
“To bee or not to bee, that is the question”. Le api sono esseri meravigliosi. La loro presenza, così come quella di moltissimi altri insetti (tra cui farfalle, vespe e coleotteri), permette di compiere il fondamentale servizio ecosistemico dell’impollinazione, assicurando la produzione di cibo (due terzi delle piante che nutrono gli esseri umani dipendono dall’impollinazione degli insetti) e il mantenimento della biodiversità sul pianeta, migliorando la resilienza delle piante ai cambiamenti climatici. Durante la loro vita le api producono una serie di prodotti da secoli utilizzati dall’uomo: miele, cera, propoli, polline, pappa reale e veleno. Ad esempio, riescono ad ottenere 1 kg di prezioso miele sommando 1 milione di fiori e 50 mila voli. Un bel lavoro, non credete? Le api italiane raggiungono il primato di produrre 30 diverse varietà di miele, sebbene il nostro sia uno dei paesi che ne consuma in minor quantità. Ma cosa accadrebbe se le api, ad un certo punto, sparissero? È un’opzione fantascientifica, o potrebbe essere un possibile scenario futuro? Vediamo insieme un consiglio di lettura, alcune delle conseguenze del cambiamento climatico sulle api e le possibili soluzioni che possono rappresentare piccoli e grandi contributi alla questione.
Un consiglio di lettura

Non mi ero mai posta davvero il problema dell’estinzione delle api, fintanto che non mi sono imbattuta in La storia delle api della scrittrice norvegese Maja Lunde. Il romanzo, il primo di una trilogia sul clima, gli uomini e la natura, è un intreccio di tre storie: William, biologo inglese vissuto a metà dell’Ottocento, George, apicoltore dell’Ohio che si trova ad affrontare la misteriosa moria delle api del 2007 e Tao, giovane madre che, nella Cina del 2098, si dedica all’impollinazione manuale dei frutteti, quando ormai delle api non rimane più alcuna traccia. Le storie di vita di questi personaggi si incrociano intorno al tema dell’apicoltura e delle api in questo romanzo dal retrogusto un po’ amaro, disegnando uno scenario non così tanto fantascientifico come vorremmo.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una diminuzione del numero di api. Un caso eclatante, che è anche raccontato nel romanzo di Maja Lunde, è la Colony Collapse Disorder (CCD) che a partire dal 2006 ha portato a misteriose sparizioni di intere colonie di api in Nord America. Questo si ripercuote con una serie di effetti negativi a catena: in primo luogo si ha una mancata impollinazione che a sua volta causa mancanza di cibo e desta quindi preoccupazioni dal punto di vista della food security, ovvero della disponibilità di approvvigionamento alimentare. Da alcuni anni difatti sta diventando sempre più comune l’affitto di arnie per assicurare alla propria coltivazione o al proprio frutteto l’impollinazione necessaria ad ottenere un buon raccolto. In secondo luogo, la mancanza di impollinatori porta alla perdita di biodiversità vegetale, soprattutto di flora spontanea.
Api e cambiamento climatico
Dietro alla costante diminuzione delle colonie vi sono numerosi fattori che si sommano. Tra questi: la degradazione e la perdita degli habitat, nuove malattie e parassiti, l’uso di pesticidi in agricoltura, la perdita di biodiversità, oltre che gli effetti del cambiamento climatico.
Nel 2021, anche in Italia, le situazioni climatiche avverse hanno creato uno scenario preoccupante. Secondo l’ESWD (European Severe Weather Database), nel 2021, in Italia, gli eventi metereologici estremi sono stati oltre 2000, ossia rispettivamente il 35 ed il 30% in più del 2021 e del 2020. Lo scorso anno, infatti, si sono registrati i primi tepori primaverili già in febbraio/marzo, che non solo hanno fatto schiudere le gemme degli alberi e indotto la fioritura in numerose specie erbacee e arboree, ma hanno anche stimolato la ripresa delle attività nell’arnia, risvegliando le api dal letargo invernale. Sono state deposte le uova e le colonie sono cresciute. Ma ad aprile è tornato il freddo e le gelate notturne si sono susseguite per moltissimi giorni. Questo ha portato alla caduta dei fiori nei frutteti, con ingenti perdite di raccolto e conseguentemente ad un’insufficiente disponibilità di nettare per le colonie che si stavano espandendo. Gli apicoltori hanno potuto venir loro in soccorso in un solo modo: ossia sostenendo le api fornendo loro soluzioni zuccherine, pratica che è generalmente esercitata occasionalmente in caso di inverni particolarmente lunghi e freddi, in cui le riserve nutritive delle api si esauriscono prima dell’entrata in attività dell’arnia.
Questa è stata la realtà per i grandi come per i piccoli produttori. Stefano, apicoltore hobbista che vive a Pisa, racconta che a Cedri (PI) durante la piena fioritura della sulla (pianta erbacea dai fiori porpora, della stessa famiglia dei legumi, da cui si ricava un miele molto delicato) ha dovuto comunque nutrire artificialmente le sue api.
Cosa possiamo fare

