SKAM Italia 5: la realtà e il giudizio

Rossana: *manda il trailer della quinta stagione* Ma chiedamogli noi come sta

Tommaso: Ho visto questo trailer e sono già in orbita

R: Ma io sono gasatissima. Dateci altre 7 stagioni a breve. Pem Pem proprio

T: Sicuro lacrime e bile e gioia a go go. Ma chiaramente, appuntamento fisso ogni anno.

R: Non fermatevi più. Voglio sapere cosa faranno a 60 anni, in che case di riposo andranno, quando metteranno la dentiera, i problemi di salute, queste cose qui

T: Quando avranno l’operazione per la cataratta e i check per il colesterolo

Da una conversazione realmente avvenuta

Parto con una dichiarazione d’intenti dovuta. Non è mai scontato provare a scrivere un articolo su un argomento popolare in un determinato momento, quando è ormai radicata la consapevolezza di finire relegato dal SEO alla quindicesima pagina dei risultati Google, al confine tra le rete emersa e la tua identità digitale in saldo sul dark web.

Suggerimento d’ascolto: “The Great Escape” di Patrick Watson.

Abbiamo trascorso tutto il mese di agosto a sfrigolare, letteralmente e metaforicamente, in attesa di questo 1 settembre, con l’uscita della quinta stagione di SKAM Italia, incentrato sul personaggio di Elia, interpretato da Francesco Centorame. Prima che questo pezzo si trasformi in un’arida ritrasmissione d’informazioni oramai sbiadite tanto sono state rimbalzate da un sito all’altro, in un’opera di arditissimo mix & match di nomi, indiscrezioni, storie di vita privata, per nascondere l’archetipo da cui sono state desunte, colgo l’occasione per condividere una personalissima riflessione sull’importanza e sulla significatività “emotiva” di questa serie spesso rubricata come “teen drama” (solo perchè i protagonisti sono, effettivamente, adolescenti), che, invece, ha sfruttato l’adolescenza come catalizzatore per affrontare e discutere, insieme al pubblico disposto a farlo, questioni di grande attualità, dal forte impatto sociale.

Il poster della quinta stagione

Di motivi per iniziare a guardare “SKAM Italia” ve ne aveva già forniti parecchi la mia collega Sandy Cioni, con la quale c’eravamo lanciati anche a realizzare un vero e proprio commento scritto a ogni puntata della quarta stagione, producendo una tetrade di articoli, che non badano alla sintesi, ma puntano dritti all’intrattenimento e alla condivisione di pensieri e spunti.

Cristina: *manda trailer della quinta stagione*

Tommaso: NO CRI TU NON HAI IDEA. Sono intrippato da stamattina

C: Sono gasatissima, promette bene!

T: Ci vedo già super coinvolti: rabbia, gioia, lacrime

C: Al 100%

Pure questo scambio è successo davvero

Se le quattro stagioni precedenti “dialogavano” con il prodotto originale norvegese, la quinta rappresenta una prosecuzione tutta italiana. La sceneggiatura è stata affidata ad Alice Urciuolo (già sceneggiatrice della serie e autrice del romanzo “Adorazione”, arrivato tra i dodici finalisti del Premio Strega) e Ludovico Bessegato (showrunner dell’edizione italiana e regista e sceneggiatore delle prime due e della quarta stagione). Alla regia subentra Tiziano Russo, regista e sceneggiatore (“Habemus Mister”, documentario del 2014, e “L’Uomo Proibito”, cortometraggio del 2018), filmmaker molto attivo nel campo dei videoclip musicali (ha girato per Negramaro, Mina, Diodato e molti altri). Il parterre di attrici e attori è pressochè identico a quello dell’ultima stagione: Ludovica Martino (Eva), Ludovico Tersigni (Giovanni), Federico Cesari (Martino), Rocco Fasano (Niccolò), Giancarlo Commare (Edoardo), Beatrice Bruschi (Sana), Greta Ragusa (Silvia), Martina Lelio (Federica), Pietro Turano (Filippo), Nicholas Zerbini (Luca), Mehdi Meskar (Malik), Ibrahim Keshk (Rami), oltre al già citato Centorame. Gli storici protagonisti saranno affiancati da un nuovo gruppo di personaggi femminili, incontrati da Elia a scuola, tra cu Lea Gavino (Viola) e Nicole Rossi (Asia). La produzione è sempre a cura di Cross Productions.

