Il Comitato direttivo del Premio Strega, composto da Pietro Abate, Valeria Della Valle, Giuseppe D’Avino, Ernesto Ferrero, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Helena Janeczek, Melania G. Mazzucco, Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi e Giovanni Solimine, il 22 Marzo 2021, riunito in videoconferenza, ha scelto i dodici candidati della LXXV edizione tra i 62 titoli di narrativa proposti dagli Amici della domenica. La cinquina sarà votata il 10 giugno. L’elezione del vincitore si terrà giovedì 8 luglio.
E noi di Eco di Libri ci impegniamo a seguire l’evento per e con voi. Per iniziare questa avventura alla scoperta dei dodici semifinalisti, abbiamo deciso di dedicare ben due articoli alla presentazione degli autori e dei loro libri in gara.
Melania G. Mazzucco, presidente del Comitato direttivo, parlando dei libri candidati afferma di aver notato che la maggior parte dei libri proposti verte su due generi letterari che, negli ultimi anni, erano un po’ finiti nel dimenticatoio editoriale: “la distopia” e “l’autobiografia”. Complice probabilmente il periodo storico in cui stiamo vivendo, per diversi aspetti, estremamente critico, l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 si riflette in modo indiretto anche sulle ultime uscite editoriali e sui temi da esse trattati: morte, famiglia, precarietà dell’esistenza e la casa, non solo fisica, ma come elemento che, di caso in caso, può donare pace spirituale o rappresentare la peggiore delle prigioni.
Le autrici e gli autori prescelti rappresentano più generazioni, con un’escursione anagrafica di ben sessantatré anni. I protagonisti di questa edizione del Premio Strega appartengono a tre differenti generazioni: gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. I titoli selezionati nel 2021 raccontano per la maggior parte storie legate al vissuto personale degli autori. Solo raramente questi incrociano la grande storia, come avviene nel romanzo della Bruck. Si tratta per lo più di microcosmi estremamente intimi e privati, come si evince dal romanzo proposto dalla Calandrone.
Ancora una volta, interrogata sui personaggi principali delle storie raccontate in questa edizione del Premio Strega, la Mazzucco afferma che le figure preponderanti sono quelle femminili: madri spesso anaffettive, furiosamente antagoniste e sorelle inermi o guerriere. La figura genitoriale maschile è quasi assente e superflua e, nella sua presenza o assenza parziale, risulta alquanto sgradita. Quelle raccontate sono storie di bambine senza infanzia, costrette a diventare grandi troppo in fretta, adolescenti solitarie o emarginate.
A far da sfondo alla narrazione è quella voglia di rivalsa provocata dall’esclusione sociale che accomuna tutti i protagonisti di questi romanzi, in modo diretto o indiretto. Sono storie domestiche, nelle quali la casa abitata, posseduta, perduta, occupata, infestata di oggetti e ricordi non fa da sfondo, ma prende vita, diventando forse l’unica vera protagonista.
Guardando la lista dei 12 preferiti bisogna sottolineare un dato importante: pare che la figura femminile non sia preponderante solo nelle storie candidate ma anche fra gli scrittori. 7 autrici in gara rispetto ai 5 autori concorrenti. Edith Bruck, Maria Grazia Calandrone, Giulia Caminito, Teresa Ciabatti, Donatella Di Pietrantonio, Lisa Ginzburg e Alice Urciuolo per ora battono, per numeri e presenze, Andrea Bajani, Giulio Mozzi, Daniele Petruccioli, Emanuele Trevi e Roberto Venturini.
Vedremo chi si riconfermerà nella cinquina che verrà proclamata il 10 giugno prossimo. Nell’attesa, conosciamo in dettaglio i semifinalisti:
1). Il libro delle case di Andrea Bajani, edito Feltrinelli e proposto da Concita De Gregorio

Trama: A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case lo custodiscono in segreto o lo tengono in ostaggio? Per raccontare la vita di un uomo, l’unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire “io” sapendo che dietro c’è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – “che per convenzione chiameremo Io” –, le amicizie, il matrimonio nel suo rifugio e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione.
La storia di Io salta di casa in casa, su e giù nel tempo, ciascuna è la tessera di un puzzle che si compone tra l’ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga in un appartamento di Roma mentre dalla tv si rovesciano le immagini di Aldo Moro sequestrato e del corpo di Pasolini rinvenuto all’Idroscalo; è marito in una casa borghese di Torino, bohémien in una mansarda di Parigi e adulto in carriera in un albergo londinese; ragazzo preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e studente universitario buttato sopra un materasso; poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota.
Costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Il libro delle case è un viaggio attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni, nelle sue geografie, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda. In un romanzo unico per costruzione, poesia e visionarietà, Bajani traccia il grande affresco di un’educazione sentimentale a metri quadri.
La vita che succede è soprattutto la vita nelle stanze.
Autore: Andrea Bajani è nato nel 1975. Con Feltrinelli ha pubblicato Mi riconosci (2013; 2018) e La gentile clientela (2013), oltre ad alcuni racconti nella collana digitale Zoom. Per il teatro è autore di Miserabili, di e con Marco Paolini, e di 18mila giorni, Il pitone, con Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa. Collabora con diversi quotidiani e riviste. I suoi romanzi sono tradotti in molte lingue.

