Gianni Amelio presenta “Il Signore delle formiche” al Cinema Arsenale – Analisi del film

Il signore delle formiche è l’ultimo film di Gianni Amelio che è stato ospite del Cinema Arsenale lo scorso mercoledì 12 Ottobre per dialogare con il pubblico in seguito alla visione. Grande commozione da parte di Amelio nel vedere la sala gremita di gente mentre il pubblico era in visibile adorazione. Il Signore delle Formiche è stato presentato in anteprima alla settantanovesima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e porta sul grande schermo il caso Braibanti: primo e unico processo per plagio avvenuto in Italia. Processo che segnò un punto di svolta nella cultura e nella storia giuridica del nostro Paese rispetto al tema dell’omosessualità.

La scelta dell’interpretazione del personaggio principale, Aldo Braibanti, docente di filosofia che nel 1968 fu condannato a 9 anni di reclusione, è ricaduta su Luigi Lo Cascio. Gianni Amelio, scherzando con il pubblico presente all’Arsenale, ammette di aver pensato a lui fin dal primo momento. L’unica perplessità del regista era data dalla cadenza siciliana dell’attore che, grazie ad un intenso lavoro, risulta essere del tutto assente nel film. Lo Cascio riesce infatti a restituire al pubblico un ritratto sobrio e, per quanto possibile veritiero, di Aldo Braibanti.

Sono numerosi gli argomenti trattati nel film che Amelio presenta come una storia d’amore; dalla repressione che porta alla lotta per i diritti civili, allo sdegno per le ingiustizie, fino all’ignoranza dettata dall’oscurantismo religioso, lasciando ampio spazio anche allo studio della società delle formiche che donano il titolo al film e che rappresentano la metafora di una società che dovrebbe essere ideale.

Soffermandoci proprio sul titolo del film: “Il signore delle formiche”, Amelio tiene a precisare che nonostante sia quasi impossibile non pensare ad un chiaro riferimento al romanzo di William Golding, Il signore delle mosche, scegliendo questo titolo, il regista tenta semplicemente di restituire dignità a Braibanti, nobilitandolo. Ricordiamo infatti che nel corso del film, i termini che vengono utilizzati per rivolgersi al docente di filosofia e drammaturgo sono tutti termini usati nella loro accezione negativa come Invertito e Rovesciato. Nel titolo della sua opera, invece, Amelio ha voluto coniugare due aspetti: l’amore del professor Braibanti per lo studio delle formiche e la dignità di essere un uomo, un signore.  

Un Cast d’eccellenza

Gianni Amelio sceglie Lo Cascio pur non avendo mai lavorato prima con lui, fidandosi delle sue doti artistiche per interpretare il protagonista principale. La scelta per l’interpretazione del giornalista immaginario dell’Unità, Ennio Scribani, al quale viene affidato il caso Braibanti, è ricaduta, invece su Elio Germano, amico di lunga data del regista.  

Lo Cascio e Germano sono tra i migliori interpreti del panorama italiano e a loro è stato affidato l’arduo compito di raccontare una pagina vergognosa della storia del nostro paese. Con modi del tutto diversi, entrambi esprimono lo sdegno e il rigetto verso l’ingiustizia di una legge che fu applicata in Italia solo nel caso Braibanti e che qualche anno dopo venne abrogata poiché dichiarata incostituzionale. Lo Cascio interpreta un Braibanti, intellettuale dell’Italia post-bellica lasciato indifeso anche a fronte della voltata di spalle del suo stesso partito, che rimane rigido e inflessibile nelle sue posizioni e che, forte della sua innocenza, non scende a compromessi e non cerca approvazione.

