Conversazioni su Alda Merini: Eco di libri intervista Ornella Spagnulo

Il mio primo incontro con Alda Merini è avvenuto la notte prima dei miei esami di maturità, grazie al libro “L’altra verità. Diario di una diversa“. Ricordo di essere rimasta sveglia fino a tardi, rapita dalla forza di quello che leggevo: la storia di una donna affamata di vita, che in un luogo così buio e infernale come il manicomio, aveva trovato nella parole e nell’arte, la sua vocazione, la sua salvezza.

Il 21 marzo è la Giornata mondiale della poesia, istituita dall’Unesco nel 1999 in coincidenza con l’inizio della primavera, da sempre considerata simbolo di rinascita e bellezza. Proprio il 21 marzo di novant’anni fa, a Milano, nasceva Alda Merini.

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

Alda Merini è una delle poetesse di maggiore spessore all’interno del panorama letterario italiano contemporaneo. Da sempre, i critici, gli intellettuali, i giornalisti hanno indagato sulla sua figura e sulla sua produzione, proponendo al pubblico riflessioni ed immagini diverse e spesso in contraddizione tra loro. Qualche giorno fa ho avuto in grande piacere di intervistare Ornella Spagnulo, scrittrice, poetessa e dottoressa di ricerca in Italianistica presso l’Università Tor Vergata di Roma. Ornella ha svolto il suo lavoro di dottorato su Alda Merini e ha curato due pubblicazioni, uscite entrambe nel 2019, su di lei: una raccolta di poesie inediteConfusione di stelle“, pubblicata per Einaudi e una raccolta di intervisteE gli angeli sono distanti“, pubblicata da L’Erudita.

Nella nostra conversazione non abbiamo solo parlato dell’opera di Alda Merini, delle figure e i temi che la caratterizzano, ma abbiamo cercato di scavare a fondo e delineare un profilo sulla donna, la persona che era la celebre “Poetessa dei Navigli”.

un ritratto di Alda Merini, a Milano

Buonasera Ornella e grazie per aver accettato il mio invito. Dunque io ti chiederei subito come e quando è avvenuto il tuo personale incontro con Alda Merini e cosa ti ha spinta, negli anni, a volerti occupare di lei?

Quando ero più piccola mi era capitato di vederla in televisione e mi ero spaventata. Si parlava di questo fatto della follia, che fosse una poetessa folle, e questo mi aveva spaventata e portata a non avvicinarmici. Poi ho fatto il dottorato e mi sono trovata per caso, studiando un critico pugliese di nome Oreste Macrì, delle lettere scritte da Alda Merini in persona con delle poesie inedite mai pubblicate. Questo mi ha dato una grande emozione e da lì mi è nata la voglia di conoscerla, studiarla, approfondirla…e mi sono innamorata. C’è un binomio in Alda Merini tra la bellezza della persona e la bellezza della poesia.

Ecco parlando proprio di questa prima impressione che hai avuto su di lei, di questa paura…spesso la figura di Alda Merini viene vista come distante. La sua esperienza con il dolore, con la follia e con il periodo in manicomio tendono a dipingerla agli occhi della massa come una donna che spaventa, chiusa in se stessa nel suo mondo, a cui non ci si vuole avvicinare. Nel 2019 tu hai pubblicato un libro intitolato “E gli angeli sono distanti”: una raccolta di interviste e di aneddoti di personaggi che personalmente hanno avuto a che fare con la poetessa e la persona. Cosa è emerso da quel lavoro? E cosa hai capito tu sviluppandolo, sulla figura di Alda Merini?

Le interviste sono state fatte anche ad amici, che mi hanno rivelato l’aspetto più vero, più intimo di lei. Anche se inizialmente poteva reagire in maniera distaccata rispetto a qualcuno che la andava a trovare, non negava loro un incontro e questo vuol dire comunque apertura, atteggiamento che non hanno tutti gli scrittori e poeti nei confronti del loro pubblico di lettori. Anche il solo fatto di pensare a questo, contraddice un po’ l’immagine che viene fatta di lei. Non possiamo pensare ad Alda Merini come ad una persona chiusa. Nelle descrizioni che ho fatto, ho ritrovato una persona ironica, autoironica. Sapeva fare ironia perfino sul manicomio, sulla sua esperienza tragica di vita. E’ stata una donna che ha saputo reagire e non chiudersi, anzi si faceva forza sul suo passato. Una frase molto bella che lei diceva era “più bella della poesia è stata la vita mia”: amando anche molto Dio, essendo una donna di fede, aveva accettato tutto quello che le era successo. Non si è mai chiusa, né ha mai detto no alla vita.

