Grammy or Scammy? I Grammy Awards tra razzismo e misoginia

Che cosa sono i Grammy Awards?

Più spesso abbreviati come “GRAMMY”, i Grammy Awards sono un premio istituito negli Stati Uniti al fine di premiare canzoni, dischi, artisti ed artiste che si sono distinti nell’industria musicale per successi particolari. 

Nacquero nel 1959, ispirandosi a premi già istituiti da alcuni anni nel teatro, il cinema e la televisione, e la prima cerimonia si tenne il 4 maggio di ben 62 anni fa, trasmessa contemporaneamente a Beverly Hills, California e New York. 

Il nome originale del premio è “Gramophone Awards”, in riferimento al grammofono, un omaggio all’inventore Thomas Edison, il quale dà forma al trofeo con cui vengono premiati vincitori e vincitrici.

Le categorie generali per cui si concorre, suddivise successivamente rispetto ai vari generi musicali, sono:

  1. Album of the year 
  2. Record of the year
  3. Song of the year
  4. Best new Artist

In origine 108, le sottocategorie sono state ridotte a 78 nel 2012, tornando poi a 82 nel 2014. La restrizione, oltre ad aver fuso insieme più sottocategorie, ha avuto anche lo scopo di eliminarne alcune i cui nomi sembravano un’etichettatura non necessaria e poco pertinente al campo musicale.

Nel 2020, ad esempio, sollecitati dalle proteste del movimento “Black Lives Matter”, a seguito della morte di George Floyd, molti artisti ed artiste hanno fatto pressione affinché fosse eliminata la categoria “Urban”, la quale metteva insieme generi decisamente eterogenei, accumunati solo dal fatto di essere prodotti da artisti ed artiste neri. Altre, nel tempo, sono state l’eliminazione della categoria “Latin” (per la quale sono successivamente nati gli specifici “Latin Grammy”) e la distinzione fra donne e uomini per ogni categoria.

Come funzionano le votazioni?

La giuria è composta da 150 esperti delle varie aree del campo discografico, proveniente dalla NARAS (National Academy of Recordings Arts and Sciences). Per anni impari, nel 2020 si è riusciti ad arrivare ad una parità di genere e cultura: il 47% dei votanti uomini accanto allo stesso 47% di donne in giuria, insieme ad un 37% di persone non bianche. 

Brani, album e performer possono essere proposti sia da artisti ed artiste stessi che dai membri della giuria. Dopo aver accertato che le candidature rientrino nei requisiti per le categorie prescelte, la giuria trascorre ben due giorni ad analizzarle, arrivando alla fine a selezionare fra le 5 e le 10 candidature che gareggeranno per aggiudicarsi il Grammy. Coloro che non vinceranno riceveranno comunque una medaglia.

Ai votanti è richiesto di essere imparziali, considerando solamente la qualità di brani e performer, senza farsi influenzare da simpatie personali e motivi ideologici, come quelli di genere e culturali. Purtroppo, però, molto spesso sono state mosse accuse a causa di una trapelata eccessiva parzialità nell’assegnazione dei premi.

E, se i Grammy sono un’istituzione ormai quasi settantenne, altrettanto vecchie sono le controversie che li accompagnano, infatti nel corso degli anni e del susseguirsi di generi, stili e artisti, numerose sono state le volte in cui il premio, e la struttura alle sue spalle, è stato al centro del mirino. Esiste un argomento generale, una critica più centrale delle altre?

Paradossalmente, no. I Grammy sono stati e vengono tutt’ora criticati sotto molti fronti. Anzi, con l’avanzare degli anni e della consapevolezza nei confronti di temi sociali oggi più che mai caldi, le argomentazioni volte a smontare definitivamente questo pilastro della musica occidentale sono sempre più forti e ben strutturate, evidenziando la palese incapacità del mondo musicale d’oltreoceano di rispondere in maniera decisa e rassicurante ai sempre più evidenti dubbi e malcontenti dell’audience odierna.

“Excessive commercialism”

Una delle critiche più reiterate e, in effetti, anche una delle più vecchie, altro non poteva provenire da artisti di generi che, da sempre, si sono posti contro il mainstream e contro il profitto, in favore d’una musica libera da quella pressione consumistica dettata dalla vendita di dischi, dallo scalare le classifiche. Di chi parliamo? 