E qui mi ricollego alla premessa introduttiva, al motivo per cui ho scelto di soffermarmi sulla valenza emotiva di questa serie: qualche giorno fa si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della stagione, in cui è stato anche spiegato il tema affrontato nel corso degli episodi. Come ha scritto Emanuele Manta su comingsoon.itElia, il ragazzo bello, simpatico e popolare con il quale molte delle studentesse del Kennedy non vedrebbero l’ora di uscire pur avendo la nomea di “puttaniere”, vive in uno stato di vergogna e ansia prestazionale dovuto alle dimensioni decisamente sotto la media del suo pene. Ipoplasia peniena, per usare l’espressione corretta. Non appena quest’informazione ha iniziato a circolare sui social, particolarmente su Twitter, che è un po’ la fucina dei commenti al vetriolo, l’accoglienza è stata all’insegna dello scherno e degli sfottò, con il solito corredo di gif e meme esplicativi. C’è chi che ha sottolineato la non urgenza del tema (come se ci fosse una graduatoria dei problemi sociali da affrontare nell’audiovisivo), chi si è mostrato perplesso, convinto di aver frainteso il contenuto, chi si è dichiarato deluso. Come risposta a queste reazioni decisamente inopportune mi sembra che riassumano bene il (non) senso dei discorsi avanzati le parole di Pietro Turano, attore della serie e attivista.

Dalle Storie Instagram di Pietro Turano (@eropietro)

A questo punto, però, si percepisce chiaramente quanto sia necessario un prodotto come “SKAM Italia” nel panorama mediale italiano, perché in grado di mettere sul tavolo tematiche negative anche sottovalutate, ma non per questo marginali: se esistono e sono un problema per qualcuno, meritano di essere raccontate. Il nome stesso del format in norvegese significa “vergogna”, che poi è il sentimento che accomuna tutti i protagonisti delle cinque stagioni: un senso d’inadeguatezza rispetto al contesto in cui si trovano a muoversi. La potenza narrativa di questa serie è insita nella genuinità di ciò che avviene: il mondo interiore e il loro habitat sono rappresentati senza griglie, senza paradigmi, anzi, l’obiettivo è proprio quello di scardinare una raffigurazione dei ragazzi e delle ragazze stereotipata e piatta, che li dipinge come volubili e capricciosi. Se da un lato è pur vero che il periodo dell’adolescenza (ma anche prima, e dopo quegli anni di pubertà), a volte, ha la stessa linearità dell’Oblivion di Gardaland, riuscire a mettere a fuoco, nitidamente, alcuni di questi malesseri e trasporli sul piccolo schermo è un notevole traguardo. Non c’è alcun intento moralistico né pedanteria, non vanno ricercati modelli; le semplificazioni, le banalizzazioni vanno evitate: nessuno è il cavaliere senza macchia e senza paura, niente fanciulle mosse solo da intenzioni altruiste o da pensieri rigorosamente disinteressati. Ma questo non riguarda solo i “teen”, concerne ciascuno di noi. Il fascino dei personaggi di “SKAM Italia” risiede nella loro sfericità, nel loro essere multistratificati: sono capaci di gesti di sincera amicizia, di profonda solidarietà, un momento dopo scivolano in una spirale di paranoia, reticenza o aggressività e vorresti mettere loro le mani in faccia. E siamo esattamente così anche noi, nè meglio nè peggio.

  • Sandy: “E a me piace che Ludovico scelga di far fare le merdate ai protagonisti: cioè Eva prima tradisce Laura e poi Giovanni; Martino butta in vacca tutto, diventa stinfio e anche un po’ cattivo; Eleonora che fa tutta la storia alle spalle di Silvia; e Sana che fa la matta. Mi piace che siano i primi ad essere cattivi. Fa da contrappeso alle problematiche di fondo che si devono affrontare, che altrimenti li vedrebbe sempre come vittime”
  • Tommaso: “Bravissima, molto vero. Scelta azzeccatissima anche per me. Sono vittime, in alcuni frangenti, ma in altre sono carnefici spietati”
  • Sandy: “Boia, a volte di una cattiveria che davvero pensi: ha esagerato”
  • Tommaso: “Esattamente! Però questo ci deve spingere a essere più indulgenti con chi ci “massacra” senza che ci scandalizziamo o ci mostriamo sempre come perseguitati”
  • Sandy: “Bravissimo. Cioè puoi essere entrambe le parti”

