Bentornati a Meta Cinema, la rubrica di Radioeco a tema cinematografico!
Il Metacinema è il cinema che racconta il Cinema, che parla di sé stesso, dei propri mezzi e del proprio linguaggio.
Meta Cinema nasce come la rubrica che si impegna ad investigare nel grande universo della macchina da presa attraverso le recensioni dei suoi figli, i film. Per il nostro nuovo appuntamento ho deciso di parlare di “Elegia Americana”. Ciak, si gira!
“Elegia Americana” è un film di Ron Howard (A Beautiful Mind, Il codice da Vinci), militante nelle scuderie di distribuzione Netflix. “Elegia Americana” è un’opera molto particolare, perché spacca in due l’opinione pubblica, tra critici che lo reputano “uno dei film più vergognosi dell’anno” e chi invece lo ha apprezzato. La divisione è testimoniata anche dalle nominations che il lungometraggio ha ottenuto: l’attrice Glenn Close ha infatti ricevuto la nomination ai Premi Oscar per la Miglior attrice non protagonista, sia la nomina ai Razzie Awards come la Peggior attrice non protagonista. Singolare no?

“Elegia Americana” racconta la vita di J.D. Vance, alias Gabriel Basso (Super 8), uno studente che, dopo una vita nelle campagne di Middletown ritrova ora a seguire una settimana di colloqui per ottenere il lavoro che potrebbe cambiargli finalmente la vita. J.D. si trova a disagio con le formalità dell’alta società: proviene da una piccola cittadina nel sud dell’Ohio, dalla quale ha cercato in tutti i modi di scappare dopo un’infanzia travagliata vissuta tra le mura di casa. Durante una cena che potrebbe aprirgli le porte a conoscenze importanti il protagonista viene chiamato dalla sorella Lindsay, alias Haley Bennett, per scoprire che la madre si trova in ospedale a causa di un’overdose da eroina. J.D. ripensando alla propria infanzia, legata fondamentalmente alle figure della madre Bev, alias Amy Adams (American Hustel – L’apparenza inganna, Animali Notturni) e della nonna Mamaw, alias Glenn Close (Il grande freddo, Attrazione fatale), prepara fagotto e si precipita verso casa. Qui si ritroverà faccia a faccia con la propria vita, connotata da alti e bassi, dove questi ultimi la fanno decisamente da padroni.

“Elegia Americana” è un’opera che personalmente ho apprezzato molto. Reputo che sia legata a vicende che si verificano principalmente nei piccoli centri di provincia e che evadono dalle solite vicende della grande città. In particolare, si percepisce lo stato di difficoltà vissuto dal protagonista, combattuto continuamente tra la voglia di fuggire da una realtà buia e il non voler lasciare soli i propri i cari, per i quali sa di essere necessario, se non essenziale. Il rapporto che J.D. ha con la nonna Mamaw è ben descritto in una dinamica non convenzionale, seguendo le logiche di quella che è la vita reale: un rapporto strano, tra il nipote che prova affetto per la nonna, ma allo stesso tempo che la odia per il modo in cui viene trattato, per poi tornare a volerle bene nel momento in cui si rende conto dei sacrifici che essa sta facendo per lui. “Elegia Americana” si presenta come un quadro della povertà di una famiglia, stampo per altre migliaia che non stanno semplicemente sul grande schermo.

Il film di Ron Howard mi ha dato una buona impressione, sia dal punto di vista delle provi attoriali, sia per la semplicità della storia, sia per come la vicenda viene di conseguenza condita con emozioni reali, espresse in modo eccellente. Ciò che rimane di “Elegia Americana” è la vera quotidianità, la storia del piccolo che sta nell’ombra, ignorata dalla massa e a cui le persone che in prima persona hanno vissuto una simil esperienza si possono aggrappare, nella speranza di riuscire a evadere dalla prigione costruitagli intorno dalla sorte. Howard si mostra come il narratore che ti invita a fare di più: come viene sottolineato da Mamaw, è tutta una questione di scelte e di impegno per crearsi l’occasione, l’occasione che poi può anche non esser colta, ma che va cercata con tutte le proprie forze.
Per concludere, mi trovo in disaccordo con tutte le critiche pesanti che “Elegia Americana” ha ricevuto, d’altronde c’è anche chi ne ha parlato in modo positivo, giusto sottolinearlo. Addirittura la nomination ai Razzies come peggior regista mi pare un po’ esagerata, così come quella ricevuta dalla Close, già però smentita con la scelta dell’Academy. In breve, io consiglio di vedere e farsi una propria opinione, che, come la recensione testimonia, è l’unica cosa che uno spettatore dovrebbe sempre fare, senza lasciarsi guidare dalle opinioni altrui, andando spesso verso una strada da percorrere anche da soli. Il bello del cinema non è forse anche questo?

Autore: Andrea Vinci
Classe 1999. Studente di DISCO presso l’Università di Pisa. Fa parte di Radioeco dal 2020.