A passo di natura: una chiacchierata con Giuseppe Carrino

Il caldo a dir poco anomalo di queste ultime giornate di ottobre ci dovrebbe far ricordare, per l’ennesima volta, come il naturale equilibrio del nostro Pianeta sia a dir poco fragile. La responsabilità quasi esclusiva di questa repentina trasformazione di cui stiamo iniziando solo ora a realizzare le conseguenze si deve, manco a dirlo, all’essere umano.

Ma se da una parte le piccole azioni quotidiane della maggior parte di noi contribuiscono silenziosamente a mandare avanti un sistema consumistico che pare sempre più insostenibile, dall’altra c’è chi della salvaguardia della natura e della diffusione della cultura naturalistica non ne fa semplicemente una passione, bensì un lavoro. È il caso di Giuseppe Carrino, tra le più giovani guide escursionistiche ambientali d’Italia.

RadioEco ha avuto il piacere di scambiarci quattro chiacchiere pochi giorni fa.

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Giuseppe, la prima domanda non può che essere: che cosa ti ha spinto a diventare guida ambientale?

Beh, la passione per la natura ce l’ho avuta sin da piccolo e diventare guida ambientale mi è sembrata solo una conseguenza legittima di quanto coltivato per anni. C’è da dire poi che crescere in un piccolo borgo incastonato fra le montagne molisane, con la natura letteralmente a portata di mano, non ha fatto altro che alimentare ulteriormente il mio amore per l’avventura. E, ultimo ma non meno importante, ho avuto e ho tuttora alle spalle una famiglia che ha sempre appoggiato questo mio interesse.

Quale credi che possa essere al giorno d’oggi il ruolo della tua figura a favore del clima?

Quello che io e tutte le altre tremila guide ambientali ed escursionistiche italiane iscritte all’AIGAE (che sta proprio per Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, qui il sito) ribadiamo sempre a coloro che ci seguono lungo i sentieri più disparati è di iniziare a fare qualcosa già nel loro piccolo, nella vita quotidiana.

Ovviamente le decisioni politiche a livello nazionale, europeo e mondiale sono (o meglio, dovrebbero essere) le linee guida da seguire e mettere in atto su larga scala per arrestare quanto prima l’avvelenamento che, tacitamente, l’essere umano sta mettendo in atto nei confronti della Madre Terra. Il fatto è che noi uomini realizziamo il disastro commesso solo quando ci viene sbattuto in faccia, davanti ai nostri occhi.

Alle volte anche a duemila e più metri di quota, dove pensiamo che la natura possa essere ancora incontaminata, incontro ahimè percorsi ricchi di rifiuti. Ed è proprio in quell’istante che posso notare negli occhi di chi mi segue lo sdegno e la voglia di agire.

Ma sappiamo benissimo che non possiamo aspettarci che qualcuno ci faccia vedere in prima persona il buco dell’ozono, o ci porti nel bel mezzo del Pacifico a vedere gli arcipelaghi di plastica, o magari ancora di assistere a un incidente di una petroliera per rimboccarci le maniche. Spero quindi che il mio lavoro, la mia passione, possa sensibilizzare i cittadini e accendere in loro quel senso civico per attivarsi in questa direzione.

Ecco, ora che ci penso, forse molti non sanno nemmeno che esista la tua figura lavorativa: che cosa fa esattamente una guida escursionistica?

Purtroppo sono ancora poche le persone che sanno dell’esistenza delle guide escursionistiche. Spesso inoltre si fa confusione fra guide escursionistiche e guide turistiche. Chiariamoci: la base della preparazione è grossomodo la stessa, ma la guida ambientale è formata anche e soprattutto per conoscere e saper descrivere l’ambiente che ci circonda, anche quello mai visto prima e che si analizza a colpo d’occhio, per la prima volta. La guida turistica è invece pensata come vero e proprio cicerone (senza ovviamente sminuirne il valore!) per visite a luoghi come possono essere i musei o anche in eventi particolari (mi vengono in mente le giornate del FAI).

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Chiaro. Ovviamente però il tuo è un lavoro, per quanta passione in esso tu possa metterci. Quali sono i pro e i contro di essere una guida escursionistica?

Beh, il mio punto di vista è davvero troppo, troppo impregnato di passione! Avere per lavoro quello che si è sempre sognato di fare mi fa ancora scendere un brivido lungo la schiena. Diffondere la cultura della natura e vedere l’entusiasmo di persone di tutte le età per i paesaggi che io ho fatto scoprire loro, di tutte quelle minuscole piantine a bordo strada di cui li ho fatto notare l’esistenza e l’essere ringraziato per questo, è un qualcosa che mi ripaga enormemente da un punto di vista emotivo. In termini più pragmatici poi, il mio è un mestiere assolutamente autonomo: il gestirsi da sé è un grande punto a favore del lavoro a mio avviso.