Un uomo, la sua vita disseminata in diversi luoghi impregnati di ricordi piacevoli e non. La casa come metafora del cambiamento e della vita stessa. Quanto di ciò che siamo dipende dalle nostre esperienze traumatiche? L’ultimo arrivato in casa Feltrinelli promette davvero bene.
2). Il Pane Perduto di Edith Bruck edito La Nave di Teseo, Proposto da Furio Colombo

Trama: Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant’anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco, come durante l’infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e l’ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla “Roma bene” degli anni Cinquanta, infine l’incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni. Fino a giungere all’oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell’attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.
Autrice: Edith Bruck, di origine ungherese, è nata in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944 il suo primo viaggio la porta, poco più che bambina, nel ghetto del capoluogo, e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta alla deportazione, di cui ha reso testimonianza nelle sue opere, dopo anni di pellegrinaggio approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua. Nel 1959 esce il suo primo libro Chi ti ama così, un’autobiografia che ha per tappe l’infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti Andremo in città, da cui il marito Nelo Risi trae l’omonimo film. È autrice di poesia e di romanzi come Le sacre nozze (1969), Lettera alla madre (1988), Nuda proprietà (1993), Quanta stella c’è nel cielo (2009), trasposto nel film di Roberto Faenza “Anita B”. Tra gli altri, è traduttrice di Attila József e Miklós Radnóti. Ha sceneggiato e diretto tre film e svolto attività teatrale, televisiva e giornalistica.

Una grande autobiografia che presenta ciò che la Bruck ha visto, vissuto, pensato e scritto durante il suo inferno personale. Ciò che sembra tenere Edith in vita è un legame fortissimo, un misto di orgoglio e pietà affettuosa per chi, come lei, ha vissuto lo stesso orrore che lei appare in grado di raccontare con estrema umanità. La Bruck narra la vita, la morte, l’odio, l’amore, ma, soprattutto, la salvezza. Una pubblicazione, quella della Nave di Teseo, da leggere tutta d’un fiato.
3). La casa delle Madri di Daniele Petruccioli, edito TerraRossa Edizioni e proposto da Elena Stancanelli

Trama: Ernesto e Elia
sono gemelli e si inseguono in una specie di lontananza ravvicinata senza
riuscire a toccarsi, come fossero rette parallele; Sarabanda e Speedy, i loro
genitori, invece non la smettono di allontanarsi neanche quando credono di
starsi vicino. E così Daniele Petruccioli ci conduce su e giù per le
generazioni che si succedono in case dove le persone crescono, vivono, muoiono,
traslocano e che sono forse le uniche vere custodi di una memoria che facciamo
di tutto per rimuovere, ma permane ostinata.
La casa delle
madri non è solo un’esplorazione
dei delicati equilibri sui quali poggiano gli sbilanciati rapporti famigliari,
ma è anche l’esordio di una voce narrativa capace di incantare il lettore,
facendolo smarrire in una prosa ricca di affluenti ma al contempo sorvegliata e
potente.
Autore: Daniele Petruccioli è nato nel 1970 a Roma. In passato si è occupato di teatro, ma da anni lavora prevalentemente come traduttore. Ha pubblicato i saggi Falsi d’Autore. Guida pratica per orientarsi nel mondo dei libri tradotti (Quodlibet 2014) e Le pagine nere. Appunti sulla traduzione dei romanzi (La Lepre 2017). La casa delle madri è il suo primo romanzo.
Daniele Petruccioli nel suo primo romanzo, racconta la storia di due fratelli diversi, ma estremamente simili. Racconta l’amore, l’odio, le speranze disilluse, la morte, il senso di appartenenza e la fuga. E lo fa in modo originale, imponendosi con forza fin da subito, come narratore dalla voce fresca in un panorama editoriale ormai saturo di storie che sembrano tutte uguali. I suoi personaggi sembrano barcamenarsi con fatica tra i vari acciacchi dell’esistenza. Noi di Eco di Libri nutriamo grandi aspettative per questo titolo e ci aspettiamo di vederlo nella cinquina.

4). Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio, edito Einaudi e proposto da Nadia Fusini
Trama: «C’era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni».
È il momento piú buio della notte, quello che precede l’alba, quando Adriana tempesta alla porta con un neonato tra le braccia. Non si vedevano da un po’, e sua sorella nemmeno sapeva che lei aspettasse un figlio. Ma da chi sta scappando? È davvero in pericolo?
Adriana porta sempre uno scompiglio vitale, impudente, ma soprattutto una spinta risoluta a guardare in faccia la verità. Anche quella piú scomoda, o troppo amara. Cosí tutt’a un tratto le stanze si riempiono di voci, di dubbi, di domande.
Entrando nell’appartamento della sorella e di suo marito, Adriana, arruffata e in fuga, apparente portatrice di disordine, indicherà la crepa su cui poggia quel matrimonio: le assenze di Piero, la sua tenerezza, la sua eleganza distaccata, assumono piano piano una valenza tutta diversa.
Anni dopo, una telefonata improvvisa costringe la narratrice di questa storia a partire di corsa dalla città francese in cui ha deciso di vivere. Inizia una notte interminabile di viaggio – in cui mettere insieme i ricordi -, che la riporterà a Pescara, e precisamente a Borgo Sud, la zona marinara della città. È lí, in quel microcosmo cosí impenetrabile, eppure cosí accogliente, con le sue leggi indiscutibili e la sua gente ospitale e rude, che potrà scoprire cos’è realmente successo, e forse fare pace col passato.
Donatella Di Pietrantonio torna, dopo L’Arminuta, con un romanzo teso e intimo, intenso a ogni pagina, capace di tenere insieme emozione e profondità di sguardo.
Autrice: Donatella Di Pietrantonio vive a Penne, in Abruzzo, dove esercita la professione di dentista pediatrico. Ha esordito con il romanzo “Mia madre è un fiume” (Elliot 2011, Premio Tropea). Per Einaudi ha pubblicato “L’Arminuta” (2017), vincitore Premio Campiello 2017, e “Bella mia”, con cui ha partecipato al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Brancati e il Premio Vittoriano Esposito Città di Celano. Nel 2020 per Einaudi esce un nuovo romanzo “Borgo Sud”.

L’Arminuta è tornata. La nostra protagonista e sua sorella sono cresciute, c’è chi è partito all’estero per cercare fortuna nei suoi studi, diventando professoressa di letteratura, e chi ha deciso di dedicarsi al paese d’origine, diventando una cosa sola con esso. Percorrendo un viaggio a ritroso nella valle dei ricordi, ritroviamo la storia dell’Arminuta e di Adriana, alle prese con il diventar grandi, i primi amori, i dolori. Il tempo, le circostanze, i luoghi sono diversi, ma il loro legame resta forte, indissolubile e immutato dai cambiamenti della vita. Ancora una volta Donatella di Pietrantonio ci regala una storia profondamente umana, di una voce senza nome alla quale in molti si possono avvicinare.
5) L’anno che a Roma fu due volte Natale, edito SEM e proposto da Maria Pia Ammirati

Trama: Villaggio Tognazzi, Torvaianica, sul litorale romano. Alfreda, un’accumulatrice seriale con i primi segni di demenza senile, ha reso il suo villino un tugurio invivibile, dove vive, per inerzia, tra insetti e cianfrusaglie. Sopra di lei abita il figlio Marco, un giovane fattone, profondamente insicuro, la cui unica occupazione è accudire la madre. Lo spettro di un’azione da parte dell’Ufficio d’igiene rende necessario svuotare in fretta la casa, pena lo sfratto. Alcuni sgangherati amici, assidui frequentatori del bar Vanda, si attivano per sgomberarla, ma la proprietaria si oppone. Da qualche tempo Alfreda soffre di disturbi del sonno durante i quali le appare Sandra Mondaini, che ha conosciuto ai tempi d’oro del Villaggio Tognazzi, quando era il ritrovo estivo del jet set culturale italiano. Alfreda, nei suoi deliri notturni, immagina di parlare con l’attrice, sofferente per la “separazione” dal marito Raimondo Vianello, che riposa a Roma mentre lei è sepolta a Milano. Anche Alfreda non si è mai ricongiunta al marito, scomparso in mare durante una pesca notturna e mai più ritrovato. Alfreda decide di mettere fine a quella “ingiustizia” e pone al figlio una condizione per lo sgombero del villino: trafugare la salma di Raimondo dal Verano e portarla al cimitero di Lambrate, da Sandra. Dopo le prime resistenze, Marco getta le basi del piano, aiutato da Carlo, un vecchio pescatore, e da Er Donna, il travestito più ambito della Pontina.
Autore: Roberto Venturini è nato nel 1983 a Roma. È autore, soggettista e sceneggiatore della pluripremiata serie web che ha ispirato il suo fortunato esordio letterario: Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera (SEM, 2017), vincitore del Premio Bagutta Opera Prima.