C’è stato un aneddoto che, tra tutti, ti ha colpita particolarmente?

Mi hanno colpito vari aspetti dei vari interventi, ne approfitto per ringraziare le persone che ho intervistato. Mi ha fatto sorridere l’aneddoto in cui Alda Merini, durante una presentazione di un libro in libreria, davanti ad una signora che le aveva detto “Non pensavo fosse così una bella signora dopo tutti gli anni che è stata rinchiusa” rispose “sì perché il manicomio serve alla pelle per renderla più liscia”. Questa grande autoironia mi è piaciuta molto. Poi la descrizione di Giovanni Nuti, il compositore, che mi raccontava che andava a fare le passeggiate con Alda Merini e lei andava matta per i carillon, ne comprava molti e non sapeva dove dovesse metterli. Aveva anche un rapporto con gli oggetti molto particolare, si affezionava, ma poi li regalava, a volte li rubava, c’era anche una mitizzazione degli oggetti, dei soprammobili.

Una poesia molto conosciuta è “sono nata il ventuno a primavera” in cui la poetessa parla direttamente del suo “essere nata folle” e si domanda come mai questa cosa venga vista dagli altri in maniera negativa. nel testo leggiamo che, come Proserpina, lei piange e definisce questo pianto come la sua preghiera, la preghiera di essere capita e compresa per il suo modo di essere. Come possiamo allora collegare la follia della donna alla bellezza della sua arte? E qual è stato il ruolo della poesia nella vita di Alda Merini?

Il rapporto tra follia e arte è da sempre molto stretto, è un dato sensibile. C’è un libro molto bello di Kay Redfield Jamison , “Toccato dal fuoco“, che parla di quanto spesso tra personaggi della letteratura, delle musica, della pittura, di tutte le arti, si sia sviluppata una malattia psichica, la stessa di Alda Merini: il disturbo bipolare, una malattia per cui si hanno a volte delle esperienze di follia, intervallate con momenti di normalità. Si hanno esperienze diverse, quindi più accese, più forti sia di umore che va in su, che in giù, cose che vengono raccontate o negli stessi momenti deliranti o in momenti di normalità. Alda Merini lo ha fatto, ci ha raccontato momenti deliranti e la sua esperienza sui generis ha sicuramente caratterizzato la sua poesia e l’ha resa unica. La bellezza, il bello però è stato che Alda Merini ha reso tutto questo in maniera semplice. La scrittura era per lei un mezzo per comunicare. Non c’era niente di ermetico. C’era un’esperienza sopra le righe resa in maniera chiara, che tutti possiamo leggere e capire, avvicinarci ai suoi stati d’animo, anche senza capirli del tutto perché poi ognuno fa le sue esperienze di vita. Il bello della poesia di Alda Merini è che c’è un distacco dalla vita comune, “normale” nei contenuti, però nella forma c’è una chiarezza, una modalità limpida, che avvicina la sua poesia alla gente comune. Anche per questo motivo oggi Alda Merini è, dopo Paolo Neruda, una delle poetesse più vendute. L’efficacia, il valore delle poesia meriniana è in questa doppia caratterizzazione.

La poesia per Alda Merini, è stata un modo per avvicinarsi agli altri, per comunicare. Sappiamo che ad un certo punto in manicomio le consigliarono di scrivere come terapia, quindi troviamo un frangente della scrittura come mezzo per guarire, salvezza. In una delle lettere al dottor G, Alda Merini scrive proprio che Dio le aveva dato il dono della poesia perché sapeva che lei sarebbe stata molto sola nella vita e quindi avrebbe avuto, con la poesia, un modo per comunicare con gli altri. Le lettere al dottor Gabrici testimoniamo un percorso terapeutico molto intenso, che ha aiutato sicuramente Alda Merini a vincere la malattia e uscire dal manicomio, cosa che non facevano in tanti. Un rapporto molto intenso e molto vero, Alda Merini veniva curata anche con la narcoterapia, non solo con gli elettroshock, c’è stata anche una terapia di un certo livello. Gabrici è stato un grande psichiatra.

La vena positiva in Alda Merini c’è ed è riassunta anche nel suo credo religioso che lei non ha mai perso, nonostante tutte le torture che ha dovuto subire. Ha sempre mantenuto una fede, una speranza che noi ancora oggi leggendola tocchiamo, assaporiamo, che servono anche a noi tutti.

