Rad(Y)oSex 2.0: perché non riusciamo ad accettare le mestruazioni?

Buon mercoledì e ben tornati su Rad(Y)oSex 2.0, la rubrica sul sesso e l’educazione sessuale di RadioEco. L’argomento protagonista dell’articolo di oggi, è ben noto a circa la metà della popolazione mondiale: le mestruazioni.

Tra le donne che le odiano per i dolori che comportano e quelle che le attendono con ansia per scongiurare sorprese non volute, st ratta di un fatto all’ordine della quotidianità.

Eppure, sia uomini che donne, faticano ancora ad accettarle.

Possiamo parlare di un vero e proprio tabù: chi si imbarazza a parlarne con gli amici, studentesse che nascono l’assorbente nelle profondità degli zaini, chi si disgusta solo a sentirle nominare.

A cosa è dovuta questa paura del ciclo mestruale? Perché non riusciamo a parlare di un qualcosa che è parte dell’umanità stessa?

Da ormai millenni, gran parte dei pregiudizi sulle mestruazioni derivano proprio dalle religioni:

  • Il Corano, nella Sura al-Baqarah Versetto 222, parla delle mestruazioni in queste termini: E ti chiedono della mestruazione. Di’: “Essa è una sofferenza. Evitate dunque {di giacere con} le vostre donne durante il ciclo mestruale e aspettate che si purifichino prima di giacere con loro. Quando poi si purificano, accostatele nel modo in cui Allah vi ha prescritto”. In verità, Allah ama coloro che si pentono e ama coloro che purificano {se stessi}.
  • Anche la religione ebraica, nella Torah il Levitico, decreta che gli uomini non possono avere rapporti sessuali con le donne, ritenute impure, durante il niddah (Levitico 18-19), poiché gli uomini sarrebbe anch’esse considerati impuri fino alla fine del tramonto (Levitico 15-19)
  • Anche nel cristianesimo e nella Bibbia, l’impurità legata al ciclo mestruale viene ribadita.

Sotto l’aspetto religioso, non solo una donna che attraversa i giorni della mestruazione viene considerate impura, non degna del marito o dell’uomo, ma viene ulteriormente isolata.

La mestruaizone è il mezzo tramite cui Dio punisce la donna, non la rende degna di sé, e ciò ne acuisce l’isolamento.

La religione utilizza la biologia per sottomettere le donne. Facendole apparire sporche non solo al suo cospetto, ma anche a quello della famiglia e della società, rendendo un processo fisiologico una punizione divina.

Ma se la religione è andata scomparendo in questi decenni, lasciando il posto alla scienza, perchè ancora non riusciamo ad accettare un fatto biologico come le mestruazioni?

L’arrivo del menarca (la prima mestruazione) è un misto tra felicità e vergogna.

Gli assorbenti vengono nascosti nelle tasche, mentre le ragazze attraversano i corridoi scolastici, quasi come se fossero delle armi.

Quell’imbarazzante perbenismo sui social, in cui la parola “mestruazione” o “ciclo”, viene sostituita da “sono in quei giorni” oppure “mi sono arrivate”. Quasi come se una fetta di pubblico si potesse scandalizzare, se venisse utilizzato il termine corretto.

Il tono della voce che si abbassa, se al bar con gli amici cominciamo a parlare dei dolori che proviamo oppure del tipo di assorbente che utilizziamo. Ovviamente non è interesse altrui, ma perché non abbiamo la stessa sicurezza e trasparenza come quando parliamo di altri mille argomenti?

Viviamo in una società in cui avere le mestruazioni è un lusso, dall’IVA del 22% sugli assorbenti al privilegio di poter stare a casa se i dolori mestruali ci impediscono di vivere.

Proprio come qualsiasi altro bene di lusso, il “ciclo” rimane un qualcosa di cui vergognarsi, di immondo, di sporco.

Anche il dolore legato a esso, non può far male. Per gli altri, i crampi allo stomaco o l’indolenzimento dei muscoli non possono essere “vero dolore”. Non si può soffrire per le mestruazioni.

mestruazioni
Credits

Autrice: Michela Berti

Ho vent’anni ma sento di essere rimasta ferma ai miei amati 18. Matricola sia di Radio Eco che dell’Unipi, sono innamorata dell’arte e della scrittura, potreste chiudermi in un museo e non vedermi più uscire. Parlo di qualsiasi cosa, anche se cerco sempre una scusa per nominare Alberto Angela o i miei fervidi ideali femministi. Vorrei fare la scrittrice, ma anche la giornalista, e la divulgatrice, o la direttrice di un museo, e tante altre cose.

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