Grazie alla nuova collaborazione col Cinema Arsenale di Pisa, RadioEco ha avuto la possibilità di incontrare Pif per parlare con lui di E noi come stronzi rimanemmo a guardare, il suo ultimo film, uscito nelle sale a Novembre 2021, e poi distribuito su Sky Italia e Now TV. In questo evento al Cinema Arsenale, Pif ha presenziato per ben due proiezioni del film con l’aggiunta di una terza a seguito del rapido sold out di tutti gli spettacoli. Il regista ha incontrato la stampa prima dell’inizio dei film e poi ha presentato e discusso il suo prodotto con la sala, rispondendo alle domande dei più curiosi.

Uno sguardo alla carriera

Pif, all’anagrafe Pierfrancesco Diliberto, è regista, sceneggiatore, attore e scrittore. Classe ’72, nasce a Palermo tra profumi di arance e sentore di mafia permeata in ogni mattone, serranda e calcinaccio della sua terra.
Arrivato all’età adulta inizia a guardare la vita tramite l’obiettivo di una videocamera, sua compagna fedele fino alla creazione del format Il testimone, docuserie che arriverà a ben nove stagioni e dove è Pif stesso a viaggiare dentro e fuori dallo stivale, alla scoperta di luoghi, persone e culture.
Il debutto alla regia avviene con La mafia uccide solo d’estate, commedia drammatica in cui Pif affronta un tema a lui molto vicino, quello delle associazioni criminose. Sono innumerevoli anche altri suoi lavori, in televisione da Le Iene come inviato, per arrivare alla radio e al mondo dell’editoria.
E noi come stronzi rimanemmo a guardare: la parola a Pif

Pif, in E noi come stronzi rimanemmo a guardare, decide di affrontare un argomento tanto attuale quanto futuristico, quello della tecnologia, nel caso specifico associata al mondo del lavoro.
In questo film, Pif racconta la storia di Arturo Giammarresi (nome che il regista dà a tutti i suoi protagonisti maschili), quarantottenne italiano che si ritrova senza lavoro, tagliato fuori dall’algoritmo introdotto da lui stesso nella società in cui era dipendente. Da qui inizia la vita di Arturo all’interno di una realtà lavorativa in cui i contratti non prevedono la stipulazione delle cifre di pagamento, dove la vita – compresi i ritmi circadiani – è scandita da un’applicazione allo scopo di rendere più efficiente il servizio offerto, e in cui è sempre un algoritmo a infliggere punizioni a seguito di prestazioni scarse.
Il giogo tecnologico assume quindi le sembianze di un vero e proprio dittatore, un Grande Fratello dentro le cui mani immaginarie vi è la vita e le scelte di Arturo e di chiunque altro.
È stato Pif, durante l’intervista, a spiegarci i temi cardine e come questi si vadano a riflettere nella sua vita. L’intervista si è strutturata su quattro argomenti principali:
- Il parallelismo con Black Mirror ed l’ispirazione visiva a Tati
- La tecnologia nella vita di Pif
- I film di Pif come denunce politiche
- L’influenza de Il testimone nelle opere di Pif
Il parallelismo con Black Mirror ed l’ispirazione visiva a Tati
Siamo partiti parlando a Pif di come fosse spontaneo, vedendo il film soprattutto attraverso gli occhi dei Millennial, notare un parallelismo con la serie tv Black Mirror. I temi sono rappresentati in maniera diversa dal film e dalla serie, però il risultato finale è quello di trasmettere una forte sensazione di inquietudine. Abbiamo infatti chiesto a Pif cosa ne pensasse di questa familiarità e soprattutto che cosa l’avesse spinto a portare questo messaggio in un prodotto italiano. Con il suo fare semplice, ma pungente, la risposta del regista è stata sincera e diretta, spiegando che per quanto questa similitudine sia stata colta da molti, lui della serie Black Mirror ha visto un’unica puntata.
La sua fonte di ispirazione a livello visivo, è stata invece Playtime di Jaques Tati, per quanto riconosca che il suo film abbia degli elementi comuni a Black Mirror. In aggiunta, Pif ci ha mostrato, invece, la differenza tra i due prodotti, il suo e quello britannico distribuito da Netflix, che sostanzialmente risiede nel fatto che Black Mirror non è una commedia, mentre la sua intenzione era creare una commedia per l’appunto che si applicasse ad una realtà un po’ deformata, che non è fantascienza, ma non è neanche il presente.
Pif ha anche rivelato la natura profetica della sua opera, ideata e scritta prima del covid, ma che ha predetto, per poi vedere realizzate nella realtà del 2022, innumerevoli elementi rappresentati nel film.
La tecnologia nella vita di Pif
Il nostro interesse si è poi concentrato sulla figura dell’algoritmo; questa presenza onnisciente che assume un carattere quasi dittatoriale che spia, controlla e punisce. Il film vede infatti l’uomo parlarne come un qualcosa che muove il tutto e che sembra aver creato esso stesso l’uomo, e non il contrario. Ci siamo chiesti se per Pif oggi giorno la tecnologia rappresenti veramente qualcosa di così invasivo ed inquietante come lui tende a rappresentarla nel suo film, ma eravamo soprattutto curiosi di capire che cosa rappresenti la tecnologia nella sua vita.
La sua risposta è stata inaspettata: il regista si è dichiarato assolutamente a favore della tecnologia, nonché in possesso di tutto ciò che di tecnologico si possa avere. Il problema, ha spiegato, non sta quindi nella tecnologia in sé, ma nel modo in cui questa viene utilizzata e poi controllata. Secondo il regista, l’uomo deve essere il centro e la tecnologia si deve espandere intorno a lui, lo deve sostenere. Invece, oggi questa dinamica sembra essersi capovolta. Tutto questo, se applicato al mondo del lavoro, sfocia in una vera e propria degenerazione.
Per spiegarci questo concetto, Pif ha anche rivelato che nel film ci sono una serie di elementi ispirati alla realtà: l’algoritmo che punisce esiste, il rider costretto a lavorare di notte sotto la pioggia e la neve, pena la punizione, esiste anch’esso.

