Manca ormai poco all’arrivo di The Northman nelle sale, il nuovo film di Robert Eggers con protagonisti Alexander Skarsgård e Anya Taylor-Joy. Nell’attesa, grazie alla rubrica CinefiLife di Radioeco, ripercorreremo la carriera cinematografica del regista, che, solamente con due pellicole, è riuscito ad imporsi come uno degli autori più talentuosi del cinema di genere contemporaneo.
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The VVitch
Il cinema Horror contemporaneo soffre da tempo di scarsa originalità, tra sequel, reboot e remake si fa spazio dimenticando l’inquitudine che pellicole di un tempo suscitavano nello spettatore. I film Horror di oggi si limitano infatti ai calssici salti sulle poltrone (Jump-scare) che avvicinano l’esperienza cinematografica più a quella di un parco di divertimenti.
Eppure, ogni tanto, ci sono quelle eccezioni che ti fanno ricredere sul pessimismo cosmico maturato guardando palate di film horror odierni di dubbio gusto, regalandoti nuova speranza per una redenzione futura del genere.
È il caso di The VVitch (2015), film d’esordio del regista, la storia di una famiglia inglese puritana del 17° secolo che bandita dalla sua comunità del Nuovo Mondo va a vivere da sola ai margini della civiltà alla periferia di un imponente bosco.
È in questi luoghi che il loro figlio più piccolo svanirà, rapito da una presenza spettrale in un incubo da favola. Ma sotto quella superficie si nasconde qualcosa di più inquietante: una storia di gente timorata di Dio la cui credenza terrorizzata dalle fantasie contorte del folklore nasconde i propri segreti più oscuri.
Eggers, nativo del New England, ha chiaramente studiato la sua storia in profondità. L’inglese utilizzato è arcaico rendendo il tutto ancora più straniante, le atmosfere sono un mash-up tematico dei racconti popolari europei dei fratelli Grimm e Charles Perrault (le figure di Hansel e Gretel, Cappuccetto Rosso e La Bella Addormentata incombono in grandi dimensioni). Il cinema di Kubrick e Carpenter (in particolare Shining e La Cosa) irrompono sullo schermo cercando di calare lo spettatore nella buia e fredda realtà dell’epoca (per Eggers il diavolo è nei dettagli del periodo), un mondo senza scrupoli morali nell’uccidere all’insegna delle condanne per stregoneria, non solo donne ma anche bambini.
The VVitch è dunque un esordio straordinario, un’opera che si basa su suggestioni, inquietudine e nella quale non esistono interpretazioni certe. Ma alla fine, è proprio questa la grande forza del film: il pubblico può vedere in esso ciò che sceglie di vedere, o, forse, sceglie di credere.
The Lighthouse
Anche con il secondo film del 2019, Robert Eggers non abbandona le suggestioni folkloriche, ma anzi ne fa il perno della pellicola, dove, ancora una volta, niente è come sembra.
Willem Dafoe e Robert Pattinson interpretano rispettivamente Tom Wake ed Ephraim Winslow, due guardiani del faro nel Maine del XIX secolo in procinto di iniziare un periodo di servizio di quattro settimane su un’isola sperduta nel mare.
Tom è un ex abile marinaio ora disabile con un infortunio alla gamba la cui causa è misteriosa: è l’ufficiale anziano, l’unico responsabile della luce stessa, un privilegio che lo rende petulante e orgoglioso. Ephraim ha lasciato il suo lavoro di disboscamento in Canada per questo incarico, e ha i lavori sporchi, ardui e umilianti di mantenere i macchinari di rotazione, raccogliere legna da ardere, svuotare i vasi da notte, imbiancare la torre del faro, riparare e pulire.
I punti di vista e gli stili di vita differenti tra i due finiranno inevitabilmente per collidere, tra le battute di Tom a Ephreim, e il desiderio da parte di quest’ultimo di poter vedere la luce del faro. Ephraim stesso inizierà, poi, a maturare delle allucinazioni sempre più frequenti e profondamente inquietanti, seppur per certi versi “erotiche”, di sirene e mostri marini dalla memoria lovecraftiana. Ed è qui che appare la vera anima della pellicola: un horror psicologico sul tema della solitudine.
