Top Gun: Maverick ha portato a casa nel primo weekend al botteghino, ben 124 milioni di dollari solo in Nord America, tra ottimi riscontri di critica e pubblico.
Elogi sono stati fatti agli effetti visivi, nonché alla performance dell’ormai inossidabile Tom Cruise (da annoverare tra i vampiri di Hollywood assieme a Keanu Reeves). Ma i film non si fanno di certo da soli, serve sempre qualcuno che diriga l’orchestra, e quel qualcuno è, in questo caso, il regista Joseph Kosinski di cui tratteremo oggi qui nella rubrica CinefiLife di RadioEco!
Paragrafi che troverai nell’articolo:
- Chi è Joseph Kosinski
- Tron: Legacy – un’eredità pesante
- Oblivion – la nostalgia del tempo che fu
- Fire Squad: Incubo di fuoco – solo i più coraggiosi
- Volate al cinema!
Chi è Joseph Kosinski?
«Ho voluto fare Oblivion per lavorare con Joseph Kosinski. È un regista visionario. Quando vidi Tron: Legacy rimasi estasiato. Quando ricevetti la sceneggiatura l’ho amata perché Joe mi ha portato nel mondo che lui ha creato, il suo obiettivo è quello di immergere lo spettatore».
Queste sono le parole di Tom Cruise su Joseph Kosinski, un regista che non esagererei ad additare tra i più abili nella gestione della computer grafica. Dello stesso avviso fu il regista David Fincher, grazie al quale iniziò a dirigere promo, spot commerciali e trailer per videogiochi come Gears of War e Halo 3. Nel 2005 scrive, poi, una storia chiamata Oblivion, per trarne un film, ma su questo torneremo poi in seguito.
Vista la sua passione per la computer Grafica e i videogiochi, propone alla Disney un seguito di Tron, del quale realizza anche un corto che verrà presentato al comic-on del 2009, il suo nome è TR2N, e convince la casa di topolino a produrre, nel 2010, il primo lungometraggio di Kosinski come regista: Tron: Legacy.
Tron: Legacy – un’eredità pesante
Tron: Legacy nasce da un’intuizione narrativa tanto semplice, quanto geniale. Kevin Flynn è sparito all’interno del mondo virtuale da lui stesso creato, lasciando suo figlio Sam, di appena 9 anni senza alcuna spiegazione. 20 anni dopo, il ragazzo è ormai cresciuto e del padre non vuole saperne più niente, finché un messaggio proveniente da un cercapersone, inattivo da ben vent’anni, lo spinge a trovare il laboratorio segreto di Kevin, nonché punto di accesso a quella rete in cui si troverà catapultato.
Il film è la massima espressione che la tecnologia dell’epoca poteva raggiungere, oltretutto Kosinski, nonostante la pesante eredità (il film dell’82 è un cult rivoluzionario) mostra una cura per i dettagli ai limiti del maniacale per ogni aspetto: dalle scenografie ricostruite, fino al trucco e parrucco. La sceneggiatura di Edward Kitsis e Adam Horrowitz (sceneggiatori di gran parte di quel gioiellino che è Lost) è rispettosa verso l’originale quanto rivoluzionaria.
Il mondo di Tron abbandona la fascinazione di universo tecnologico in grado di trasformare un inetto nel protagonista di grandi storie, e questo perché i tempi sono cambiati ed è giunta l’ora di mostrare la tecnologia con un volto diverso: da roba per pochi appassionati, i tipici nerd degli anni 80 potremmo dire, negli anni duemila è ora diventata invasiva, ai limiti del disturbante. Più che un mezzo atto a renderci la vita più semplice, è diventata un’entità che si autoalimenta e contribuisce a renderci in qualche modo più schiavi e meno umani.
Purtroppo il film è un flop, incassando circa 200 milioni in meno rispetto alle aspettative. Tuttavia viene elogiato dalla critica per la cura dei dettagli e gli ottimi effetti visivi. La colonna sonora dei Daft Punk (recuperatevela perché spacca) viene candidata ai Grammy e il sonoro nominato agli Oscar.
Tutto ciò ovviamente non frena la volontà di Joseph, che ritorna su un progetto che aveva in precedenza messo da parte, e tra un rifiuto iniziale della Disney, che riteneva il film non adatto a un pubblico per famiglie e l’acquisto dei diritti di distribuzione da parte della Universal, Oblivion, nel 2013, finalmente, vede la luce (vi ricordate il film su cui avevo detto saremmo ritornati?).
