Britney Spears, i media e la salute mentale

Negli ultimi decenni la cantante Britney Spears è stata sulla bocca di tutti. Tra complottismo e vita reale, la storia della popstar internazionale ha fatto discutere di temi importanti tra cui quello della salute mentale. Se siete interessati a questa intricata storia e al suo altrettanto tortuoso percorso mediatico, non perdetevi questo appuntamento con RumorEco:

Il breaking point

Siamo nell’ottobre del 1998 quando Britney pubblica “…Baby One More Time”, il singolo tratto dall’omonimo album rilasciato all’inizio dell’anno successivo. La canzone scalerà le classifiche di tutto il mondo diventando un grande classico che tutt’oggi influenza le produzioni musicali contemporanee. A cavallo del nuovo secolo, quindi, Britney stava scrivendo un nuovo capitolo della storia della musica pop. Un capitolo segnato da successi e fama, ma soprattutto da grandi responsabilità per una giovane sedicenne, che da un momento all’altro si ritrovò catapultata nel complesso sistema dell’industria musicale.

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L’iconico video di “…Baby One More Time” (credits: L’Officiel)

Il peso delle responsabilità fu acuito dalla costante presenza invasiva dei paparazzi. La sopportazione della giovane Britney nei confronti di questa elevata esposizione mediatica raggiunse il culmine nel 2007, con un evento che emblematizzò la precarietà dello stato psicologico della cantante in quegli anni. Viene definito il “breaking point”, ovvero il momento di rottura in cui Britney, ormai abitualmente inseguita da un’orda di paparazzi, decide di recarsi in un salone e rasarsi i capelli a zero davanti a tutte le telecamere.

Dopo quel tanto iconico quanto controverso momento, la carriera della principessa del pop cambiò per sempre. Tutti i giornali ne parlarono, dipingendo la cantante come psicologicamente instabile e vittima di droghe e alcol. Senza dubbi i comportamenti di Britney rappresentavano una richiesta di aiuto psicologico, ma quello che lei ricevette fu tutt’altro.

Free Britney

Oltre alla furia speculativa dei mass media, la popstar venne ricoverata in un ospedale psichiatrico, le venne tolta la custodia dei due figli, e poco dopo subirà un’interdizione a causa della famosa conservatorship imposta dal padre James Spears. La conservatorship è uno strumento legale attivo negli Stati Uniti che solitamente viene disposto in situazioni estreme, in cui una persona non è in grado di prendere decisioni in maniera autonoma. Il padre, in questo modo, assume il controllo totale sulla figlia, sulle sue decisioni e sulle sue finanze, mettendo mano anche sull’ingente patrimonio che la star aveva accumulato nei precedenti anni di successo.

La tutela legale del padre sarebbe dovuta durare un solo anno, ma ne durò ben tredici. Tredici lunghi anni in cui Britney Spears continuò a portare avanti la sua carriera di successo incidendo album, imbarcandosi in tour mondiali e partecipando a innumerevoli trasmissioni televisive. Sicuramente non quello che ci si aspetterebbe da una persona legalmente giudicata “incapace di intendere e di volere”. È così che nel 2019 arriva la svolta: sul web si inizia a parlare di come la cantante si fosse rifiutata di assumere dei medicinali che le erano stati imposti, e che ormai da anni stava prendendo contro la sua volontà.

I fan, allarmati dalla situazione, fanno nascere il movimento Free Britney per cercare di informare il grande pubblico sulle condizioni della popstar, e porre fine una volta per tutte alla conservatorship del padre. L’obiettivo verrà raggiunto solo nel 2021, quando dopo un’udienza Britney verrà ufficialmente dichiarata libera.

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Proteste del Free Britney Movement (credits: Insider)

Il ruolo dei media

“Voglio che questo messaggio arrivi alle persone che sono state manipolate dal sistema. Non siete soli, non siete pazzi. La gente deve sentirselo dire prima che sia troppo tardi. Io ho aspettato tredici anni per essere libera.”

Esordisce così sui social la cantante, poco prima di disabilitare il suo profilo Instagram. Il suo obiettivo è proprio quello di sensibilizzare il suo pubblico riguardo il tema della salute mentale. “Non siete pazzi” è il messaggio che lancia alle persone che tutti i giorni si ritrovano a fare i conti con una sofferenza che viene da dentro.

Al contrario, spesso in queste situazioni i media non hanno fatto da buona scuola. Infatti, tra titoli sensazionalistici e poco dignitosi, il caso di Britney è una perfetta rappresentazione di quanto poco seriamente venga presa la questione della salute mentale. “Help Me” è il titolo che US Weekly dà a una copertina di quegli anni, accompagnata da una fotografia di Britney con la testa parzialmente rasata. E questo è solo uno degli esempi che simboleggia l’insensibile narrazione mediatica di cui Britney è stata vittima.

Responsabilizzare la società

Questo genere di narrazioni, in cui le malattie mentali vengono associate alla pazzia, non aiutano a responsabilizzare la società, che è la stessa creatrice delle vittime di questi disturbi. Condizioni psicologiche come la depressione, ad esempio, vengono percepite come dei malfunzionamenti individuali che provocano delle limitazioni nello svolgimento delle attività sociali. Si tratta però di patologie che non hanno una derivazione solamente biologica, ma soprattutto sociale. In altre parole, il disagio sociale non si autocostruisce, ma è frutto di una difficoltà dell’individuo nel relazionarsi con un contesto ricco di disuguaglianze e costellato da porte chiuse, accessibili solo attraverso l’aderenza a determinati standard.

I media dovrebbero essere in grado di superare queste gerarchie, e dare voce anche a chi in questo contesto sociale si sente più in difficoltà a raccontarsi. Il caso specifico di Britney Spears rappresenta una significativa presa di coscienza: diversi magazine si sono scusati per le parole rivolte alla cantante in passato, e molti altri ancora si sono schierati dalla sua parte nella lotta per la liberazione dalla tutela del padre. Ora ci si auspica che lo stesso trattamento venga riservato anche a tutti coloro che, nonostante non siano delle star internazionali, soffrono di altrettante condizioni psichiche difficili o debilitanti.

Fabio Cominelli

Autore: Fabio Cominelli

Abbandonando i poster di Mina e Raffella Carrà appesi nella cameretta a Bergamo, la città d’origine, Fabio si reca a Pisa per studiare. Qui, unendo la propria passione per la cultura popolare, e l’ardente necessità di dare una voce ai più inascoltati, grazie a RadioEco dà vita alla rubrica “RumorEco!”.

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