Ovviamente ci riferiamo ad artisti rock e hip-hop! Ad esempio, nel 1996, quando i Pearl Jam vinsero un Grammy per la “Best Hard Rock Performance”, il cantante del gruppo, Eddie Vedder, nel ricevere lo stesso premio affermò di non avere idea di quale fosse il valore di quel riconoscimento, anzi, escludendo quasi del tutto un suo possibile significato; così come qualche anno dopo Maynard James Keenan, lead singer della band Tool, decise di non partecipare alla cerimonia di premiazione per ricevere uno dei premi affermando che

“I think the Grammys are nothing more than some gigantic promotional machine for the music industry. They cater to a low intellect and they feed the masses. They don’t honor the arts or the artist for what he created. It’s the music business celebrating itself. That’s basically what it’s all about.”

“Credo che i Grammy non siano altro che una gigantesca macchina promozionale per l’industria musicale/discografica. Portano ad un abbassamento dell’intelletto, nutrendo le masse. Non onorano né l’arte né gli artisti. È solo un’autocelebrazione del mercato musicale. Ecco che cosa sono!”

Ma, prima di loro, nel 1991, la cantante irlandese Sinead O’Connor si rifiutò direttamente di ricevere il Grammy, boicottando la cerimonia, nonostante fosse nominata in ben tre categorie, criticando aspramente in numerose occasioni l’eccessiva attenzione dell’organizzazione verso album banalmente più commerciali e noti ma meno validi rispetto a quelli, magari più sconosciuti ma qualitativamente superiori.

Anche il mondo dell’hip-hop si è più volte schierato contro questa istituzione, pensiamo a grandi nomi della scena come 50 Cent, il quale, nonostante l’enorme successo ricevuto in seguito all’uscita del suo debut album Get rich or die tryin”, non ricevette il premio come “Best new artist” – che invece fu assegnato alla band statunitense gothic rock Evanescence – e, in segno di protesta, prese a passeggiare sul palcoscenico, disturbando la premiazione e, anni dopo, quando fu effettivamente il suo turno di ricevere il premio, si rifiutò di partecipare all’evento.

Oppure come Drake, il quale, seppur abbia vinto ben due Grammy nel 2017, criticò la scelta di inserire la propria canzone, “Hotline bling”, nella categoria rap e, in ossequio ai suoi colleghi della scena rap, affermò di non volere quel premio sostenendo che vi fossero artisti più meritevoli di lui.

“Racial-bias”: la musica è davvero senza pregiudizi?

Ciò che, purtroppo, è emerso nell’analisi dei vincitori del premio è stato il lampante “racial-bias” del quale soffre la Recording Academy. Perché si parla di racial-bias?

Perché, dal 1959, soltanto dieci artisti neri hanno vinto il premio Album of the Year, così come, dal 2012 al 2020 gli artisti neri hanno ricevuto soltanto il 26.7% di nomination alla cerimonia nonostante rappresentino oltre il 38% degli artisti presenti nella classifica US Billboard Hot 100. Ma la questione racial non si ferma qui, perché anche gli artisti ispanici e latino-americani soffrono la fortissima discriminazione di questa istituzione. Basta pensare che questi artisti sono i più “meno rappresentati” ai Grammy e sono ulteriormente ghettizzati poiché i loro brani vengono trasferiti nelle categorie dei “Latin Grammy Awards”, a meno che non abbiano un seguito molto ampio e abbiano ormai sfondato la barriera della “musica commerciale”.

A proposito di racial-bias, ci sono stati due casi che hanno fatto fortemente discutere e hanno allontanato, forse per sempre, una buona parte degli ascoltatori della musica attuale dai Grammy. Di chi parliamo? Ci riferiamo al caso The Weeknd e al caso BTS.

“I said, ooh, I’m blinded by the lights / No, I can’t sleep until I feel your touch / I said, ooh, I’m drowning in the night / Oh, when I’m like this, you’re the one I trust / Hey, hey, hey / I’m running out of time / ‘Cause I can see the sun light up the sky / So I hit the road in overdrive, baby, oh”

Blinding lights – the weeknd

Quante volte vi sarà capitato di canticchiare questo orecchiabile ritornello?

Blinding lights” è una canzone del cantante canadese the Weeknd pubblicata il 29 novembre 2019 dalla XO e dalla Republic Records, è stata ai vertici della classifica Billboard Hot 100 per quattro settimane ed è tra i più grandi successi dell’artista. Questo brano, insieme ad altre opere d’arte rinomatissime come “Save Your Tears”, “In Your Eyes” e “Heartless”, fa parte del quarto album di The Weeknd, “After Hours”, pubblicato nel 2020. Ma perché ne parliamo in questo contesto?

