La pittura di Chagall nello spartito di Delilah Gutman
Di Tiziana Ovelli
La XXVI edizione del festival Nessiah. Viaggio nell’immaginario culturale ebraico volge al termine con gli ultimi due concerti presso Palazzo Blu e presso la Gipsoteca di Arte Antica dell’università di Pisa.
Iniziato lo scorso 27 novembre 2022, il festival ha proposto un ricco calendario di appuntamenti inerenti al tema Arte ebraica tra precetti e creatività portando su diversi palcoscenici della città di Pisa giovani artisti che hanno saputo rappresentare tessere della cultura ebraica per la composizione di questo ventiseiesimo mosaico artistico: “Così avremo uno spettacolo teatrale ispirato al libro dello scrittore israeliano Roy Chen “Anime” scritto appositamente per il festival da Annick Hemdin, e una Opera da Camera, “Il guanto nero“, ispirato alla vita di Marc Chagall, composta da Delilah Gutman che sarà eseguito in prima assoluta”.
“Il festival – spiega il direttore artistico Andrea Gottfried – è una finestra sulla cultura ebraica: presentiamo la ricchezza della cultura ebraica con concerti, spettacoli di teatro, presentazioni di libri, proiezioni di film”.

Creato nel 1997, il festival Nessiah vanta partecipazioni illustri nel panorama artistico: “Grandi artisti internazionali e giovani sperimentatori, celebrità affermate e talenti esordienti” per “la ricerca all’interno del patrimonio culturale ebraico in un progetto professionale di arte, cultura, spiritualità e divulgazione”.
L’intuizione di Andrea Gottfried, all’epoca esordiente pianista e direttore d’orchestra, si è implementata nel corso di questi anni in un punto di riferimento per l’avanguardia delle arti:
“Nessiah vuol dire viaggio – prosegue Gottfried – Abbiamo sempre inteso questo festival come un viaggio nell’immaginario culturale ebraico, un viaggio nel tempo e nello spazio. Le nostre proposte toccano le tradizioni ebraiche di diversi Paesi: la diaspora ebraica ha portato al sorgere di diverse comunità in centinaia di paesi sparsi per il mondo e ognuna di queste comunità in una sorta di processo osmotico ha assorbito anche le tradizioni locali sviluppando anche linguaggi diversi come per esempio l’Yiddish che era la lingua parlata nel Centro-Est Europa oppure il Ladino che è un misto di ebraico e giudeo-spagnolo che era parlato in Spagna e nel Nord-Africa”.
Opera inedita, Il guanto nero e lo spirituale nel sogno è stata la protagonista sul palco dell’Auditorium di Palazzo Blu a Pisa che, come commenta Gottfried, ”Il concerto è stato una anteprima assoluta commissionato ad una compositrice Delilah Gutman che ha realizzato una opera da camera intorno alla figura di Marc Chagall, nato da diversi incontri interrogandoci, sulla base della cultura ebraica, quale fosse l’argomento che avesse anche una pertinenza con Pisa. Abbiamo pensato a Chagall, autore preferito da entrambi. Abbiamo riscontrato, inoltre, che non c’è niente di musica classica e operistica attinente a Chagall. C’è anche un motivo simbolico, come abbiamo spiegato in conferenza stampa. Quando nel 2009 riapriva Palazzo Blu dopo il restauro, la prima grande mostra è stata proprio su Marc Chagall”.

L’incontro tra l’arte visiva e l’arte musicale si esplicita nella “idea musicale, cioè una composizione musicale”: “siamo partiti dall’opera di Chagall – interviene Delilah -: ci sono due dipinti che Chagall ha realizzato in un arco temporale molto lungo, uno di questi è il guanto nero iniziato nel 1923 e terminato nel 1948 e non è mai stato venduto. Chagall l’ha conservato quasi come fosse un diario sentimentale, un diario visivo di un percorso emotivo e nell’opera ci sono tanti elementi che evocano passaggi e radici della vita di Chagall. Siamo, quindi, partiti dall’opera di Chagall per raccontare una storia.
Marc Chagall e Bella Rosenfeld hanno già scritto nei loro libri, la loro vita in modo sublime. Ciò che poteva essere un sogno raccontato è proprio il loro giorno del matrimonio di cui non c’è traccia nei loro diari e nelle loro biografie. Partendo dal racconto di questo quadro di questi due sposi, noi abbiamo raccontato il giorno del loro matrimonio attraverso la voce del Badchen. Il Badchen è una sorta di poeta, trovatore, di cerimoniere nella tradizione ebraica aschenazita della quale appartenevano anche Marc e Bella”.
