la congettura dei balletti verdi, riconoscendo solamente sedici imputati sui quasi duecento indagati, di cui quindici vennero assolti. La grande montatura dunque danneggiò solamente l’immagine delle persone indagate, ma non ebbe delle conseguenze effettive a livello giudiziario.
I balletti verdi appartengono al passato?
Il caso dei balletti verdi è un’accurata dimostrazione di come i media veicolino la rappresentazione di determinate minoranze sessuali. L’eredità di questo scandalo persiste tutt’oggi in diverse narrazioni sia mediatiche che politiche. Nel 2023 viene ancora attuata una ghettizzazione da parte di personaggi pubblici che parlano di ‘lobby gay’, o che strizzano l’occhio ai residui culturali neofascisti che tengono vivi dei sentimenti discriminatori e di intolleranza.
L’Italia di oggi, dunque, non è forse così lontana da quella del 1960. Sicuramente oggi le tematiche queer sono maggiormente trattate anche nei media, ma questo simboleggia una vera integrazione e accettazione o è solo sintomo di una tolleranza risicata e circostanziale?

Autore: Fabio Cominelli
Abbandonando i poster di Mina e Raffella Carrà appesi nella cameretta a Bergamo, la città d’origine, Fabio si reca a Pisa per studiare. Qui, unendo la propria passione per la cultura popolare, e l’ardente necessità di dare una voce ai più inascoltati, grazie a RadioEco dà vita alla rubrica “RumorEco!”.