Buon mercoledì e ben tornati nella rubrica sul sesso e l’educazione sessuale di RadioEco: Rad(Y)oSex 2.0! Nell’articolo di oggi vedremo alcuni metodi primordiali anticoncezionali, scopriremo come i nostri avi operavano per evitare gravidanze indesiderate.
Se per alcuni ancora oggi i preservativi, la pillola anticoncezionale oppure l’anello – di cui abbiamo già parlato qui – sono un fastidio, i nostri antenati spesso non amavano il brivido del sesso non protetto.
La storia della contraccezione ha attraversato varie fasi fino a raggiungere i metodi farmacologici, naturali e “meccanici” di oggi.
Anticoncezionali nell’Antico Egitto
Nella terra del Nilo, vi erano quattro metodi prediletti per evitare gravidanze indesiderate:
- Nel primo caso, si utilizzava del tessuto organico di animale per costruire una sorta di preservativo rudimentale
- Al secondo posto abbiamo l’inserimento di un pezzo di tessuto tra il glande e la vagina
- Al termine del podio abbiamo un miscuglio di acacia, miele e datteri in cui veniva imbevuta una mollica di pane poi inserita nella vagina, probabilmente con qualche funzione spermicida
- All’ultimo posto troviamo dei pessari fatti con feci di coccodrillo

Foto: © Wellcome Trust
Anticoncezionali in Grecia e presso altri popoli
Della Grecia, Plinio il Vecchio ci racconto dell’uso di una pianta ormai estinta, il silfio (parente del finocchio), che sembrava avere delle proprietà anticoncezionali. La pianta era originaria di Cirene.

Oggi non sappiamo con esattezza di che pianta si trattasse, dato che lo sfruttamento l’ha fatta scomparire già nei primi secoli dopo Cristo. Probabilmente era una pianta del genere Ferula, una specie di finocchietto selvatico. In particolare potrebbe trattarsi di asafoetida che, in laboratorio, ha effettivamente dimostrato un’azione di inibizione del progesterone, indispensabile per l’annidamento dell’uovo fecondato. Crediti: Focus.it
In Cina, la donna beveva un bicchiere d’acqua in cui veniva diluito una goccia di mercurio. Sicuramente ciò avrebbe reso più semplice la morte della donna, piuttosto che evitare una gravidanza.
Alcune donne indiane delle tribù indigene del Nord America, utilizzavano piccole dosi di cicuta. Mentre in Paraguay la Stevia rebaudiana veniva fatta essiccare, ridotta in polvere e poi diluita in una sorta di infuso che avrebbe assicurato la sterilità.


Possiamo ben capire come gli infusi a base di varie erba, erano il metodo contraccettivo prediletto dalle donne.
Mentre nel Medioevo, ispirato dall’antico Egitto, cominciavano a essere prodotti i primi profilattici. Il materiale era l’intestino animale – capra, pecora o agnello. Prima di essere usato, però, doveva essere inserito nell’acqua per ammorbidirne il materiale.
Un altro metodo era il pressario, un anello in gomma che veniva inserito nella vagina assieme a qualche sostanza acida, con funzione spermicida.
Il viveur Casanova: un nuovo metodo anticoncezionale
Un metodo singolare, venne introdotto dal famoso personaggio di Giacomo Casanova.
Agli inizi del Settecento, soprattutto a Venezia, comincavano a circolare nuove tipologie di preservativi: in lino trattato con sostanze chimiche o con delle pelli (dalla vescica o dall’intestino ammorbidito con zolfo).
Casanova, per evitare l’arrivo di possibili eredi, era solito soffiare dentro i profilattici e gonfiarli, per assicurarsi che essi non fossero bucati (Storia della mia vita)
Ma prima dell’arrivo di questi preservativi, sembra che che il veneziano facesse inserire alle sue amanti mezzo limone nella vagina, affidandosi all’acidità del succo come anticoncezionale.

credits: https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_profilattico
La svolta avviene nel 1920, quando la Youngs Rubber Company produce il primo preservativo in lattice. Nel 1923 la London Rubber Company comincia a produrre preservativi in lattici su larga scala, sotto il marchio Durex.
La storia della contraccezione femminile subisce una rivoluzione nel 1951, quando il chimico Carl Djerassi, sintetizza la molecola del noretisterone in un laboratorio di Città del Messico.

Autrice: Michela Berti
Ho vent’anni ma sento di essere rimasta ferma ai miei amati 18. Matricola sia di Radio Eco che dell’Unipi, sono innamorata dell’arte e della scrittura, potreste chiudermi in un museo e non vedermi più uscire. Parlo di qualsiasi cosa, anche se cerco sempre una scusa per nominare Alberto Angela o i miei fervidi ideali femministi. Vorrei fare la scrittrice, ma anche la giornalista, e la divulgatrice, o la direttrice di un museo, e tante altre cose.