TITOLO: La vegetariana
TITOLO ORIGINALE: The vegetarian
GENERE: Romanzo
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2007, esce in Italia per Adelphi. Viene ristampato nel 2016, a seguito della vittoria al Man Booker International Prize, per la sua “sbalorditiva miscela di orrore e bellezza”. Nel 2009, il regista Lim Woo-seong ne fa un adattamento cinematografico, presentato al Sundance Film Festival
L’AUTRICE: Han Kang nasce nel 1970 a Gwangju, città della Corea del Sud, trasferendosi poi all’età di 10 anni a Seul, città nella quale studierà letteratura coreana all’università Yonsei. Figlia di uno scrittore, prima di approcciarsi alla scrittura di libri, inizia pubblicando raccolte di poesie, cosa che lei stessa spiega essere molto comune nella letteratura coreana, nella quale non esiste specificatamente il genere del romanzo. Dal 2013, insegna scrittura creativa al Seul Institute of Arts.
TRAMA: Seul, Corea del Sud, in un tempo non specificato, ma che sembra appartenere ai giorni nostri. Yeong-hye fa un sogno: si ritrova in una foresta buia, sporca di sangue fino alla testa e intenta a mangiare la creatura che sembra aver ucciso. Questa visione così cruda la spinge a diventare vegetariana: il mattino seguente, suo marito, il signor Cheong, la trova intenta a svuotare il frigo da ogni traccia di carne, e quando le chiede spiegazioni, l’unica risposta che riceve è: “Ho fatto un sogno!”.
Inizia così un percorso di emancipazione, purificazione, allontanamento dalla famiglia, la società che la tratta con ferocia o compassione, senza provare minimamente a capirla. La resistenza al padre violento, l’accettazione del divorzio chiesto dal marito, il sì alla proposta del cognato di dipingere il suo corpo nudo, utilizzandola come modella per il suo lavoro. Infine, la resistenza alle richieste della sorella di restare in vita, “guarire”.
LA PROTAGONISTA: Yeong-hey è una donna tanto fragile quanto, nel corso del libro, capace di estrema forza di volontà e indipendenza. La sua determinazione nel portare avanti la strada del vegetarianismo, rifiutandosi non solo di mangiare, ma anche di cucinare e vedere carne, la protegge contro ogni possibile cedimento davanti all’incomprensione altrui. Tutti la considerano pazza, ma forse i veri pazzi sono loro.
E’ proprio attraverso questi sguardi altri che la storia viene raccontata. La prima parte, “La vegetariana”, è la narrazione del punto di vista del marito, un uomo che non ha mai amato Yeong-hye, sposata per la bellezza mediocre e il carattere mansueto, il quale chiederà il divorzio, vergognandosi degli “strani atteggiamenti” della moglie, che non può più utilizzare per il sesso e per sbrigare le faccende di casa.
Nella seconda parte, “La macchia mongolica”, la narrazione è affidata al cognato di Yeong-hye, marito di sua sorella In-hye: artista e video maker. L’uomo sfrutta il suo lavoro per conquistare il corpo della cognata, la cui macchia mongolica che ha su una natica lo ossessiona.
Infine, la terza parte, “Fiamme verdi”, ci porta il punto di vista della sorella In-hye. Yeong-hye, ricoverata in ospedale, si appellerà all’amore della sorella, sperando che non opponga resistenza alla sua decisione di trasformarsi in un vegetale, rifiutando ogni nutrimento artificiale. Ma anche In-hye, risucchiata da un mondo patriarcale che si appella a lei solo come “la madre di Ji-woo”, non sarà capace di capire fino in fondo il significato liberatorio dei gesti della sorella.
LO CONSIGLIO PERCHE’: Mi sono avvicinata a questo libro dopo aver seguito una masterclass di Michela Murgia e Chiara Valerio, “I BTS, la band coreana tra pop e politica”. Negli ultimi mesi ho sviluppato una passione per Kpop (ambiente della musica pop sudcoreana, costellata da Idols, giovani cantanti inseriti in gruppi nei quali si accompagnano le canzoni ad articolate coreografia) e Kdrama (soap opera sudcoreane), avvicinandomi, però, non solo alla Corea del Sud romanzata e patinata, ma anche alla società vera, con i pregi tanto quanto le contraddizioni. Murgia consiglia questo libro proprio per entrare nella contraddizione, forse non troppo lontana dalla nostra.
Essendo io stessa vegetariana, sono stata subito incuriosita da questo titolo che molto spesso avevo visto in libreria. Ma Yeong-hye non è una vegetariana tradizionale: non lo fa per etica animalista, non per ambientalismo, non per salute, lei allontana la carne per liberarsi da molto di più. In una società patriarcale, dove il potere dei mariti, dei padri capo-famiglia, degli standard di bellezza, di giusto-sbagliato, delle costrizioni di genere in stereotipi ben delineati, la protagonista si ribella, elevandosi al di sopra di ciò, rivendicando la sua coscienza, il proprio corpo e anche la propria morte.

Un altro motivo per cui mi sento di consigliare questa lettura è per la forma e la scrittura accattivanti. In un’intervista per Rivista Studio, l’autrice racconta: “I libri non devono affatto spiegare tutto. Mi piace lasciare uno spazio vuoto al centro delle mie storie. È anche il motivo per cui non ho voluto usare un metodo di scrittura tradizionale per La vegetariana. La protagonista è sempre vista dagli altri, se ci hai fatto caso, a cominciare dal marito. Il fatto che venga sempre vista dagli altri la rende soggetta a continui malintesi, anche da parte del lettore. Tutti gli sguardi in contrasto tra loro falliscono quando vogliono dirci la verità su qualcuno o qualcosa. Succede anche a Yeong-hye, quando smette di mangiare carne. Lo spazio vuoto di cui parlavo prima è fondamentale affinché il lettore resti libero di tracciare il suo personale volto della protagonista, che non racconta mai in prima persona.” (picture credits)
In questo, per me, sta la bellezza di un libro: potersi immergere in esso, riflettere, interpretarlo senza troppe linee guida, magari anche restando confusi fino alla fine ed oltre.