Robert Pattinson e Willem Dafoe regalano una performance magistrale in un’atmosfera marinaresca dalla tensione straniante, anche grazie all’aiuto alla sceneggiatura del fratello Max Eggers, che scrive una storia che è un delizioso e spesso oltraggioso omaggio al linguaggio marittimo e alla tradizione dei lupi di mare, riuscendo, con non poco stupore da parte mia, a mischiare la poesia di Coleridge e la tragedia di Eschilo.
Ciò che stupisce in The Lighthouse è che si rifiuta di mostrarsi apertamente come un film horror in quanto tale. Le immagini, presentate senza mezzi termini e in gran parte senza alcuno ovvio motivo narrativo, sono spesso surrealmente divertenti (i pochi momenti seri vengono spesi dalle tempestive flatulenze di Dafoe), tanto da poter venire per istinto da chiedersi cosa si stia guardando se ci si limita alla superfice.
L’obiettivo di Eggers è, infatti, proprio quello di creare disorientamento nello spettatore, evocando un incubo fuori dal tempo e dallo spazio, che cattura ogni ombra e contorno, conferendole un senso di orrore espressionista (da citare il superbo lavoro del direttore della fotografia Jarin Blaschke). Anche la scelta del 4/3 si dimostra claustrofobica e disorientante come qualsiasi cosa all’interno di una stretta cornice quadrata.
Eggers non capitola mai alla semplicità narrativa perché questa è una storia popolare che ha molto di più della semplice storia. È un’esplorazione della mascolinità, della sessualità e della vergogna, e di come l’alcol diventi l’unico meccanismo per esprimere ciò che altrimenti sarebbe represso.
È una stupefacente rappresentazione, quasi teatrale, di due dei migliori del settore, che si scatenano a vicenda come le onde che si infrangono sugli scogli dell’isola. E’ la vera propria creazione di un mito folklorico moderno, prendendo in prestito dalla tragedia greca, dalla psicologia junghiana e dai mostri lovecraftiani ed è, soprattutto, una favola così densa di umore, atmosfera e dettagli che non potrà che lasciarti, forse con le ossa rotte, ma con la voglia di rivederlo di nuovo!
Cosa ci possiamo aspettare da The Northman?
Detto ciò, le aspettative per The Northman non possono che essere alte.
Ambientato all’inizio del X secolo racconta la storia di una vendetta, quella cercata dal giovane Amleth (Alexander Skarsgård) per l’uccisione del padre Horwendil (Ethan Hawke) per mano di suo zio, Fjölnir (Claes Bang). Amleth riesce a scappare, per poi fare ritorno da adulto nella sua terra natia per cercare vendetta e salvare sua madre, la regina Gudrún (Nicole Kidman).
Nel viaggio per raggiungere le fredde coste che non tocca da anni, Amleth incontra Olga (Anya Taylor-Joy), nella quale ritroverà una fidata alleata.
The Northman si prospetta decisamente epico, pieno d’azione e battaglie all’ultimo sangue, ma con una spiccata voglia di stupire attraverso una narrazione ben tessuta, che dalle poche informazioni che abbiamo, appare ispirarsi proprio all’Amleto di Shakespeare, la dove, però, i sofisticati drammi di corte lasciano posto al gelido freddo delle terre nordiche e dei cuori vichinghi.
Non ci resta dunque che aspettare l’uscita del film in tutti i cinema il 21 aprile 2022, e sperare che Robert Eggers ci regali nuovamente una pellicola degna del suo nome.

Nato nel 1999 e circondato dal mare, prima dell’isola d’Elba e poi della Sardegna, Tommaso dalle poltrone della sala, approda finalmente a quella davanti alla tastiera, per scrivere di ciò di cui ha sempre amato parlare: il cinema, in tutte le sue forme. Studente di filosofia e da poco in Radioeco, puoi trovarlo su instagram come @tomcorsetti_