Il dipinto diventa uno spartito e la scrittura immagini acustiche: “La parte musicale e la parte scritta, il libretto – intercala Gottfried – è stata creata un po’ come la struttura di Chagall: il dipinto ha diversi elementi identificativi che presi singolarmente possono sembrare banali: un gallo, una testa di cavallo, un violino, un guanto nero, però poi combinati all’interno del quadro creano un effetto pazzesco! Delilah ha realizzato una musica molto piacevole all’ascolto i cui elementi sembrano abbastanza semplici, quando poi si ascolta l’intero mosaico musicale si percepisce che la composizione trascende l’elemento e crea qualcosa di mistico”.
Si tratta di un lavoro articolato con diversi personaggi di cui Gottfried chiarisce i vari ruoli:
“Il Badchen è il maestro cerimoniere, tipico delle Comunità ebraiche dell’Est Europa che accompagnava la famiglia della sposa, dello sposo e gli sposi stessi lungo tutto l’arco della giornata annunciando il matrimonio, declamando dei versi, una sorta di menestrello e, nell’opera, è la voce recitante. Tale figura è interpretata da Fabio Midolo, Bella, la sposa, è il soprano Anna Chierichetti e Marc, lo sposo, è il baritono Daniele Girometti. Il testo narra l’intera giornata non in senso cronologico, ma racconta le emozioni, le sensazioni, il contesto storico”.
Guardare il dipinto e vedere la tradizione ebraica del “gesto dei testimoni che reggono ciascuno una sorta di colonna, di palo, che sono i quattro bastoni che reggono un baldacchino e rappresenta la casa. Un altro gesto simbolico è la rottura di un bicchiere che ha due significati: è un bicchiere nuovo da cui bevono solo gli sposi e viene rotto affinchè nessun’altro possa bere con quel bicchiere; la rottura del bicchiere è anche metafora della distruzione del Tempio di Gerusalemme e ricordare la diaspora ebraica” ed anche ballare con “la danza con la quale la madre saluta la figlia come gesto di distacco dalla famiglia di origine per creare una famiglia propria. L’opera però, lo sottolineo, (Gottfried) non è didascalica: cerca di raccontare con le voci dei personaggi questa giornata e il contesto storico in cui si svolge”.
Il giorno del matrimonio, una tradizione narrata con melodie che accarezzano la tradizione della musica klezmer e creano un tessuto sonoro di armonia e di contrappunto in cui gli strumenti musicali diventano voci: “è un ensemble cameristico – prende la parola Gottfried – il clarinetto è uno strumento molto comune nella tradizione ebraica dell’Est Europa che caratterizza, per esempio, la musica Klezmer ed ha il ruolo di sostituto della voce all’interno della musica ebraica; il violoncello è, secondo noi, lo strumento musicale con il maggiore spettro espressivo e che quindi risponde alla nostra idea di un ensemble con più colore possibile. E’stata una scelta di colori”.
I colori del dipinto sembrano apparire nei suoni e nelle parole del testo come il blu cangiante dell’abito dello sposo, il bouquet di fiori blu, il verde dello specchio, del tappeto, degli shtetl, l’azzurro dei fiori di campo, l’abito di taffetà vinaccia della madre della sposa con un ramo in oro, l’abito bianco della sposa, i guanti neri e un sorriso illumina il viso di Delilah.
La spiegazione continua:
“Mi sono ispirata ai testi di Bella e Chagall soffermandomi sui particolari come il verde della casa del padre di Bella dove si trova lo specchio verde che riflette la luce verde, il tappeto verde, il verde percorre tanti dipinti di Chagall come, per esempio, la passeggiata dove lui tinge di verde il paesaggio, il villaggio, lo shtetl che diventa evocativo di una sua connessione con la natura”.
Qui aggiunge: “Nell’arte visiva il colore tesse una relazione tra lo spazio e il tempo esplorando la dimensione della relazione ho lavorato sulla relazione nella musica e quindi sui parametri del suono come il timbro, le altezze, la durata e l’intensità che crea sfumature che danno voce alle emozioni. E’ stato importante anche l’intreccio di materiali che provengono da una esperienza nella musica colta legata ad una ricerca di avanguardie attraversate e il legame con la musica popolare non solo ebraica con la necessità e l’urgenza della trasmissione orale, della simbologia chiara e netta affinchè un linguaggio sia diretto”.
Tiziana Ovelli