I film di Pif come denunce politiche
A questo punto ci siamo spostati sul tema della ribellione che troviamo già all’interno del titolo del film. Si tratta di una ribellione che alla fine decade, dando un senso di impotenza all’idea di poterla effettivamente realizzare. Abbiamo quindi chiesto a Pif se invece per lui la ribellione intesa come cambiamento sia qualcosa di effettivamente attuabile. L’attore e regista ha raccontato che l’idea del titolo deriva dall’immaginarsi una possibile situazione futura, in cui le nuove generazioni sostengono di ritrovarsi in una condizione negativa perché “voi stronzi siete rimasti lì a guardare”. Con enfasi, ha poi rivelato una grande verità, sostenendo che E noi come stronzi rimanemmo a guardare, è difatti, un titolo facilmente applicabile ad una qualsiasi rappresentazione (Pif ha fatto come esempio il caso di La mafia uccide solo d’estate) che rifletta la realtà italiana, caratterizzata dalla tendenza di rimanere a guardare sperando che qualcuno agisca per lei, pronta però alla critica in caso di fallimento. Da artista ha realizzato questo film con un’idea di speranza in una possibile presa di coscienza sulla situazione attuale della tecnologia, soprattutto messa in relazione al mondo del lavoro. Il regista definisce la pellicola come una denuncia politica, per quanto non partitica, sulla falsa riga delle altre due sue opere realizzate: La mafia uccide solo d’estate e In guerra per amore.
La natura di commedia del film ci ha spiegato, ridendo, essere invece una sdrammatizzazione del suo moralismo.
L’influenza de Il testimone nelle opere di Pif
Per concludere la chiacchierata abbiamo deciso di fare un passo indietro nel tempo, arrivando agli anni de Il testimone. Programma il cui cuore pulsante è la realtà e le persone che rendono questa realtà tale. Abbiamo chiesto a Pif se fosse stato in qualche modo influenzato dalle tematiche trattate nella docuserie che gli ha donato la fama, nella scelta dei temi che hanno dato vita a E noi come stronzi rimanemmo a guardare.
Pif, in seguito ad una breve riflessione, ci ha risposto che nello specifico questo non è accaduto, sostenendo però che Il testimone ha avuto un’influenza nella sua modalità di pensare e poi creare i film, che quindi non si succedono mai in serie, ma necessitano di più tempo tra la realizzazione dell’uno e l’altro. Ha poi aggiunto che è grato all’esperienza di realizzazione de il testimone che gli ha permesso di andare in giro per il mondo e osservarlo, sicuramente lasciandogli qualcosa. Se però questo qualcosa sia una vera e propria influenza sul suo ultimo film, questo non ci è dato saperlo.
Pif e la riuscita di E noi come stronzi rimanemmo a guardare
Non è difficile, quindi, definire E noi come stronzi rimanemmo a guardare un gioiello tra i prodotti cinematografici italiani. Partendo dalla fotografia dal respiro internazionale, il film si caratterizza di dialoghi ben scritti, ottime prestazioni attoriali, citazioni che strizzano l’occhio a pellicole italiane come Ladri di biciclette di Vittorio De Sica o l’iconico personaggio di Fantozzi, per giungere ad un tema principale affrontato con toni pungenti di criticità e ironico cinismo. In questo modo, Pif e la sua commedia, si prendono il posto che spetta loro come eccellente opera tesa alla denuncia di un sistema in rapida ed inquietante ascesa.
Un ringraziamento particolare va al Cinema Arsenale, per l’organizzazione di questo evento irripetibile e la possibilità dataci di incontrare una delle maggiori figure di spicco del panorama artistico italiano dei nostri giorni: Pif.

Autore: Matilde Loni
Nata accanto alla torre pendente nel 1997, Matilde da ex pallavolista approda alla tastiera del pc per scrivere della sua grande passione: l’arte in tutte le sue declinazioni. Studentessa di Psicologia Clinica e novizia di RadioEco, puoi trovarla su Instagram come @matilde.loni.