Rappresentazioni al femminile: il test di Bechdel

Oggi nella rubrica RumorEco cercheremo di comprendere in cosa consiste il test di Bechdel: perchè se ne parla e perchè viene tanto criticato? Nell’articolo tratteremo i seguenti punti:

“If You Like Art, Don’t Take the Bechdel Test”

Nel luglio del 2017 il critico cinematografico Kyle Smith pubblica un articolo sulla National Review dal titolo “If You Like Art, Don’t Take the Bechdel Test”. Nell’articolo, Smith, oltre a criticare pesantemente il “Bechdel test”, sostiene che le idee che stanno dietro ai film realizzati dalle donne siano soprattutto di natura romantica, e che per questo motivo non siano «abbastanza commerciali per gli studi di Hollywood».

L’articolo, ovviamente, ha scatenato milioni di polemiche sui social e non solo, ma per comprendere meglio di cosa stiamo parlando bisogna fare un passo indietro. Innanzitutto, cosa è il test di Bechdel?  

«Una battutina lesbica»

Nel 1985 la fumettista Alison Bechdel pubblica un fumetto che contiene quella che lei stessa definisce come «una battutina lesbica in un giornale alternativo femminista».

La “battutina” in questione viene enunciata da una delle due protagoniste della striscia, Ginger, mentre organizza una serata al cinema con l’amica Mo. Ginger premette che avrebbe acconsentito solamente alla visione di un film esauriente di alcuni presupposti ben specifici: nel film sarebbero dovuti essere presenti almeno due personaggi femminili che parlano tra di loro di un qualsiasi argomento che non riguardi gli uomini.

bechdel test
Il fumetto di Alison Bechdel (credits: Literary Hub)

Quella che nasce come una semplice battuta, finirà per diventare un vero e proprio metodo di valutazione della rappresentazione femminile nelle opere di finzione.

Grazie ai critici questo metodo negli anni si è evoluto, facendo nascere diverse versioni sempre più restrittive. In alcune di queste versioni è richiesto che i due personaggi femminili abbiano un nome, in altre ancora che le due figure intrattengano una conversazione dalla durata minima di un minuto. In ogni caso si tratta sempre di criteri che, nonostante sembrino banali, vengono spesso disattesi.

Bechdel al cinema

Il test di Bechdel ha iniziato così a prendere sempre più piede nel mondo della critica e, in particolare, in quello della critica cinematografica. È stato addirittura creato il sito https://bechdeltest.com/, che fornisce una lista costantemente aggiornata di film che vengono analizzati e decretati rispettosi o meno delle regole del test.

Nell’ambito cinematografico, i criteri di Bechdel hanno iniziato a godere di una credibilità tale che dal 2014 è stato sancito da Eurimages, il fondo del Consiglio d’Europa per la produzione cinematografica, che tali requisiti fossero necessari per stabilire il rispetto dei valori di uguaglianza di genere nei copioni di competenza del fondo.

Come accennato, però, sono molti i film che non superano il test. Tra i film inadempienti, ci sono anche dei capisaldi della cultura popolare.

Per fare un esempio basta esaminare la celebre trilogia del Signore degli Anelli: nei tre film, tra l’esuberante quantità di personaggi maschili, vengono presentate solamente tre figure femminili principali. Le tre donne, Arwen, Eowyn e Galadriel, peraltro non si incontrano mai durante quella che sembra un’interminabile trilogia, che nella sua versione più estesa conta quasi 12 ore di durata totali.

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Il Signore degli Anelli: Galadriel (credits: Nerd Movie Productions)

Qualità o quantità?

Dunque, quando Kyle Smith dice che se siamo amanti dell’arte non dobbiamo tener conto del test di Bechdel, ha ragione? Criticamente parlando, possiamo affermare che non esiste una risposta assoluta, ma che dipende dalle facoltà e dagli interessi di ognuno nel giudicare una pellicola, o un qualsiasi altro prodotto artistico.

Sicuramente è importante individuare i limiti del test: si tratta di un metodo empirico, ma che fornisce dati meramente quantitativi. Dunque il test non ci garantisce una sicurezza qualitativa in termini di contenuti sessisti o femministi veicolati da una determinata opera.

È altrettanto significativo riconoscere i meriti del medesimo metodo. Nella società attuale avere un’equa rappresentazione di genere nei prodotti mediali è un fondamentale punto di partenza per avere uno sguardo più bilanciato su di essa.

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(credits: Goalcast)

Quello che viene veicolato dai mezzi di comunicazione di massa dovrebbe essere un’adeguata rappresentazione della realtà. Una rappresentazione finalizzata a restituire al pubblico una possibilità di immedesimarsi nei messaggi trasmessi, indipendentemente dal proprio sesso.

Ponderare le modalità rappresentative è quindi il primo step di un percorso verso una maggiore uguaglianza. Quest’ultimo si deve però costruire anche attraverso innumerevoli altri strumenti, tra cui contenuti qualitativamente utili alla lotta femminista e contro al sessismo.


Fabio Cominelli

Autore: Fabio Cominelli

Abbandonando i poster di Mina e Raffella Carrà appesi nella cameretta a Bergamo, la città d’origine, Fabio si reca a Pisa per studiare. Qui, unendo la propria passione per la cultura popolare, e l’ardente necessità di dare una voce ai più inascoltati, grazie a RadioEco dà vita alla rubrica “RumorEco!”.

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