Si intitola Assenza sparsa il lavoro di e con Luca Oldani che è andato in scena al Teatro Nuovo-Binario Vivo lo scorso venerdì sera alle 21. Un cuscino a mezz’aria, sospeso, accoglie gli spettatori, metafora di un’esistenza, anch’essa sospesa, tra la presenza e l’assenza.
Assenza e Dolore, due facce della stessa medaglia
Concetto cardine dell’intera pièce di Jacopo Bottani e Luca Oldani è l’assenza, il divenire nella sua continua potenza, la vita che in pochi secondi può trasformarsi in non vita e il dolore al quale, probabilmente, non si riesce ad abituarsi mai.
Diversi sono i luoghi in cui lo spettatore si ritrova, guidato dalle parole di Oldani, nel viaggio alla scoperta del dolore e della vita, perché in fondo, forse, non può esserci l’uno senza l’altra. Ci si trova in un corridoio, nella sala d’attesa del reparto di Rianimazione di un ospedale, quello in cui vorremmo non trovarci mai ma che alle volte, la vita capricciosa ci costringe ad affrontare, e poi in una stanza, quella stanza in cui il tempo sembra essersi fermato. Ma il tempo non si è fermato, continua a correre e scorrere inesorabilmente e il ticchettio di quelle lancette stanche e deboli si fa sentire, sempre più stringente.

In quella stanza è avvenuta una scissione. La vita così come la si conosceva prima non esiste più, tutto si riduce al prima, al durante e al dopo coma. Ed è proprio quest’ultima fase che sembra spaventare più di tutto. L’ignoto, il dolore straziante della perdita, domande che non troveranno mai risposta e tanto, tanto sgomento.
L’attesa di chi non si rassegna
Si fuma, si pensa e si aspetta. Non importa cosa, si aspetta e basta. Si attende la vita, si attende la morte ma non si riesce proprio a comprendere cosa sia, invece, quest’assenza sparsa che aleggia intorno a chi quel ragazzo di ventisette anni, steso su quel letto, lo ha amato davvero.
E intanto, in questa impotente attesa, il dolore vuole essere chiamato per nome, vuole farsi prendere in giro, vuole farci scappare. Curioso il fatto che il dolore si svisceri e consumi proprio in quel reparto che si chiama Rianimazione, come se fosse la percezione stessa del dolore l’unica certezza di essere ancora vivi, di star ancora respirando a pieni polmoni in una realtà che spaventa, l’unica consapevolezza in grado di rianimare, di riportare la non vita alla vita. Ma quel reparto e quel dolore avevano un che di universale.

Nel racconto di Oldani, si descrive l’attesa, quell’attesa propria dell’ignoto e di quella sensazione trascendentale che si prova stando in ospedale. Così, il dolore per l’attesa della concretizzazione della perdita di un caro amico ricoverato in rianimazione, nell’immaginario di chi osserva e prova empatia, diventa anche il dolore di una madre che ha perso un figlio, o di un figlio che dice addio al padre, perché gli addii, per la loro solennità, fanno male comunque, indipendentemente da chi si lascia, dalle circostanze e dal luogo in cui avvengono.
Come si affronta ciò che non si conosce? La non vita e la non morte. Vite a metà, non solo quella di chi posa la testa su quel cuscino maledetto ma anche quella di coloro che hanno conosciuto la vitalità e la presenza di quel corpo immobile che giace alimentato dalle macchine e che alla sua assenza non sono pronte e forse non lo saranno mai.
Oldani interpreta magistralmente l’attesa, la rabbia e la disperazione di chi cerca risposte che non riesce a trovare. L’arrabbiarsi per un non nulla, gli abbracci degli estranei che odi ma dei quali ti rendi conto di aver bisogno perché il dolore unisce, la speranza e la rassegnazione che forse non è mai davvero tale.
Voci professionali ma tremendamente umane di chi vive quotidianamente il dramma dell’attesa altrui
A far da eco al dolore dell’attesa, le voci del dottor Malacarne, ex Primario del reparto di Rianimazione dell’ospedale di Pisa, il dottor Faraguna, Neurologo dell’Università di Pisa, e, infine, il dottor Tani, Medico di un centro per comatosi e pazienti affetti da disabilità celebrali di Sarzana che tentano di spiegare a chi non comprende, cosa rappresenta il coma, il sogno, la percezione del dolore e questo stato di sospensione eterea.
Toccante e quasi sconcertante il monologo di uno dei medici riguardo al sonno e alla sparizione. “Noi ogni giorno viviamo la nostra vita sapendo che spariremo. E non solo quest’idea non ci spaventa, anzi, sentiamo proprio la necessità di sparire, di ricercare la sparizione causata dal sonno. Ci innervosiamo se siamo privati dello stesso ed è strano il fatto che il sonno sia l’unica forma di sparizione che viene percepita dall’uomo con una connotazione positiva. Se ci pensiamo, la morte non è altro che un’altra forma di sparizione ma allora perché la percepiamo così negativamente?” Oldani risponde: “Forse perché il sonno non è eterno, la morte sì”.