Certo, di contro questo implica spesso poco tempo libero a disposizione e quando le condizioni metereologiche non lo consentono, uscire è
praticamente impossibile. Cosa che, purtroppo, significa non portare a casa la pagnotta. In questo senso, lo Stato dovrebbe tutelare maggiormente la nostra professione che, torno a ripetere, è di fondamentale importanza per la sensibilizzazione nei confronti della natura.

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Come si creano dei percorsi naturalistici?

Tutto parte dai sopralluoghi, dall’analisi dei sentieri della zona, non necessariamente con cartine: anche strumenti come Google Maps, che evidentemente non ci indicano solo l’orario della prossima corsa del bus, vanno più che bene. Ovviamente i potenziali percorsi da sviluppare sono da adattare alle esigenze del pubblico che si vuole intercettare.

Infatti, la fascia d’età delle persone che mi sono trovato a guidare va da quella dei più piccoli a persone in pensione già da diversi anni. Inoltre, indipendentemente dall’età, un fattore chiave è quello dell’allenamento del singolo soggetto, che fa tutta la differenza del mondo. I percorsi che una guida AIGAE può proporre spaziano da un placido sentiero turistico (T), dal dislivello quasi assente e su fondo battuto per un massimo di 3 ore di uscita, fino ad arrivare a un percorso per Escursionisti Esperti (EE) con 600 o più metri di dislivello, fondo sconnesso e anche 7 ore di escursione, passando per l’intermedio E (Escursionisti) con un 300-400 metri di dislivello e fino a cinque ore di trekking. Ovviamente poi, nulla vieta che questi arbitrari limiti possano essere modificati dalla singola guida e da tutte le contingenze del caso.

Alle volte però immagino come i percorsi possano risultare ripetitivi per appassionati che ti seguono sempre. Dove stanno ingegno e fantasia nel variare l’offerta, nel far vedere sotto una nuova lente gli stessi luoghi?

A mano a mano che mi facevo conoscere sempre più ho iniziato a entrare a contatto con le più disparate realtà e, a dire il vero, più che proporre ho ricevuto delle richieste di collaborazione.

Per esempio, recentemente mi sono ritrovato a sviluppare percorsi che arrivassero sino a una radura o su di un altopiano dove ad attenderci c’era un maestro di flauto traverso o un’istruttrice di yoga.

Ciò serve non solo per l’appunto a fare qualcosa di diverso e attirare ancora più persone del normale ma anche a fare passare il messaggio che in realtà molte delle cose che facciamo chiusi nelle nostre case o comunque fra quattro mura sono tranquillamente realizzabili anche nel bel mezzo della natura.

La pandemia in questo senso ha dato una forte spinta alle persone per riscoprire questo aspetto della vita di tutti i giorni, il poter svolgere moltissime azioni quotidiane all’aria aperta e trovare quell’intimità che il tran tran della routine, specie in città, ci toglie.

Davvero molto interessante! Peccato che, come molti che si avvicinano al trekking, non abbia l’attrezzatura necessaria per iniziare. Che cosa consigli in questo senso ai neofiti dell’escursionismo?

Beh anzitutto va presa in considerazione se quella per il trekking è una velleità passeggera o si profila davvero come una passione duratura. L’abbigliamento per vivere al meglio un’escursione, senza cioè rischiare di farsi del male ed essere pronto a ogni evenienza, richiede certamente un primo investimento economico che nei tempi che viviamo può purtroppo scoraggiare molte nuove leve. La cosa più importante sono certamente le scarpe, che consiglio assolutamente impermeabili, traspiranti e con un buon grip su tutte le superfici, bagnate o asciutte che siano. Poi uno zaino anch’esso impermeabile e dal volume contenuto, possibilmente una cover (si può pure comprare a parte) con colori sgargianti, per essere visibili durante condizioni di scarsa visibilità o di emergenza. Infine, il vestiario deve essere a cipolla, ovverosia stratificato, non molto aderente, traspirante e possibilmente resistente alle lacerazioni.


Hai qualche massima che descrive il tuo lavoro e, in generale, la tua persona?

Mi è sempre piaciuto un motto di Erasmo da Rotterdam: “In ogni attività la passione toglie gran parte della difficoltà”. Per una guida AIGAE, è semplicemente pane quotidiano.

Autore: Simone Paolucci

Instancabile tuttofare, grandangolo di interessi e caustico humor.

Ma ho anche lati negativi.
Classe ’95, insegnante, è speaker di Link! il programma musicale di RadioEco.

Alle volte, come potete capire, sconfina un tantino.

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