La poesia di Alda Merini è ricca di contraddizioni, in particolare, gli impulsi religioni e l’erotismo, la cristianità e il paganesimo. La voglia di avvicinarsi a Dio e il suo amore per lui e allo stesso tempo il disprezzo nei suoi confronti. Tucosa ne pensi? Spesso la sua poesia è stata definita mistica, sei d’accordo con questa definizione?

Sicuramente su questo sono in disaccordo i critici. Alcuni credono che ci sia del misticismo nella poesia di Alda Merini, altri lo negano fortemente, dicendo che Alda Merini si è sempre contrapposta a Dio, non ha pensato di sentirsi unita con lui. Io in alcune poesie vedo un forte alone mistico. C’è tutta la collana della Frassinelli che negli anni ’90 aveva commissionato ad Alda Merini delle poesie religiose, per cui troviamo “Il magnificat”, “La carne degli angeli”, “S. Francesco”, in queste poesia la religiosità è così forte da rasentare il misticismo, ciò non significa che in altre poesie ci sia una lotta con Dio, contro la volontà di Dio. E’ una delle tante contraddizioni di Alda Merini, una delle tante contraddizioni umane. Alda Merini non era una santa, lo diceva anche lei stessa, anzi si definiva una peccatrice. C’era un trasporto molto forte verso tutto quel campo che non conosciamo che sono i santi, la Madonna, gli angeli, sono molto presenti nelle sue poesie, più di tanti altri poeti italiani. Alda Merini si è avvicinata sicuramente al misticismo molto di più rispetto a tanti altri poeti, poi che il rapporto fosse conflittuale è vero. Se noi prendiamo una poesia e vediamo che lì c’è del misticismo, non possiamo negarlo perché in un’altra poesia dell’autrice non c’è. Sono poesie di momenti diversi: in un momento era una poetessa mistica, in un altro non lo era.

Lei ha avuto comunque la costante di essere stata sempre fedele a Dio fino alla fine della sua vita, ha semplicemente avuto dei momenti di cedimento. Si può confermare il pensiero che la poesia di Alda Merini sia una poesia legata al mistico.

Pensiamo che la poesia del Magnificat Papa Giovanni Paolo II se la teneva sul comodino, lo apprezzava tanto, non vedeva Alda Merini come blasfema.

Alda Merini aveva la tendenza a collegare a dei concetti religiosi forti, una forma, delle terminologie legate al mondo dell’erotismo, della sessualità. La passione della carne, dell’uomo, si intreccia con quella dello spirito e questo meraviglia il lettore, che a volte fa difficoltà ad inquadrarla.

Alda Merini era una donna molto passionale, aveva una passionalità che strabordava. Si vedeva già da come era, pensiamo anche alla fotografia di Grittini dove è nuda, insomma le piaceva questo gioco di mostrarsi, attirare l’attenzione, anche essere voluta bene.

Alda Merini che posa nuda nella celebre fotografia

Un altro tema spesso ricorrente nelle opere di Alda Merini è l’amore. La parola amore, detta così fa apparire tante immagini. In base agli studi che hai fatto come definiresti l’amore per Alda Merini?

Per Alda Merini l’amore era tutto secondo me. L’amore era la poesia, l’amore era suo marito, il primo, l’amore era il suo secondo marito, l’amore era Charles il vagabondo, l’amore per le figlie, l’amore lei lo vedeva un po’ dappertutto. Era la base sottile dei rapporti, il sottofondo costante, quello che cercava e quelli che dava. Credo che Alda Merini sia stata una donna di grande amore per quello che si legge anche dalle sue poesie.

[…] e da questa confusione di stelle / nasce la parola amore”

Recentemente, hai lavorato a delle poesie inedite di Alda Merini, che sono state pubblicate nella raccolta “confusione di stelle”. Questo titolo fa riferimento ad una poesia in particolare intitolata “il maestro”. Perché hai scelto, tra tutte, proprio questa come titolo della raccolta?