Oblivion – la nostalgia del tempo che fu
Senz’altro Maverick e Oblivion hanno qualcosa in comune, ovvero la presenza del nostro immortale preferito, Tom Cruise, che interpreta Jack Harper l’unico, assieme a Victoria (Andrea Riseborough) abitante di una Terra devastata da una guerra nucleare contro una razza aliena. Entrambi sono tecnici, incaricati dell’immagazzinamento dell’energia utile alla piattaforma in orbita, nella cui risiedono gli ultimi umani sopravvissuti. Ma in un clima costante di tensione e mistero, ovviamente, niente è come sembra.
Questa volta Kosinski mette mano a tutto, non solo alla tecnica, che si mostra ancora una volta impeccabile, ma anche alla sceneggiatura e al soggetto. Ancora una volta il regista affronta il tema della pervasività della tecnologia, la quale in maniera ancora più prepotente che in Tron: Legacy assume le sembianze di un’entità indipendente, fino al punto da essere essa stessa creatrice di uomini.
Tutto il film è permeato da un forte senso di nostalgia verso un passato diverso, forse più positivo, ma ormai troppo distante per poter essere recuperato, in linea con un malinconico omaggio al cinema di fantascienza degli anni 70, che conferma che il genere è quello che di più ha saputo rappresentare le ossessioni e le paure dell’essere umano.
Da citare è la colonna sonora firmata dagli M83 (recuperatevi anche questa perché è stupenda), che accompagna i momenti più distensivi del film.
Sarà andata meglio questa volta? Emm, no. Nonostante vanti di un buon cast (Tom Cruise, Morgan Freeman, Olga Kurylenko), anche Oblivion è un flop commerciale. E forse proprio per questo il film successivo, in questo caso su commissione, sarà un lavoro a basso budget, ovvero, Fire Squad: Incubo di fuoco.
Fire Squad: Incubo di fuoco – Solo i più coraggiosi
Only The Brave, recita il titolo originale del film (noi italiani, invece, ci becchiamo un titolo che sembra uscito dalle peggiori serie tv sui pompieri di canale cinque), ed in effetti ci voleva coraggio nel prendere in mano una pellicola del genere.
L’ennesima del filone lanciato da Peter Berg per raccontare l’america con taglio populista: prendi una storia vera, in questo caso quella della drammatica morte dei membri della squadra di pompieri Granite Mountain Hotshots, e raccontane i protagonisti con piglio da film action e con palate di patriottismo statunitense.
Per fortuna dietro alla macchina da presa c’era Joseph Kosinski che fa un vero e proprio miracolo: abbandona la messa in scena tradizionale del filone e sceglie di concentrarsi sui rapporti umani che circondano i suoi protagonisti, affrontando senza retorica e senza eroismi la vita sfaccettata di chi ogni volta che si reca al lavoro sfida la morte, indagando l’inquietudine e la tensione che serpeggia sottile tra mariti e mogli, che sentono di dividere la loro dolce metà con l’inferno.
Il risultato è un film che, nel suo genere, rischia di essere addirittura migliore di quelli che questo trend l’hanno lanciato, ma come sempre la fortuna non gira, e il film è un altro flop commerciale: addirittura in perdita di dieci milioni di dollari.
Volate al cinema!
Senz’altro sapere che Top Gun: Maverick sta andando così bene mi scalda il cuore di un orgoglio paterno nei confronti di un regista che seguo ormai da diversi anni e che finalmente sembra stia ottenendo il successo che merita.
Nella speranza di avervi messo curiosità verso questo regista, non vi resta che volare al cinema in compagnia dei caccia pilotati sul serio da Tom Cruise (a quell’uomo piace rischiare la vita).
Non mi resta che augurarvi buona visione!

Nato nel 1999 e circondato dal mare, prima dell’isola d’Elba e poi della Sardegna, Tommaso dalle poltrone della sala, approda finalmente a quella davanti alla tastiera, per scrivere di ciò di cui ha sempre amato parlare: il cinema, in tutte le sue forme. Studente di filosofia e da poco in Radioeco, puoi trovarlo su Instagram come @tomcorsetti_