Buon mercoledì e ben tornati nella rubrica sul sesso e l’educazione sessuale di RadioEco: Rad(Y)oSex 2.0! Nell’articolo di oggi, faremo un salto nel passato di circa due millenni. Torna su questa rubrica, l’eros nella Roma antica! Nei prossimi paragrafi parleremo dell‘Ars amatoria, un poemetto scritto da Ovidio, che ci descrive le tecniche per conquistare un uomo, una donna e un amante!
Ci addentreremo nei gruppi culturali dell’antica Roma, tra le strade della Roma ai tempi di Augusto, per incontrare uno degli autori più famosi: Publio Ovidio Nasone.
Prima di abbandonare la lettura, non siete curiosi di scoprire un testo con consiglio per amare? Per altro, scritto da uno degli autori più famosi della letteratura latina?
L’articolo sarà così suddiviso:
- Qualche informazione biografica
- Ars Amatoria
- Divisione dei libri
- La metafora della caccia
- La donna nella letteratura di Ovidio
- La fortuna dell’opera
Qualche informazione biografica
Ovidio nasce il 20 settembre del 43 a. C. a Sulmona. Si trasferisce a Roma ed entra nella scuola di retorica di Arellio Fusco e Porcio Latrone.
A Roma non tenta la carriera politica e pubblica, ma dedica la sua vita alla letteratura; entrando nella cerchia di Messalla Corvino.
Raggiunge la notorietà con la pubblicazione degli Amores, una raccolta poetica in versi elegiaci, pubblicata all’età di venticinque anni.
La pubblicazione dell’Ars Amatoria lo porta alla notorietà, riesce a guadagnarsi una certa fama tra il pubblico.
A differenza di altri artisti, notiamo una certa indipendenza dalla famiglia imperiale e non ricercava la protezione dei potenti.
Raggiunto l’apice del successo, mentre stava lavorando alle Metamorfosi e ai Fasti, venne condannato dall’imperatore Augusto alla relegazione, un esilio che consentiva il mantenimento dei beni e della cittadinanza.
La causa ufficiale dell’esilio riguardava l’opera dell’Ars Amatoria, la quale avrebbe istigato le donne all’adulterio, colpa censurata da una serie di leggi di carattere morale emanate da Augusto nel 18 a. C.
Probabilmente, la vera ragione dell’esilio si riferisce alla partecipazione di Ovidio a uno scandalo che coinvolse la famiglia imperiale.
Morì a Tomi, senza mai poter tornare a Roma, nel 17 o nel 18 d. C.
Ars Amatoria
Conosciuta anche con i titoli Ars amandi o De arte amandi, viene pubblicata tra l’1 a. C. e l’1 d. C.
L’opera si divide in tre libri e ha come obiettivo quello di impartire gli insegnamenti necessari dell’arte della seduzione.
Ovidio si trasforma in un magister d’erotismo o praeceptor amoris, sfruttando la sua esperienza di poeta e d’amante.
Il trattato non ha un destinario specifico, ma Ovidio sottolinea chi sono coloro che non possono leggerlo: lo fa indicandone il vestiario.
Queste sono le vestali o le fanciulle vergini. Ovidio cita anche l’insita, un indumento che veniva indossato solo dalle matrone, le donne sposate.
Ovidio si rivolge quindi a tutte le donne libere, sia giovani che adulte.
L’opera è divisa in tre libri, ognuno dei quali trattava un diverso argomento.
L’ultimo libro era forse legato al progetto dei Remedia Amoris, una composizione sui rimedi per riuscire a dimenticare una delusione amorosa.
L’utilizzo del distico elegiaco, metro utilizzato nella poesia amorosa, caratterizza l’essenza stessa dell’opera.
La divisone in libri
- Libro I: Il poeta ricevere l’incarico da Venere, aiutando il lettori a vendicarsi delle ferite inferte da Cupido. Consiglia i luoghi di Roma dove è più facile catturare le prede, come i portici o i fori.
- Libri II: Qui, dopo aver catturato la donna, Ovidio dà dei consigli su come mantenere il rapporto. Bisogna essere amabili (ameris amabilis), evitando le liti o mostrarsi sempre disponibili. Solo una volta consolidato il rapporto, l’uomo potrà permettersi qualche libertà.
- Libro III: Ovidio si rivolge alle donne, dandogli consigli su come giocare ad armi pari con gli uomini. Le mette in guardia dai trucchi e spiega le cautele da usare di fronte alle promesse maschili.
Ogni libro si conclude con alcune pratiche sessuali più convenienti in ogni occasione.
La metafora della caccia
Ovidio utilizza un lessico che riprende termini tecnici legati alla caccia.
Il poeta suggerisce agli amanti di individuare e catturare le prede, tendendo reti e trappole.
L’innamorato si muove come un cacciatore che deve studiare le abitudini della sua preda, cogliendo le occasioni migliori per catturarla.
Spesso i rapporti tra uomini e donna sono descritti come ostili, che combattono con delle armi specifiche dei propri sessi.
La donna in Ovidio
Nonostante non possiamo definire Ovidio come un protofemminista, il ruolo della donna assume un certo rilievo nell’opera.
D’altra parte, però, la posizione femminile non è sicuramente paritaria a quella dell’uomo.
Le donne – sottolinea Ovidio – hanno gli stessi desideri degli uomini, ma li tengono nascosti.
Continua mettendo in luce il ruolo della vittima attribuito alla donna, ruolo da cui lei trae beneficio e soddisfazione.
Le donne, però, sono anche delle abili ingannatrici; sono loro che dispongono delle armi e delle trappole nell’ultimo libro.
La fortuna dell’opera
L’opera trovò molta fortuna nel Medioevo, riuscendo a sfuggire allo stretto controllo della Chiesa.
Lo scritto fu d’ispirazione per i Canti Carnascialeschi di Lorenzo de’ Medici e per il Cortegiano di Baldassar Castiglione. Ma anche per la poesia barocca di Gian Battista Marino.



Autrice: Michela Berti
Ho vent’anni ma sento di essere rimasta ferma ai miei amati 18. Matricola sia di Radio Eco che dell’Unipi, sono innamorata dell’arte e della scrittura, potreste chiudermi in un museo e non vedermi più uscire. Parlo di qualsiasi cosa, anche se cerco sempre una scusa per nominare Alberto Angela o i miei fervidi ideali femministi. Vorrei fare la scrittrice, ma anche la giornalista, e la divulgatrice, o la direttrice di un museo, e tante altre cose.