E’ stato in collaborazione di lavoro con Riccardo Redivo, scrittore e poeta che ha scritto un saggio su Alda Merini. Insieme abbiamo cercato dei titoli prendendo alcuni versi che ci erano piaciuti particolarmente, tra gli altri io avevo scelto “confusione di stelle” e poi li abbiamo proposti ad Einaudi, perché ovviamente la scelta poi si prende insieme ed Einaudi scelse “confusione di stelle”. A me piacque subito come immagine, è bellissimo pensare all’immagine di una confusione di stelle e vedo con piacere che il libro va, che viene fotografato, vengono condivise sui social le poesie. Per ora è l’ultima raccolta postuma di Alda Merini, ma sicuramente ce ne saranno altre perché ci sono altri inediti. E’ stato un lavoro bellissimo da fare. Gli inediti si trovavano a Firenze, per cui da Roma io sono andata lì per un periodo, finanziata dall’università quando facevo il dottorato e ho trascritto tutte le cose. Riccardo mi ha aiutata a contestualizzare il tutto, è durato un bel po’ come lavoro. All’inizio avevamo anche avuto difficoltà a trovare una casa editrice che ci pubblicasse, nonostante il personaggio fosse illustre. Poi per fortuna insistendo abbiamo trovato Einaudi, quindi ci è andata più che bene.

Di cosa parla la raccolta “confusione di stelle”? Da punto di vista di contenuti è innovativa, troviamo non solo poesie, ma anche parti di narrativa…

Le parti di narrativa sono molto particolari. Troviamo dei racconti come “il nonno”. Troviamo anche delle autointerviste, nelle quali Alda Merini si interroga sul senso della sua vita, sono riflessioni forti, intense. Interessante aspetto è che lei parla di sé al maschile in queste interviste. Poi ci sono riportate due lettere e tutte le poesie. Le poesie sono per lo più d’amore, per Michele Pierri. Pierri era un amico di Oreste Macrì, questo critico a cui Alda Merini scrisse sia prima che dopo il periodo manicomiale. Aveva mandato delle poesie a Macrì per essere recensita, aiutata. Dopo essere uscita dal manicomio aveva voluto ricontattarlo anche perché Macrì era amico di Pierri, che lei voleva a tutti i costi sposare. Alda Merini lottò tanto per avere il matrimonio, perché Pierri non voleva sposarsi. Era vedovo, era molto più grande di lei e non se la sentiva. Non voglio dire tanto sul contenuto delle poesie perché mi piace che le persone possano poi leggerle e trovare delle sorprese, però vorrei dire che oltre all’argomento amoroso, in più di una poesia troviamo l’argomento psicologico, psicoanalitico, come nella poesia “Psicoanalisi”, “La malattia mentale”. Sono tutti temi che è ricorrente trovare nelle raccolte di poesie di Alda Merini.

“Confusione di stelle”, pubblicato per Einaudi editore.

Nella raccolta voi definite l’amore tra Michele Pierri e Alda Merini “amore peninsulare”, un amore che viaggiava per tutta la Penisola: lei di Milano, lui di Taranto. Come descriveresti, in poche parole, il rapporto che Alda Merini aveva con Michele Pierri?

L’amore tra Pierri e Merini è stato un amore bello, un amore pulito, un amore di due anime simili, affini. Una cosa fondamentale che li accumunava era la poesia perché anche Pierri era poeta. Era chirurgo, ma era anche poeta. Grazie a lui Alda Merini ricompose delle sue raccolte. La relazione con lui fu fondamentale per lei. In un’intervista che ho pubblicato nel saggio “e gli angeli sono distanti” c’è Silvano Trevisani che mi aveva raccontato che Alda Merini diceva che i quattro anni che aveva vissuto a Taranto era stata una sposa felice e questo è fondamentale. Per la sua salute era sicuramente fondamentale anche il fatto che lui fosse un medico.

Alda Merini e Michele Pierri

Qual è invece il rapporto che Alda Merini aveva con la Puglia? E in particolare con la città di Taranto?

Il rapporto con Taranto fu bellissimo per lei. Alda Merini chiese anche la cittadinanza al sindaco, ma non le fu data. Gliela diedero da morta, purtroppo. Lei amava Taranto, stava bene lì, poi purtroppo Michele Pierri si ammalò e lì crollò tutto. Lei non poteva badare a lui, assisterlo, come magari le sarebbe piaciuto fare e quindi tutto l’equilibrio, il paradiso, crollò, tant’è che lei ebbe una nuova crisi nervosa e tornò a Milano.

Caffè letterario Casa Merini, Grottaglie

Cosa consiglierebbe ad una persona, specie giovane, che vuole approcciarsi alla lettura di Alda Merini? Lei crede che sia giusto “sforzarsi” di capire, interpretare le sue poesie?