Pensare di poter fare qualcosa di concreto per invertire questa tendenza sembra un miraggio, ma in realtà sono molte le azioni che possono essere compiute su più livelli. A livello internazionale la FAO porta avanti da alcuni anni varie attività per incoraggiare pratiche agronomiche virtuose che possano favorire la presenza di impollinatori oltre che incoraggiare i governi e la comunità internazionale a fare di più in questo ambito. Sul piano degli stessi apicoltori, invece, Paolo Fontana, apicoltore ed autore di Il piacere delle api. Le api come modello di sostenibilità, sostiene che modificando le attuali tecniche di allevamento delle api, in modo che queste abbiano maggiore libertà di covare un numero più elevato di fuchi (i maschi, per intenderci), renderebbero l’apicoltura più resiliente e meno suscettibile agli effetti negativi delle modificazioni climatiche. Infine, per quanto sia difficile pensare che il singolo cittadino possa avere qualche tipo di potere a livello personale, sito web del World Bee Day vi sono indicate 10 azioni che possono essere compiute anche dalle persone comuni come, ad esempio, seminare piante mellifere sui balconi, evitare di sfalciare i prati durante la piena fioritura delle piante o ancora acquistare miele da apicoltori locali.
Se questa vi può sembrare una questione su cui non possiamo avere il potere di cambiare le cose, accrescere la nostra consapevolezza su cosa stia accadendo intorno a noi rappresenta comunque un primo passo che può guidarci positivamente nelle scelte quotidiane. Un consumo più consapevole e dei comportamenti più attenti possono essere il nostro personale contributo, con la speranza che presto l’umanità si risvegli alla necessità di salvaguardare tutte le specie che abitano il nostro pianeta blu, uomo compreso.
Fonti:
- FAO (2019). Declining bee populations pose threat to global food security and nutrition. (https://www.fao.org/news/story/en/item/1194910/icode/)
- Honey (fao.org)
- Liberti S., Ambiente: Raccolto, L’Essenziale, n° 8, p. 18, 23 dicembre 2021
- Liberti S., Terra bruciata. Come la crisi ambientale sta cambiando l’Italia e la nostra vita. Rizzoli, 197-199, 2021.
- Paudel Y.P., Mackereth R., Hanley R., Qin W. Honey bees (Apis mellifera L.) and pollination issues: Current status, impacts, and potential drivers of decline. Journal of Agricultural Science, 7(6), 93. 2015.

Autore: Giulia Lauria
Dottoranda in scienze agrarie, incorreggibile buddista, lettrice in erba, aspirante acrobata. Da grande sogna di piantare semi di cambiamento. Le sta a cuore l’ambiente e la sostenibilità. La sua alimentazione è plant-based e si impegna a condurre una vita più possibile zero-waste. Crede nel potere del dialogo e della comunicazione e nel potenziale dell’essere umano. È certa che accrescere la propria consapevolezza sia il primo passo per cambiare il mondo.