Vi stupirà sapere che The Weeknd, nonostante la grande accoglienza della critica e del pubblico generico, nell’edizione del 2020 dei Grammy non ha ricevuto alcuna nomination nelle quattro categorie principali per l’album After Hours, seppur avesse già avuto modo di dimostrare le proprie capacità vincendo quello stesso anno sia i VMAs (MTV Video Music Awards) che gli AMAs (American Music Awards). La notizia non è stata affatto presa bene dall’artista, il quale ha provveduto ben presto a mostrare il proprio dissenso e rancore nei confronti dei Grammy, tramite un tweet al vetriolo, accusando l’organizzazione di assenza di trasparenza nelle votazioni. Come dargli torto?


Se il “The Weeknd gate” non vi ha fatto storcere il naso a sufficienza, quanto avvenuto nel caso dei BTS potrebbe essere la goccia che farà traboccare il vaso. Ma chi sono i BTS?

Per chi non è del mestiere, quando parliamo di BTS ci riferiamo alla boy band sudcoreana Bangtan Sonyeondan (방탄소년단, 防彈少年團), gruppo composto da 7 ragazzi di età compresa tra i 24 e i 29 anni (Jin, Suga, J-Hope, RM, Jimin, V e Jungkook) e formatosi nel 2013 sotto la Big Hit Entertainment (oggi HYBE Corporation, società quotata in borsa e con un net worth di $98.45 milioni approssimativamente). La band, sin dagli inizi, è stata capace di imporsi sulla scena coreana e internazionale, dettando un nuovo modo di fare musica e di approcciarsi alla propria fan base: non a caso ad oggi vantano circa più di 11 milioni di fan (la più grande fan base al mondo) raggiungendo tutte le fasce d’età e ogni angolo del mondo.

Nel 2019 fanno la loro prima apparizione ai 61st Grammy Awards come presentatori dopo la loro apparizione al LA Grammy Museum nel 2019. Nell’agosto del 2020 pubblicano il brano “Dynamite”, diventando i primi artisti sudcoreani ad essere in cima ad una classifica occidentale (i secondi asiatici di tutti i tempi) e ad avere un singolo al #1 negli Stati Uniti. Il 24 novembre 2020 diventeranno i primi artisti sudcoreani ad essere riconosciuti dalla Recording Academy, venendo candidati nella categoria “Best Pop Duo/Group Performance” con Dynamite ai 63rd Annual Grammy Awards.

Purtroppo, seppur i numeri e le possibilità di portare effettivamente a casa anche questo premio vi fossero tutte, i BTS non riusciranno in questa loro missione; infatti, quell’anno il premio verrà consegnato a Lady Gaga e Ariana Grande per la collaborazione per il brano “Rain on me” e questo infiammerà la grandissima faida tra gli ARMY (Adorable Representative M.C. for Youth), nome con il quale si identifica la fanbase dei BTS, e la Recording Academy. Quest’ultima verrà fortemente criticata per aver sfruttato la popolarità dei BTS per ottenere maggiore share, per la poca trasparenza nella scelta dei vincitori e accusata di razzismo. In questa occasione i fan manderanno in trend su Twitter l’hashtag “#scammys”, invitando tutti a boicottare la cerimonia e a mostrare maggiore supporto alla band.

Quest’anno i BTS hanno ricevuto la loro seconda nomination, sempre nella categoria “Best Pop Duo/Group Performance”, per il brano “Butter”, uscito il 21 maggio 2021, ma anche in questo caso non sono mancate le critiche e si è nuovamente accesa la lotta degli ARMY contro la Recording Academy.

Quest’anno la fanbase si aspettava più di una nomination per la pop band, cosa che purtroppo non è avvenuta, destando ancora più sospetti. Ancora una volta l’intera discussione si è spostata su Twitter e sui social media e ha ripreso piede uno slogan che tanto fa discutere ma che nasconde una grande verità, cioè “BTS wants a Grammy but Grammy needs BTS”, ulteriore dimostrazione delle scarse capacità dell’organizzazione di riallacciare i rapporti e avvicinarsi di più agli ascoltatori più giovani.

Accuse di gender bias: casi discriminazione femminile nella storia dei Grammy 

Oltre alle accuse di razzismo, i Grammy sono spesso stati accusati di adottare un trattamento diverso nei confronti di uomini e donne in gara. 

Nel 2018 il caso Lorde: unica donna finalista nella categoria “Album dell’anno”, la cantante neozelandese si rifiutò di partecipare alla cerimonia dopo essersi vista negare una performance da solista, la quale era invece stata concessa a tutti i cantanti maschi in gara con lei. Il caso fu un pretesto per denunce generali sulla mancata parità nelle nomination e nell’attribuzione dei premi. Purtroppo, deludente fu la risposta arrivata dalla giuria, che le valse l’hashtag #GrammySoMale: secondo il parere di alcuni giurati, le donne avrebbero dovuto “step up”, migliorare nelle loro performance al fine di ricevere più premi ed essere riconosciute.

Qui, la lettera denuncia che Lorde scrisse, rivolta ai suoi fan.

Altro esempio nel 2019, portato questa volta dalla cantante Ariana Grande: seppur vincitrice di molti premi e amatissima dal pubblico, alla Grande viene impedito di cantare sul palco il suo ultimo, famoso brano del tempo, “7 rings”. Alle proteste della cantante, la giuria, di nuovo con voci maschili, non risponde in modo molto diverso dal caso Lorde: Ken Ehrlich la accusa di essersi ritirata non a causa del brano ma in quanto incapace di preparare una performance degna dei Grammy. Grande non si lascia intimidire e risponde a tono al produttore:

“Sono capace di preparare una performance in una notte, e questo tu lo sai bene, Ken; ciò che mi ha spinta a non partecipare è stato il soffocamento, da parte tua, della mia creatività ed espressione personale. Spero lo show sia esattamente come lo vuoi tu, ed anche meglio.”

Qui, le motivazioni della cantante.

Nel 2020, ultima gaffe misogina degli awards quella nei confronti della comica nera Tiffany Haddish: le viene chiesto di presentare la cerimonia, ma le spese di trucco e parrucca dovranno essere a suo carico. Infastidita da questa assurda richiesta, Haddish chiede aiuto ai colleghi uomini, peccato però che a nessuno di loro fosse stato chiesto di assumersi le spese “per farsi belli”

Grammy e attualità riusciranno ad incrociarsi?

Proprio in proposito di questa lontananza della NARAS (National Academy of Recordings Arts and Sciences), dei Grammy Awards e di tutta l’industria discografica dalla cultura musicale attuale, nel 2011 il fondatore e CEO dell’Huffpost, Steve Stoute, ha pubblicato una lettera aperta a questi soggetti, invitandoli ad una maggiore riflessione e auto-critica circa il loro ruolo e abilità di interfacciarsi con l’audience.

Dal momento in cui Steve Stoute ha scritto e pubblicato questa lettera aperta, tanti sono stati gli avvenimenti che hanno scosso la società e la scena musicale contemporanea e, specie negli ultimi anni, la Recording Academy ha cercato in più occasioni di migliorare il proprio lavoro, tentando invano di recuperare agli errori commessi in passato.

Sperando che l’edizione di quest’anno vada “smooth like butter”, ci siamo divertite a dire la nostra sulle varie categorie. E voi, chi vorreste che vincesse?

grammy
  • Record of the Year: “Leave the door open” – Silk Sonic / “Montero (Call me by your   name)” – Lil Nas X 
  • Album of the Year: “Planet Her” – Doja Cat
  • Song of the Year: “Bad Habits” – Ed Sheeran
  • Best new artist: Glass Animals
  • Best pop solo performance: “Positions” – Ariana Grande
  • Best pop duo/group performance: “Butter” – BTS
  • Best melodic rap performance: “Industry baby” – Lil Nas X
  • Best rock album: “McCartney III” – Paul McCartney
  • Best music video: “Good 4U” – Olivia Rodrigo

P.S. dalla mattina dopo: All”esito dei vincitori effettivi, una cosa è chiara: meno male che noi pensiamo a scrivere e non tocca a noi indovinare i vincitori, perché di sicuro non siamo il polpo Paul nel predire i risultati. Ma ci siamo comunque divertite! E voi, siete felici dei risultati? Ecco qui la lista completa!


Le autrici:

Irene Lenzi

Classe 2001, studentessa di filosofia e novizia di Radio Eco. Appassionata di arte, cinema, musica, moda ma soprattutto libri. Logorroica ma simpatica, sfortunata in amore e con una gran voglia di scoprire e raccontare, potete conoscerla meglio su instagram: @irn.lnz

Bianca Cannarella

Studentessa di Giurisprudenza, si lamenta spesso e se potesse reincarnarsi in qualcuno, sicuramente sarebbe Salem, il melodrammatico gatto di Sabrina – Vita da strega: fa parte della squadra di RadioEco dal 2022. @bianca.cannarella

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