Appena mi hai iniziato a parlare delle difficoltà nel capire la Merini io ho pensato che in realtà leggendo Montale mi sento molto più in difficoltà, se voglio cercare di capire cosa vuole dirmi un poeta. Alda Merini per me usa un linguaggio molto semplice, non è una poetessa ricercata e questo a volte le è stato anche rimproverato da critici, docenti universitari. Adesso si comincia a valorizzare e a trattare in ambito accademico la sua figura, ma quando Alda Merini era viva veniva più considerata come un fenomeno pop, commerciale, perché piaceva alla gente comune. Io direi senz’altro agli studenti di non spaventarsi, di provare ad iniziare a leggere questa poetessa. Consiglierei di iniziare da Fiore di poesia”, che è un antologia, per avere un panorama. Una delle caratteristiche è che ogni libro è diverso dagli altri, ma proprio tanto. Il discorso che facevo sul misticismo e non, ogni libro è talmente diverso che si potrebbe pensare siano stati scritti da persone diverse. Quindi sì, sicuramente aiuta sapere la sua esperienza di vita per capirla, ma è giusto anche vivere la poesia, come la si sente.

Non cercare per forza un messaggio, sforzarsi di capirlo, anche perché credo che spesso che Alda Merini non pensava ad un messaggio da dare, quanto alla catarsi che lei provava nello scrivere, la stessa che dovremmo provare noi nel leggerla.

Fiore di poesia, edito Einaudi

Domanda un po’ fuori dal contesto e dalla linea di quest’intervista: qual è il tuo rapporto con la poesia? Alda Merini rientra tra le tue ispirazioni? Ha influenzato in qualche modo i tuoi lavori?

Nel mio caso non ho propriamente deciso di scrivere poesie. Le poesie se nascono, se vengono e si assecondano allora si scrivono, ma non è una cosa che si decide a tavolino. Pensiamo ad una persona che pensa di iscriversi ad economia perché magari pensa a tavolino di poter diventare un banchiere e sistemarsi: ecco, con le poesie non ti sistemi. E’ uno scavo, un lavoro su se stessi. Da Alda Merini ho preso una cosa ora che ci penso. Sapendo che lei regalava, dettava queste poesie a voce, al telefono, ai suoi amici, ecco io faccio un’altra cosa, ovvero condivido le mie poesie non ancora pubblicate, forse quindi anche un po’ da incosciente se vogliamo, sul mio account di Facebook per i miei amici. Così per me la poesia è un modo per comunicare, così come lo era per Alda Merini. Lei per me è un modello, un punto di riferimento.

Raccolta di poesia di Ornella Spagnulo, edita Fuorilinea

Oggi è la giornata mondiale della poesia. Cos’è per te, la poesia?

Sembra banale, ma la poesia è la vita, specie in questo momento per me la poesia è la vita. Come accadde per Alda Merini, ci sono momenti in cui la poesia ti salva. C’è una grande solitudine e la poesia può essere in certi momenti una delle poche cose che la colma.

Alda Merini, ritratto

La poesia può essere senso di vita, sia per le persone che decidono di dedicare la propria vita alla poesia, sia per chi la incontra solo in determinati, particolari momenti. Ci troviamo in una situazione di grande difficoltà, è talmente tanto tempo che siamo rinchiusi nello stesso circolo di monotonia che non sappiamo più dove andare a sbattere la testa, dove andare a cercare delle soluzioni per trovare un equilibrio, un benessere mentale. L’arte e la poesia possono essere un luogo, come lo sono stati per Alda Merini, in cui ciascuno di noi può trovare la propria catarsi: le parole entrano in contatto con noi, si legano a noi, esprimono il nostro dolore e ci danno la forza per superarlo.

Sono convinta che la Bellezza nutra, possa riempirci e darci serenità, magari proprio quella che ora sembra essere difficile trovare.

Ora come ora, c’è bisogno di poesia.

Ringrazio Alda Merini, ringrazio Ornella Spagnulo per aver permesso in questa giornata di diffonderla, di condividerla.

eco di libri Martina

Autore: Martina Rizzo

Casa in Toscana, cuore in Puglia. Studia lettere all’università di Pisa. Porta sempre un libro in borsa e ha qualche problema con l’abuso di caffè. In Radioeco dal 2019. Cura con Rebecca Moggia, Mariaconsuelo Tiralongo e Tommaso Dal Monte la rubrica Eco di Libri.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *