
Daniel Kwan e Daniel Scheinert, sotto lo pseudonimo di Daniels, sono le folli e geniali menti dietro il capolavoro di Everything Everywhere All at Once. Il film, scritto, diretto e co-prodotto dai Daniels nel 2022, si è subito posizionato al primo posto negli incassi globali della casa cinematografica A24.
Si tratta di un complesso Sci-Fi drammatico, ma anche profondamente sarcastico. Uno zibaldone di generi e sentimenti che, con prepotenza, esige piena attenzione. Di grande rilievo la comicità di fondo che accompagna tutta la visione. Questa caratteristica rende meno faticosi i momenti cupi senza privarli della loro teatralità. L’umorismo è per la maggior parte quasi “demenziale”, un contro-bilanciamento ideale per una visione ricca di spunti ideologici.
Nel cast spiccano stelle come l’attrice protagonista Michelle Yeoh (Evelyn) e Jamie Lee Curtis (Deirdre).
- Durata: 140 min
- Paese di produzione: Stati Uniti d’America
- Casa di produzione: A24. AGBO, IAC films, Year of the Rat
- Lingua originale: inglese e cinese
- Genere: avventura, fantascienza (Sci-fi), commedia, azione, dramma
- Sonoro, HD, col.
- Costumi: Shirley Kurata
- Scenografia: Jason Kisvarday e Amelia Brooke
La pellicola si presenta come unione di tre parti, che si rivelano scomposizione del prolisso titolo.
Prima parte: Everything (tutto)
Seconda parte: Everywhere (ovunque)
Terza parte: All at Once (tutto insieme)
Ecco alcuni punti per orientarsi al meglio nella labirintica creazione firmata Daniels, ma senza spoiler:
- sinossi di Everything Everywhere All at Once
- tecnicismi
- dramma familiare e “ideale dell’ostrica”
- eterne interconnessioni
Sinossi di Everything Everywhere All at Once
Everything Everywhere All at Once tocca dei tasti molto dolenti attorno al tema della famiglia.
Evelyn e Waymond Wang sono sposati, ma il loro matrimonio non è dei più felici. Joy, la loro unica figlia, fatica a credere di dover difendere la propria omosessualità dagli occhi giudicanti ed indiscreti della “casa”. Gong Gong, padre di Evelyn, sembra non voler aprire gli occhi di fronte ad un mondo che si è evoluto nonostante la sua sedentarietà.
Evelyn sembra rinchiusa in una vita che le sta stretta, sotto ogni punto di vista. I problemi economici mettono a repentaglio la sua lavanderia ed il marito sembra sempre viaggiare su una lunghezza d’onda differente dalla sua. Come se non bastasse, suo padre, appena arrivato in America da Hong Kong, si pone come suo eterno polo di scontro.
In questo contesto, che già si presenta come caos in partenza, inizia il vero delirio. Evelyn scopre la presenza di infiniti universi paralleli, interconnessi tra loro. Ogni minima decisione genera un universo differente, un percorso alternativo, una versione alterata di ogni cosa o persona esistente. Grazie al Waymond dell’ “Alphaverse” (AlphaWaymond) capisce che il multiverso è in pericolo a causa di un’entità maligna: Jobu Tupaki.

Every rejection, every disappointment has led you here to this moment.
Alpha Waymond
(Ogni rifiuto, ogni delusione ti ha portato qui a questo momento.)
Nelle sue mani Evelyn tiene in equilibrio le sorti di infinite dimensioni del tempo e dello spazio. Senza aver compreso in fondo le ragioni della sua centralità in questa missione accetta l’incarico. La responsabilità dell’universo intero le grava meno come fardello piuttosto che la gestione del suo nucleo familiare.
Tecnicismi
- Montaggio: Paul Rogers
- Fotografia: Larkin Seiple
- Musiche: Son Lux
- Effetti speciali: Benjamin Brewer, Ethan Feldman, Jonathan Kombrinck e Zak STsaltz
Davvero sbalorditive sono luci, colori, fotografia ed effetti speciali.
Il direttore della fotografia Larkin Seiple è rinomato per la sua carriera nella cinematografica ma anche per il suo lavoro nei video musicali di famose pop-star. Lo stile drammatico ed intenso della fotografia di Everything Everywhere All at Once funge da ideale specchio per l’interiorità della famiglia Wang. La particolarità delle luci e dei colori risiede nei dettagli che caratterizzano gli universi differenti. La saturazione e il calore cambiano assieme al contesto spazio-temporale della protagonista. Rimane costante il tema del movimento delle diverse luci colorate, che dal verde al bordeaux incarnano ogni versione possibile dei personaggi.
Paul Rogers, responsabile del montaggio, rivela che i 140 minuti complessivi non corrispondo al progetto iniziale. Dal finale sono stati tagliati circa 30 minuti, per non perdere il focus centrale della vicenda. D’altra parte è semplice perdere il punto di quel che si vuole trasmettere con una trama così intricata.
Gli effetti speciali sono mozzafiato, a tal punto di credere davvero che in fondo, non sia tutto così assurdo.
Una grande menzione anche alla colonna sonora dei Son Lux, la band americana post-rock ed electronica. La musica proposta calza a pennello con le molteplici emozioni di tutta l’opera, alimenta la surreale sensazione di vivere il film in prima persona.
Dramma familiare e “ideale dell’ostrica”
Uno dei primi temi che coglie l’attenzione dell’osservatore è la profonda riflessione sull’unione e sul legame familiare. In Everything Everywhere All at Once viene analizzato a tuttotondo nelle sue minime sfumature.

