Perchè i personaggi transgender nei prodotti culturali sono sempre rilegati a ruoli loschi e perversi? Cerchiamo di comprendere la logica sociale che sta dietro a queste scelte in questo appuntamento con RumorEco. Ecco di cosa parleremo oggi:
- Rappresentazioni trans in Psycho
- Una realtà ribaltata: i dati
- La “mostruosità” trans
- In tempi più recenti…
Rappresentazioni trans in Psycho
Nel novembre del 1959 iniziano le riprese di Psycho, un film che rivoluzionerà per sempre il genere thriller e anche la rappresentazione dei personaggi transessuali nelle narrazioni mediali. Il grande classico di Alfred Hitchcock, infatti, contribuì ampiamente alla nascita di un’immagine stereotipata delle persone transgender, sviluppata successivamente da altri registi del cinema dell’orrore.
È interessante notare che in realtà Norman Bates, il serial killer del film, non è un vero e proprio personaggio trans, bensì un “crossdresser”, ossia un uomo che si veste con abiti socialmente considerati femminili. La confusione tra transessualità e travestitismo è il primo cliché che viene alimentato dalla pellicola, anche se l’errore è frutto di una più generale disinformazione sul tema regnante tra le generazioni precedenti alla cosiddetta “Gen Z”. Il termine travestito, infatti, non è in alcun modo sinonimo di transessuale: un uomo, omo o eterosessuale, che si traveste da donna e non è affetto da alcuna disforia di genere, nella maggior parte dei casi usa il travestimento come forma di espressione o, nel caso delle drag queen, a scopo di intrattenimento.
Assodato il fatto che agli occhi del pubblico Bates fosse un personaggio trans, l’altro aspetto anche più preoccupante di questa rappresentazione è l’associazione forviante che sembra delineare uno stretto legame tra squilibrio mentale e transessualità. Il personaggio del killer viene sviluppato da Hitchcock come una figura estremamente disturbata e afflitta da una sorta di conflitto di Edipo, che porta Bates a vestirsi con gli indumenti della madre.

Una realtà ribaltata: i dati
In questo caso, dunque, il mal interpretato travestitismo viene servito al pubblico come una conseguenza diretta dei problemi che affliggono la psiche del killer. Sicuramente questo genere di associazione, che diventa abbastanza ricorrente nell’industria del cinema, non giova o contribuisce in alcun modo alla normalizzazione della transessualità. Tantomeno la retorica rispetta la realtà dei fatti: nel 2022 solo negli Stati Uniti sono state uccise ben 32 persone transgender o gender non-conforming, mentre l’ultimo rapporto di Trans Murder Monitoring conta 327 morti in tutto il globo nello stesso anno.
I dati sono raccapriccianti, ma ci sono utili in questo contesto per ribaltare la visione che ci viene offerta dal mondo della finzione cinematografica. Non solo nel 1960, ma anche nel 2022 le persone transessuali non sono i killer, ma rientrano tra le categorie sociali più a rischio di subire atti di violenza. Allora perché i racconti mediatici ci presentano uno scenario diverso?
La “mostruosità” transgender
Probabilmente questo genere di narrazione è la conseguenza di un’educazione canonica, che ha indirettamente prodotto uno sguardo sul mondo guidato dagli imperativi del binarismo. Tralasciando il binarismo di genere, siamo stati abituati ad una visione dicotomica anche della sfera estetica: esistono il bello e il brutto.
Convenzionalmente il cattivo viene associato al brutto, al perverso. Basta guardare un qualsiasi film Disney per individuare un semplice schema meccanico: il protagonista è un eroe atletico o una principessa dal corpo talmente esile da poterla considerare ai limiti della buona salute. Il corpo degli antagonisti, al contrario, è un corpo grasso, mostruoso e dunque, almeno tradizionalmente, brutto.
Le identità transgender vengono incluse nella categoria degli antagonisti, e in questo caso dei serial killer, proprio a causa del loro corpo “mostruoso”. La “mostruosità” trans è in realtà solo un esito del nostro sguardo che, vittima dell’imperativo binario di cui si è parlato in precedenza, percepisce un’anomalia quasi disumana nel corpo ignoto delle persone transessuali.

In tempi più recenti…
Fortunatamente il travisamento dei personaggi trans nei media sta subendo dei mutamenti in tempi più recenti. In diversi prodotti culturali contemporanei si sta attuando un processo di inclusione e di normalizzazione di queste identità, che rende significativamente più empirica la loro rappresentazione.
Nella maggior parte dei casi le opere cinematografiche più moderne si stanno liberando dal macchinale modello di associazione tra psicopatia e transessualità. Questi sviluppi costituiscono un primo passo fondamentale verso la liberazione da stigmi e pregiudizi nei confronti di questa minoranza sociale.

Autore: Fabio Cominelli
Abbandonando i poster di Mina e Raffella Carrà appesi nella cameretta a Bergamo, la città d’origine, Fabio si reca a Pisa per studiare. Qui, unendo la propria passione per la cultura popolare, e l’ardente necessità di dare una voce ai più inascoltati, grazie a RadioEco dà vita alla rubrica “RumorEco!”.