“L’utero è mio e lo gestisco io!“
Buon mercoledì e ben tornati nella rubrica sul sesso e l’educazione sessuale di RadioEco: Rad(Y)oSex 2.0! Uno degli scopi di questa rubrica è quello di promuovere l’educazione sessuale, cosa che, spesso, viene meno nella quotidianità di ognuno di noi.
Nell’articolo di oggi non parleremo di preservativi o anticoncezionali, bensì ci occuperemo di un caso che ha fatto agitare l’Italia perbenista, oserei dire quasi bigotta.
L’accaduto
La protagonista è Francesca Guacci, una ragazza che negli ultimi 5 anni ha acquisito popolarità sui social, affermandosi come una fitness influencer.

Francesca Guacci ha deciso di sottoporsi a un’operazione all’utero che le ha asportato le tube uterine, impedendole quindi una gravidanza futura.
La ragazza ha spiegato che viveva nella costante paura di rimanere incinta e che neanche l’utilizzo di anticoncezionali serviva a placare la sua paura. Così, a 23 anni ha deciso di sottoporsi all’intervento di salpingectomia bilaterale.
I post riguardanti la sua storia cominciano ad occupare le home Facebook dei tipici italiani che si sentono in dovere di giudicare ogni cosa.
Sono stati diversi i giornali nazionali a raccontare del suo intervento, tra cui La Repubblica e FanPage.
Proprio sotto questi post, che condividono l’articolo pubblicato sulla pagina del giornale, si scatena l’ira degli utenti.
I commenti sono vari: alcuni condividono la scelta di Francesca, sottolineando che si tratta di una scelta propria; alcuni attaccano altri utenti; ma gran parte dei commenti contengono almeno un insulto verso la ragazza.
Tuttavia la sua storia è saltata fuori ben 5 anni dopo che l’operazione è stata compiuta, a causa della notorietà che Francesca Guacci sta acquisendo sui social. Probabilmente, se non avesse dedicato il suo tempo ai social media, la sua sarebbe stata un’anonima storia che avrebbe dato da parlare solo agli abitanti del paesino di Massanzago, in provincia di Padova.
Socialità delle questioni private
Il giudizio critico e l’attacco verso Francesca Guacci esprimono quello che molti vogliono negare: il fatto che l’utero di una donna non sarà mai del tutto suo.
Tutto ciò che si lega ai temi della gravidanza, dell’aborto, dell’infertilità, e in generale dell’avere o del non avere figli, non potrà essere una questione soltanto familiare, ma diventerà sociale.
Ogni persona, o per meglio dire ogni utente, a prescindere dalle sue esperienze si sentirà giudice delle scelte altrui. Spesso senza conoscere i fatti, i retroscena, i sentimenti e i dolori chi accompagnano determinate scelte, riducendo la sua conoscenza a un titolo clickbait letto di fretta.
Secondo alcuni Francesca Guacci ha rinunciato al suo essere donna, ma l’idea che una donna sia tale solo perché può e deve avere dei figli è antiquata e irrispettosa.
Coloro che danno dell’egoista alle donne che decidono di non avere figli, sono gli stessi che attaccano quelle che decidono di ricorrere a metodi come la fecondazione in vitro o l’utero in affitto per poterne avere uno.
I giudizi legati ad avvenimenti del genere si rivelano un fenomeno psicologico e antropologico unico, in cui tutti si sentono tirati in causa e credono di poter dire la propria opinione senza freni.
Quello di cui non ci rendiamo conto è che queste storie vengono raccontate per attirare del pubblico.
Di conseguenza, i commenti bigotti e perbenisti che popolano i post di Facebook e Instagram, altro non fanno che dare risonanza al fenomeno.
Riescono quindi a far girare ancor di più la notizia, facendo sì voi che altre le ragazze possano leggere della storia di Francesca e trarvi esempio.
La necessità di dire alla propria opinione – non richiesta – darà maggior eco alle storie che questi uomini e donne non vogliono far raccontare.
Qual è la lezione?
In questo secolo c’è la necessità di ridimensionare l’interesse pubblico per l’utero della donna.
Dobbiamo far sì che le decisioni riguardanti gravidanze e non, vengano tutelate e non lasciata alla mercé dei boomer ormai in pensione.
Questo non significa che le donne non possano raccontare sui social le loro decisioni, anzi! Può essere fondamentale per dare supporto a coloro stanno attraversando lo stesso periodo ma che non ne ricevono in famiglia.
Vi dovrebbe essere, però, un obbligo morale ed etico da parte dei giornalisti a tutelare il diritto di scelta della donna dinanzi all’odio gratuito (soprattutto se queste riguardano temi squisitamente personali come il proprio utero).
Non si tratta di censura, ma di un modo per far comprendere agli utenti di dover trattare i social come mondo reale.
Nessuno permetterebbe mai di attaccare una sconosciuta che sta raccontando delle sue scelte di vita, magari in un bar o nei corridoi di un ospedale.
Sui social manca un’educazione sessuale, ma soprattutto scarseggia un’etica e riguardanti il modo in cui queste notizie devono essere comunicate e commentate.

Autrice: Michela Berti
Ho 21 anni ma sento di essere rimasta ferma ai miei amati 18. Sono innamorata dell’arte e della scrittura, potreste chiudermi in un museo e non vedermi più uscire. Parlo di qualsiasi cosa, anche se cerco sempre una scusa per nominare Alberto Angela o i miei fervidi ideali femministi. Vorrei fare la scrittrice, ma anche la giornalista, e la divulgatrice, o la direttrice di un museo, e tante altre cose.