Elio Germano e Luigi Lo Cascio @cinecitta.com

Elio Germano interpreta, invece, un giornalista sui generis, che, a tratti nella storia raccontata da Amelio, assume le sembianze di un investigatore privato, che pubblicando le cronache processuali fa gli interessi di tutti. Il personaggio di Germano, insieme a Braibanti, lotta contro la supremazia del potere patriarcale, rompendo le regole di un partito altrettanto rigido e strutturato. Tenta invano di identificare i soprusi perpetrati da uno Stato garante di una cosiddetta “buona morale”, prendendo le difese di Braibanti. È proprio Germano che nella compostezza del suo personaggio riesce più di tutti ad offrire quel coinvolgimento emotivo che la storia e il tema principale, attorno al quale ruota la costruzione cinematografica, meritano. 

L’ambientazione de Il Signore delle formiche

Sullo schermo Gianni Amelio sceglie di mostrare in un primo momento le campagne del piacentino che sono sede artistica del professor Braibanti ma che, allo stesso tempo, rappresentano anche la mentalità chiusa e bigotta del paesino di provincia. Passa poi a Roma che viene rappresentata come realtà libertina ma a tratti asettica e sterile, eccessivamente artificiale, come lamenta più volte Ettore, interpretato da Leonardo Maltese. Amelio mostra così le contraddizioni di un Paese che ancora oggi si divide su molte tematiche, persino sull’amore. L’Italia, paese che si proclama moderno ma che oggi come allora non è ancora pronto ad accettare e a concedere la libertà di amare.

Aldo ed Ettore: una storia d’amore

Il signore delle formiche, più che soffermarsi su Aldo Braibanti, prende spunto dalla sua storia personale per inserire la sua figura in un quadro di considerazioni sociali e culturali più ampio, che investe anche i giorni nostri.

La storia raccontata da Gianni Amelio ha inizio con il primo incontro di Braibanti con un giovane universitario, Ettore, con cui instaura subito un forte legame che da intellettuale diventa gradualmente anche personale e intimo. Il personaggio di Ettore Tagliaferri, interpretato da Leonardo Maltese che compare per la prima volta sul grande schermo, è liberamente ispirato a Giovanni Sanfratello, giovane uomo affascinato da Braibanti che a 23 anni decise di seguirlo a Roma per sottrarsi a una famiglia pressante e bigotta e sviluppare la propria inclinazione alle arti.

signore delle formiche
Leonardo Maltese interpreta Ettore Tagliaferri in una scena del processo

La relazione tra Braibanti ed Ettore attira l’attenzione della famiglia del ragazzo, che contrariata denuncia il poeta, accusandolo di plagio e rinchiudendo Ettore in un ospedale psichiatrico, riservandogli trattamenti disumani come l’elettroshock, pur di curarlo da quella che veniva considerata infermità mentale e che oggi verrebbe definita devianza da certi politici. Nessun diritto di replica, o la terapia elettroconvulsivante o Padre Pio, che aveva “curato” il fratello maggiore dal comunismo. Ed è proprio questa una delle affermazioni che più si ricordano del film, che in sala ha provocato gran riso, ma che ha lo scopo di far riflettere su quanto un’educazione bigotta e ispirata al Cristianesimo possa ledere la libertà altrui.

Aldo ed Ettore sono entrambi vittime dell’odio e scontano le loro pene in modi diversi; il primo in carcere, il ragazzo, invece, tra le mura di un manicomio. Quella raccontata da Amelio ne Il signore delle formiche è una triste realtà storica. Le scene in cui Ettore appare sorridente e, subito dopo quelle in cui diventa un vero e proprio zombie, quasi incapace di camminare e di parlare, sono strazianti. Colpevole di amare un altro uomo, colpevole di essere un invertito. Colpevole.

Gianni Amelio ne Il signore delle formiche affronta un tema culturale e sociale; quello dell’omosessualità, che riesce a toccare nello spettatore tanto le corde ideologiche quanto quelle più emotive. Tuttavia, sembra mancare nei personaggi una certa capacità empatica, spesso sfiorata, ma mai pienamente raggiunta.