Roberto Venturi propone al lettore una vera e propria miscela di generi, che alterna, sullo sfondo di un nostalgico litorale romano, il dramma con la comicità, la poesia e il grottesco. Una voce pop, fresca e originale, esempio però di narrativa di grande respiro.

6) Splendi come vita, edito Ponte alle Grazie e proposto da Franco Buffoni
Trama: Splendi come vita fa quello che fa la letteratura alla sua massima potenza: ridà vita a ciò che non c’è più, illuminando di riflesso la vita del lettore. “Splendi come vita” è una lettera d’amore alla madre adottiva. È il racconto di una incolpevole caduta nel Disamore, dunque di una cacciata, di un paradiso perduto. Non è la storia di un disamore, ma la storia di una perdita. Chi scrive è una bambina adottata, che ama immensamente la propria madre. Poi c’è una ferita primaria e la madre non crede più all’amore della figlia. Frattura su frattura, equivoco su equivoco, si arriva a una distanza siderale fra le due, a un quotidiano dolore, a un quotidiano rifiuto, fino alla catarsi delle ultime pagine. Chi scrive rivede oggi la madre con gli occhi di una donna adulta, non più solo come la propria madre, ma come una donna a sua volta adulta, con la sua storia e i suoi propri dolori e gioie. Quando si smette di vedere la propria madre esclusivamente come la propria madre, la si può finalmente “vedere” come essere separato, autonomo e, per ciò, tanto più amabile.
Autore: Maria Grazia Calandrone è poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, artista visiva, autrice e conduttrice Rai, scrive per «Corriere della Sera» e tiene laboratori di poesia nelle scuole e nelle carceri. Ha pubblicato numerosi libri di poesia tra cui: La scimmia randagia (Crocetti 2003 – premio Pasolini Opera Prima), Come per mezzo di una briglia ardente (Atelier 2005), La macchina responsabile (Crocetti 2007), Sulla bocca di tutti (Crocetti 2010 – premio Napoli), Atto di vita nascente (LietoColle 2010), La vita chiara (transeuropa 2011), Serie fossile (Crocetti 2015 – premi Marazza e Tassoni, rosa Viareggio), Gli Scomparsi (pordenonelegge 2016 – premio Dessì), Il bene morale (Crocetti 2017 – premi Europa e Trivio), Giardino della gioia (Mondadori 2019).

Concludiamo questa presentazione dei primi sei, su dodici, candidati al Premio Strega con un’opera estremamente intima e personale: “questo non è un romanzo, non è un’autobiografia, è l’esplosione di una stella”, riporta il critico letterario Andrea Cortellessa in quarta di copertina. Maria Grazia Calandrone scrive una lettera d’amore alla sua madre adottiva, colei che la crebbe e la amò come fosse sempre stata figlia sua. Anche qui ci viene presentato uno scambio di stili, la prosa narrativa si fonde con la poesia, strumento maggiormente maneggiato dall’autrice nelle sue produzioni. Il risultato è un’apologia dedicata all’amore, al dolore, alle emozioni e ai sentimenti più privati, che leniscono e, allo stesso tempo, feriscono l’animo del lettore.

Autore: Mariaconsuelo Tiralongo
Classe 2000, figlia del Mar Jonio e dei Monti Iblei. Da sempre appassionata di letteratura e scrittura creativa, cura con passione il proprio blog letterario , discute di libri e Mental Health su @papergirlinapapert0wn e studia Informatica Umanistica all’UniPi. Fa parte di Radio Eco dal 2019 e dal 2020 contribuisce alla realizzazione di articoli e contenuti vari per la rubrica letteraria di RadioEco: Eco di Libri.

Autore: Martina Rizzo
Casa in Toscana, cuore in Puglia. Studia lettere all’università di Pisa. Porta sempre un libro in borsa e ha qualche problema con l’abuso di caffè. In Radioeco dal 2019. Cura con Rebecca Moggia, Mariaconsuelo Tiralongo e Tommaso Dal Monte la rubrica Eco di Libri.