Pensieri (S)comodi – Che ruolo ha la scuola nelle nostre vite?

Buona Domenica e ben tornat* su Pensieri (S)comodi, la rubrica (s)comoda di Radio Eco. L’argomento che analizzeremo oggi è cosa viene a mancare nella scuola e/o nell’istruzione di tutti i giorni da parte dei nuclei scolastici.

Tutt* noi almeno una volta nella vita ci siamo ritrovat* a farci la domanda: Perché questo non ci è stato insegnato a scuola? Sono qui per cercare di analizzare ciò che dovrebbe essere fatto all’interno degli spazi scolastici partendo dal comportamento che ognuno di noi dovrebbe assumere quando ha a che fare con persona da formare e/o da educare.

Alessandro ricci, psicologo e psicoterapeuta, dice:

La scuola è, subito dopo la famiglia, la principale agenzia di socializzazione e formazione della personalità del bambino e del preadolescente. Il suo compito fondamentale è fornire gli strumenti necessari per crescere culturalmente, psicologicamente e socialmente

Spesso e volentieri, però, si va ad aggravare la situazione psicologica e sociale del bambino agendo in modo sbagliato.

Allora cosa dovremmo insegnare a scuola?

Non insegnare che nella vita è tutto una gara e che in fondo alla strada c’è sempre un premio che ci attende. Il più delle volte non è così, ma ci è sempre stato insegnato che se facciamo una cosa, qualunque cosa, in un determinato modo si riceva un premio. E gli altri che non sono riusciti a raggiungere la ‘metà’? Che fine fanno?

Spesso vengono declassati, vengono umiliati, etichettati come perdenti. A questo punto si apre un altro immaginario: che la vita si divide tra chi ce la fa e chi non ce la fa, tra vincitore e perdente. Quando non è così.

Ognuno ha il proprio modus operandi per percorrere la propria strada. Etichettandoli come perdenti non sanno che stanno agendo negativamente sulla psicologia del bimbo che si sentirà declassato in qualsiasi cosa faccia e in qualsiasi contesto si ritrovi e questo porterà a una serie di sfaccettature della vita che cerchiamo, invece, di non attivare o perlomeno di tenere sotto controllo la maggior parte del tempo.

Ci sarà sempre qualcuno più bravo di noi in qualsiasi contesto, in qualsiasi situazione ma non per questo ci deve essere tutto questo accaparrasi il grande premio alla fine della corsa. Dovrebbero, invece, insegnare come potremmo affrontare il momento in cui si sta correndo, aiutarci a scoprire i mille modi in cui lo potremmo fare perché non siamo tasselli da posizionare.

Da qui nasce un altro grande stereotipo che ci infliggono fin da quando siamo piccoli: l’idea che ognuno deve avere un posto preciso nella propria comunità. A posteriori questa può essere una cosa positiva ma rimane deleteria perché si entra in un loop dov’è difficile uscirne e dove ci si chiede se mai troveremo quel posto.

Questo non implica che l’individuo non debba porsi degli obiettivi personali o che non deve combattere per raggiungerli, il punto è che non deve farlo in base a ciò che la comunità si aspetta da quest’ultimo. Smettiamo di dire alle future generazioni che ci si aspetta grandi cose da ognuno di loro, è bene incentivarli ma non instillare ulteriori ansie.

Detto questo si arriva a fagiolo sul discorso che è stato fatto recentemente dal ministro dell’istruzione del merito Giuseppe Valditara:

Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella crescita della personalità

Questo si può benissimo collegare a tutto quello che è stato detto precedentemente. I punti da scardinare sono tanti ma tutto parte dalla retorica del premio, dove spesso attiviamo meccanismi di umiliazione rispetto all’altra persona con cui abbiamo a che fare e da lì, poi, si aprono tante piccole sfaccettature.

Se vogliamo entrare ancora più nel dettaglio prendiamo come esempio alcune materie che incontriamo molto spesso nel nostro percorso di studi:

  • Religione: dato che ci battiamo ogni giorno per essere più inclusivi possibili, è bene cha parta direttamente dalla scuola questa guerra anche solo mettendo all’interno di una materia come religione tutte le religioni possibili ed inimmaginabili per dare la possibilità di scegliere a cosa credere o a cosa non credere.
  • Storia: sfatiamo tutti quei falsi miti dei grandi eroi di guerre e rivoluzioni perché sì un cambiamento c’è senz’altro stato ma non facciamo solo vedere la superficie della situazione, facciamo vedere anche l’altra faccia della medaglia che molto spesso celiamo.
  • Educazione civica: questa non è propriamente una materia ma lo dovrebbe essere per capire come funziona il mondo dal punto di vista giuridico, politico ed amministrativo per avere più consapevolezza quando si è davanti a delle scelte concrete che riguardano tutti, nessun escluso.
  • Italiano: non c’è troppo da aggiungere se non una buona educazione al linguaggio per essere sempre più inclusivi e neutri possibile. L’italiano è una lingua tutt’altro che neutra ma con una buona educazione nel saper parlare e/o scrivere è possibile percorrere delle scorciatoie per poter formare un discorso più neutro possibile.
  • Educazione sessuale: anche questa non la si può definire una materia ma dovrebbe essere assolutamente attivata in tutte le scuole, però non presentando l’attività sessuale solo come un rischio di contrarre malattie e il rischio di gravidanze indesiderate dando poi la soluzione dei contraccettivi. Legge sacra da rispettare il più possibile ma scrolliamoci dalla testa che il sesso sia solo a fini procreativi perché è tanto, tanto, tanto altro e l’educatore deve spiegare anche le mille sfumature che esistono, ovviamente, essendo più inclusivo che mai.

Questi sono solo pochi dei tanti esempi che mi vengono in mente. In conclusione si può dire che la scuola ha un ruolo fondamentale nelle nostre vite, ci educa al domani ma se non ci educa nella giusta direzione è possibile che ci si perda perché non siamo pronti ad affrontare la vita vera e propria che non è quella che si prepara tra i banchi di scuola.


Irene: studentessa di discipline dello spettacolo e scienze della comunicazione, amante del letto, delle vestaglie in pile, dei gatti e delle tisane. 22enne solo sulla carta d’identità, in realtà vive nel corpo di una 60enne. Sempre pronta a far polemica per esporre la propria idea sul come dovrebbe girare il mondo. Immersa nelle sue cuffie per scappare dalla realtà che la circonda. Si ciba di cinema, arte, libri, musica e tanto altro, ma chissà perché finisce sempre per avere ancora fame.

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