Dunque possiamo leggere momenti della nostra vita, immedesimarci nelle vicende dei protagonisti, come fossero specchi, oppure possiamo provare nuove prospettive, magari lontane da noi, mai calcolate, indossare i panni di chi ha un orientamento sessuale, una fede religiosa, un trascorso diverso dal nostro. Forse chi fa l’attore in questo è avvantaggiato, perché presta continuamente il proprio corpo e il proprio animo a personaggi diversi, ma nessuno è impossibilitato a farlo, nella vita di tutti i giorni. L’icasticità di personaggi come Martino Rametta alle prese con l’accettazione della propria omosessualità, interpretato da un convincentissimo Federico Cesari oppure Sana Allagui, ovvero una magnetica Beatrice Bruschi, che racconta la difficoltà ad integrarsi in certi contesti per una ragazza musulmana in Italia, ci dimostra come non serve un’identità, una sovrapposizione tra ciò che è la persona e ciò che è il personaggio per restituire un’immagine credibile, ma si tratta di approfondire anche mondi distanti da quello di partenza, con la volontà di rendere giustizia alla complessità del reale. Quello che “SKAM Italia” ci permette di fare, in definitiva, è un continuo esercizio di empatia, una qualità che tutti millantano, ma che è, in realtà, una rara dote e, in alternativa, non si consegue leggendo i manuali della sezione “Psicologia” in libreria. Il termine empatia è una parola di derivazione greca e letteralmente vuol dire “sentire dentro i sentimenti/ la sofferenza“. Era utilizzato in relazione all’intenso rapporto che i cantori erano in grado di instaurare con chi li ascoltava. È proprio grazie all’empatia infatti che un’artista diventa capace di avvicinare chi lo ascolta e trasportarlo nel suo mondo. L’empatia, per come la intendiamo oggi, non si è allontanata dal significato originario: indica la capacità di un soggetto di sentire dentro le emozioni e le sensazioni di un terzo. Per fare questo è necessario spogliarsi realmente delle proprie convinzioni e dei propri pregiudizi, per stare davvero dentro la pelle dell’altro e avere uno scambio di emozioni sincero. Solo a quel punto, si ha la facoltà di scagliare quel tagliente giudizio che vibra dentro e non vede l’ora di colpire il bersaglio prescelto, se davvero si ritiene indispensabile formulare apertamente quel pensiero perché ci sembra utile e costruttivo a chi ci sta davanti. E un discorso analogo vale per la compassione, che è un po’ la cugina imborghesita del giudizio, perché è ammantata di parole benevole e gentili, ma alla fine è un modo per rinunciare a capire le emozioni altrui.

Un altro scatto di “SKAM Italia 5”

Allora perché è decisivo il lavoro di “SKAM Italia”, di chi la scrive, la dirige e la interpreta? Sicuramente prestare ascolto a certe istanze, condividerle, raccontarle può soltanto favorire il sentimento di empatia e comprensione reciproca, piuttosto che sminuendo o svalutando l’impatto che un evento o una scelta o una presa di coscienza può aver avuto su una persona. Terenzio ha scritto più di duemila anni fa in una sua commedia: «Homo sum: humani nil a me alienum puto» ovvero «sono uomo; e di quello che è umano nulla io trovo che non mi riguardi». E la chiave per arrivare a questo è la condivisione, la comunicazione, il racconto reciproco per educarci a una nuova sensibilità. Etimologicamente «comunicare» significa appunto «mettere in comune”, «compiere il proprio dovere con gli altri» (da cum cioè «insieme» e munus ovvero «ufficio, incarico, dovere»). Più comunicheremo e più saremo in grado di essere attenti l’uno all’altro domani. Soprattutto, impegniamoci ad ascoltare le necessità altrui, a recepirle con rispetto e la dovuta attenzione. Cerchiamo di essere il motivo per cui un giorno qualcuno si aprirà con noi e non la ragione per cui, a causa di un’incauta risatina o di un commento decisamente tranchant, perderemo un confronto sincero con il nostro interlocutore. Quello che è accaduto in questi giorni ha dimostrato quanto la superficialità sia sempre dietro l’angolo, nonostante la riconosciamo solo nei comportamenti altrui. Sicuramente quanto scritto verrà immaginato dalle lettrici e dai lettori come dettato con tono petulante da maestro delle elementari della Valchiavenna degli anni ’50, ma vi assicuro che questo articolo, proprio come la nostra serie, vuole essere un momento di riflessione collettiva, di confronto reciproco, non un vademecum per affrontare la vita.

In definitiva, perché guardare questa serie? Perché siamo fatti della stessa materia di cui è fatto SKAM.

Autore: Tommaso Calleri

Nell’era del populismo che dilaga e delle fake news che imperversano, si manifesta la mia essenza di Tommaso apostolo, che “non ci crede finché non ci mette il naso” (altissima citazione dello Zecchino d’Oro edizione 1969). Di un mio celebre omonimo è stato detto: “Voi lo chiamate ‘il bue muto’! Io vi dico che, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra!”. Quando io parlo al telefono, si gira mezzo autobus, ma è pur sempre un inizio.

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