Nell’appuntamento di oggi con RumorEco parleremo dell’intreccio storico tra il cinema, le rappresentazioni omosessuali, e i vari media, partendo dal lontano Ottocento e dai primi progetti sperimentali di Thomas Edison e il collaboratore Dickson. In questo articolo troverai:
- Il kinetoscopio: un nuovo occhio del cinema
- Un valzer, due uomini
- La vera motivazione di Dickson
- Media, società e contraddizioni
Il kinetoscopio: il nuovo occhio del cinema
Catapultiamoci un’altra volta indietro nel tempo: è il 1888, quando l’imprenditore e precursore del cinema Thomas Edison, progetta un apparecchio che a suo dire avrebbe fatto “per l’occhio ciò che il fonografo fa per l’orecchio“.
Al suo collaboratore, William K.L. Dickson, viene affidato il compito di trasformare l’invenzione di Edison in realtà. La realizzazione di questa innovazione, il kinetoscopio, avviene negli studios del Black Maria, ovvero il primo studio cinematografico americano. Si tratta dello stesso studio dove qualche anno dopo, nel settembre del 1894, Dickson inizierà a girare uno dei cortometraggi più rivoluzionari della storia: il Dickson Experimental Sound Film.

Un valzer, due uomini
Oltre ad essere il primo cortometraggio con sonoro registrato dal vivo, al progetto vengono attribuiti un’altra serie di primati: alcuni lo vedono come il primo film gay, altri addirittura come il capostipite dei video musicali.
Il film infatti, concluso nell’aprile del 1895, mostra due uomini che ballano un valzer insieme, accompagnati dalla melodia del violino che Dickson sta suonando accanto ad un corno per cilindro fonografico, ovvero il primo mezzo per la registrazione del suono.
Si tratta di un chiaro tentativo di Dickson di connettere il fonografo al kinetoscopio, e quindi una lungimirante previsione di quello che sarà lo stretto legame che ad oggi unisce l’immagine in movimento, il cinema e l’industria della musica.
È interessante dunque analizzare questa connessione che si sviluppa sin da quella che potremmo definire come la nascita dei nuovi media, e che connette non solo diverse tipologie di mezzi espressivi, ma anche persone e identità diverse. È altrettanto curioso notare come gli stessi uomini danzanti protagonisti del cortometraggio di Dickson, probabilmente nemmeno un secolo dopo sarebbero stati motivo di grande scandalo, se non addirittura la causa della censura del film al cinema.
La vera motivazione di Dickson

Probabilmente Dickson nella realizzazione del cortometraggio non aveva nessun intento ideologico. Ci troviamo pur sempre negli anni Novanta dell’Ottocento, e la rappresentazione di due uomini che ballano il valzer non ha alcuna valenza sovversiva.
La seconda metà dell’Ottocento, infatti, è il periodo in cui il termine “omosessuale”, coniato in Germania nel 1869 e poi introdotto in Inghilterra nel 1892, inizia a diffondersi, sostituendo il più utilizzato appellativo di “deviato”. L’omosessualità non era comunque vista positivamente. Negli stessi anni la medicina iniziò a interessarsi al fenomeno, interpretato dalla maggioranza come una vera e propria patologia o malattia mentale.
Visto il contesto, dunque, possiamo concludere che il corto può apparire più che omosociale solo agli occhi consapevoli di un contemporaneo. Al tempo si trattava probabilmente di una situazione andatasi a creare dalla mancanza di donne nello studio di Edison. È proprio per questo motivo che questo genere di rappresentazione, al tempo, probabilmente non ha suscitato nessuna interpretazione che potesse ricondurre al tema dell’omosessualità.
Media, società e contraddizioni
A questo punto sorge spontaneo chiedersi: se nel 1894 potevano passare inosservati due uomini che ballano insieme, perché oggi al cinema una buona parte del pubblico li avrebbe visti con occhi diversi?
Questa domanda diviene l’emblema delle contraddizioni che caratterizzano la storia dell’evoluzione sociale. Un’evoluzione che si compone di strutture che reindirizzano lo sguardo della società verso un pensiero maggioritario che, ovviamente, si riversa sui media, plasmandone i contenuti e il loro modo di ritrarre la realtà e le identità che la abitano.

Autore: Fabio Cominelli
Abbandonando i poster di Mina e Raffella Carrà appesi nella cameretta a Bergamo, la città d’origine, Fabio si reca a Pisa per studiare. Qui, unendo la propria passione per la cultura popolare, e l’ardente necessità di dare una voce ai più inascoltati, grazie a RadioEco dà vita alla rubrica “RumorEco!”.