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In primis c’è un focus sul rapporto coniugale della protagonista con Waymond.
L’uomo, incarnazione di genuina purezza, le dichiara di essersi arreso nella loro relazione. Il dolore trasuda fin dal fondo della sua gola mentre ammette di aver richiesto un divorzio. Evelyn pare essere sconvolta più dalla rottura della sacralità della loro promessa che dalla notizia stessa. Non si capacita di come si possa arrivare ad un gesto che, nella sua visione, è impuro e sbagliato. Ma le sorti del suo matrimonio sono continuamente messe in secondo piano da qualcosa molto più grande di lei.
Il rapporto che Evelyn ha con il padre invece è ancor più problematico. Entrambi sembrano essere eternamente intrappolati nel ricordo del passato. Gong Gong, fin troppo fedele alle sue radici cinesi, non compie alcuno sforzo per ambientarsi nel nuovo paese, a partire dalla lingua. Non mostra grande interesse verso i bisogni o i desideri della figlia o della nipote. Evelyn soffre instancabilmente un’amaro senso di abbandono da parte del padre. Infatti, seppur sia stata lei a lasciare il nido per volare nel paese delle opportunità, Gong Gong non l’ha mai appoggiata. Al momento della sua partenza, Evelyn desiderava solo un motivo per rimanere, una mano tesa verso di lei ad implorarla di non andare via. Questa meschina noncuranza la travolge con più violenza data la consapevolezza che niente di ciò che sognava si è avverato per il verso giusto.

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Ma il legame che tiene unito tutto il film è il più primordiale e istintivo: il legame madre-figlia. La giovane Joy è lontana anni luce dai restrittivi schemi mentali familiari. Con la madre trova sempre terreno fertile per la discussione, di ogni tipo. Evelyn, nell’ansia di dover bilanciare tutto quanto, finisce per perdere di vista l’unica persona che vuole solo la sua attenzione.
Il film ripercorre con dolcezza la fragilità dell’essere giovani e piccoli in un mondo fatto di grandi aspettative. Joy, nonostante i presuntuosi discorsi e le teatrali lotte rimane una bambina che ha bisogno della madre.
Eterne Interconnessioni
Tramite il viaggio pluridimensionale che l’osservatore compie assieme ai protagonisti impara una lezione: Evelyn, Joy e Waymond si sentono soli ed incompresi. Ognuno a modo proprio vive una solitudine dolorosamente silenziosa nella paura di disturbare l’altro.

Joy continua a ripetere che niente importa davvero (Nothing Matters), che ognuno di noi rappresenta una porzione millesimale di un tutto cosmico che supera ogni possibile aspettativa. Spiega che non contiamo nulla; eppure, il nostro dolore ci stanca, ci esaspera e ci fa venire voglia di lasciare andare. Il pensiero che niente conta ci fa pesare meno il fatto di aver “fallito” nella vita.
Evelyn d’altro canto dimostra che la figlia si sbaglia, che il dolore si affievolisce se diviso a metà, sofferto in compagnia. La donna capisce quanto sia preziosa ogni versione di ogni possibile universo. Capisce quanto siano tutte fondamentali per darsi senso a vicenda. Ogni persona, evento o sentimento esiste grazie al suo contrario, in eterno scontro dinamico. Nonostante la nostra immensa piccolezza abbiamo valore in quanto parte del tutto dell’universo. La nostra vita nel cosmo che conosciamo serve a dare senso a infiniti di mondi sconosciuti che—a nostra insaputa— si nutrono delle nostre mancanze.

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You are not unlovable. There is always something to love. Even in a stupid, stupid universe where we have hot dogs for fingers, we get very good with your feet.
Evelyn Quan Wang
(Tu non sei impossibile da amare. C’è sempre qualcosa da amare. Anche in uno stupido, stupido universo in cui abbiamo degli hot dog al posto delle dita, diventiamo bravi ad usare i piedi.)
Waymond rappresenta la certezza che in fondo al cuore non lascia mai il suo posto. Il messaggio che sprigiona come luce divina è quello della gentilezza, la più potente delle armi. Qualche volta l’unico modo di infrangere una muraglia di crudeltà è avere il titanico coraggio di mostrarsi vulnerabili. Essere eroi vuol dire anche accettare di non conoscere il senso del mondo ma sfidare comunque le sue sorti.
The only thing I do know is that we have to be kind. Especially when we don’t know what’s going on.
Waymond Wang
(L’unica cosa che davvero so è che dobbiamo essere gentili. Specialmente quando non sappiamo cosa stia succedendo.)

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Everything Everywhere All at Once insegna che, proprio perché niente ha senso, vale sempre la pena essere presenti per scoprire cosa succederà dopo.
…Riguardo al misterioso bagel citato nel titolo non resta che l’opzione di vedere il film per scoprirne di più. Buona visione!

Autrice: Eleonora Mastantuono
Approdata a Radio Eco come blogger per trovare una collocazione concreta a tutti i miei pensieri.
Collaboratrice per la rubrica “CinefiLife”, nella speranza di trasmettere una passione che arde di essere condivisa.
Come Guido dell’8 1/2 felliniano “Non ho proprio niente da dire. Ma lo voglio dire lo stesso.”