Luca Oldani e Jacopo Bottani vogliono offrire un quadro esaustivo di ciò che accade tra le mura del temuto reparto di Rianimazione, indagando non solo il dolore di chi altro non può fare se non aspettare ma dialogando anche con il personale medico che è quotidianamente a contatto con questo dolore e che lotta affinché l’attesa non sia vana perché a volte, persino attendere diventa un privilegio.
Al termine dello spettacolo l’intervento razionale ma toccante di Paolo Malacarne e del professor Maurizio Alfonso Iacono, filosofo e docente di Storia della Filosofia presso l’Università di Pisa, che riflettono insieme al pubblico, offrendo una visione scientifica e filosofica, sull’accettazione del dolore, sulle terapie e sul coma, come si guarda, come si attraversa, come si aspetta.
Dramaturg e non Drammaturgo
Dopo lo spettacolo ho scritto a Luca e Jacopo, incuriosita dal fatto che Jacopo si definisse il Dramaturg di Assenza Sparsa, chiedendo loro qualche info in più a riguardo.
I due mi hanno risposto che il ruolo di Jacopo è ad oggi difficile da spiegare perchè è ben diverso da quello del Drammaturgo. Il testo è stato scritto da Luca mentre Jacopo ha svolto il ruolo del “regista”.
La parola Dramaturg che è attualmente poco conosciuta in Italia indica una modalità di regia particolare, molto dialogante e in ascolto di chi recita. Jacopo si definisce quindi come colui che si è occupato di far sì che le parole scritte fossero dette da Luca al meglio.
Nasce così Assenza Sparsa, dal connubio tra le parole di Luca e la regia di Jacopo Bottani.
Un’assenza sparsa che passa dall’essere tragedia personale a dolore universale
Assenza sparsa, pièce ispirata da una tragedia personale, finalista del Premio Petroni 2019 e vincitore del Premio Intransito 2019, si trasforma nella rappresentazione del dolore universale della perdita. La scrittura semplice ed estremamente evocativa ma tagliente e l’interpretazione magistrale e straziante di Luca Oldani insieme al contributo di Jacopo Bottani, rendono Assenza Sparsa un’esperienza toccante e indimenticabile che culmina in un abbraccio emotivo tra loro e il pubblico, legato dal comune filo della necessità dell’accettazione del dolore.

Autore: Mariaconsuelo Tiralongo
Classe 2000, figlia del Mar Jonio e dei Monti Iblei. Da sempre appassionata di letteratura e scrittura creativa, cura con passione il proprio blog letterario , discute di libri e Mental Health su @papergirlinapapert0wn e studia Informatica Umanistica all’UniPi. Fa parte di Radio Eco dal 2019, dal 2020 contribuisce alla realizzazione di articoli e contenuti vari per la rubrica letteraria di RadioEco: Eco di Libri e dal 2021 è editor dell’area Blog. La trovate su @mylifeas__c