La rappresentazione dell’amore di Gianni Amelio

Gianni Amelio ha un modo tutto suo di rappresentare l’amore, lo fa attraverso gli sguardi carichi di desiderio, di aspettative e di non detti, piuttosto che con il contatto fisico, quasi del tutto assente nella sua opera. Il regista afferma di voler raccontare una storia d’amore e non una storia di sesso fra due uomini, totalmente legittimo se non fosse che la mancanza di contatto fisico crea una distanza insormontabile tra gli attori e il pubblico. I sentimenti che Braibanti e il giovane Ettore provano l’un l’altro sono abbozzati, immaginati più che mostrati sullo schermo. Manca, insomma, quel pizzico di empatia in più. Empatia che si ritrova solo in alcuni momenti del film, in particolar modo nella scena finale del processo in cui compare un Ettore consumato dall’elettroshock che difende il suo mentore. Non è la scena di sesso a mancare ma quel pizzico di umanità in più che sembra del tutto assente nel Braibanti interpretato da Lo Cascio se non nell’ultimissima scena del film che rappresenta il suo addio a Ettore. Quello tra Aldo ed Ettore è un incontro tra persone e corpi che rimangono distanti così come distante rimane lo spettatore.

Il Signore delle formiche: storia d’amore o di lotta politica?

Il signore delle formiche viene presentato come una storia d’amore che però è anche una chiara denuncia politica e sociale. Ma l’ultima fatica di Gianni Amelio non è in realtà né una storia d’amore né tantomeno una storia politica, è una storia che mette al suo interno tante tematiche e che ne approfondisce meno della metà. L’obiettivo non era fare un film su Braibanti, ci tiene a precisare Amelio, l’obiettivo era raccontare una storia. E la storia viene raccontata, sì, ma quando sta per smuovere e toccare davvero gli animi del pubblico, ecco che la connessione, l’empatia costruita a fatica viene nuovamente meno.

L’Italia retrograda degli anni 60 o degli anni 2000? Tra finzione e autobiografia

Gianni Amelio ricostruisce perfettamente un’epoca, quella dell’Italia degli anni 60, soprattutto dal punto di vista ideologico e culturale. Mostra una società che censura, che rinnega la libertà di esistere agli omosessuali e che ad essi riserva un brutale trattamento sanitario psichiatrico. L’odio e la paura vengono resi soprattutto dal linguaggio usato dai personaggi, specchio di un pensiero che non conosce rispetto.

Leonardo Maltese e Luigi Lo Cascio in una scena de Il Signore delle formiche | @artearti.net

Durante l’incontro con il pubblico dell’Arsenale, commovendosi, Amelio confessa di aver affidato a quello che lui definisce “avvocatino calabrese”, parole d’odio che lui stesso in gioventù ha subìto: “Per gli invertiti ci sono due sole strade: curarsi o ammazzarsi”.

Ed è proprio in questa confessione che si capisce perché aldilà di tutto c’è ancora bisogno di raccontare questa storia. La verità del processo Braibanti è specchio della realtà di un paese: il nostro, che afferma di inseguire il progresso ma che si dimostra ancora tristemente retrogrado per ciò che concerne i diritti umani. L’Italia sembra star tornando indietro a commettere sempre gli stessi errori. Così, la storia di Braibanti diventa anche quella di Amelio ma, più di tutti diventa la nostra. Perché no, non siamo ancora pronti alla libertà, alla tolleranza e all’amore ed è questo che spaventa.


Autore: Mariaconsuelo Tiralongo

Classe 2000, figlia del Mar Jonio e dei Monti Iblei. Da sempre appassionata di letteratura e scrittura creativa, cura con passione il proprio blog letterario , discute di libri e Mental Health su @papergirlinapapert0wn e studia Informatica Umanistica all’UniPi. Fa parte di Radio Eco dal 2019, dal 2020 contribuisce alla realizzazione di articoli e contenuti vari per la rubrica letteraria di RadioEco: Eco di Libri e dal 2021 è editor dell’area Blog. La trovate su @mylifeas__c

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