Bentornati a Meta Cinema, la rubrica di Radioeco a tema cinematografico!
Il Metacinema è il cinema che racconta il Cinema, che parla di sé stesso, dei propri mezzi e del proprio linguaggio.
Meta Cinema nasce come la rubrica che si impegna ad investigare nel grande universo della macchina da presa attraverso le recensioni dei suoi figli, i film. Per il nostro nuovo appuntamento ho deciso di parlare de “Il processo ai Chicago 7”. Ciak, si gira!
“Il processo ai Chicago 7” è un film scritto e diretto da Aaron Sorkin. Il regista, famoso soprattutto per il suo ruolo di sceneggiatore è al secondo lungometraggio nei panni di director e con le sue 6 nominations ai Premi Oscar si candida per esserne uno dei protagonisti. Sorkin è infatti famoso per aver vinto il Premio Oscar per la sua sceneggiatura in “The Social Network” e nei recenti Golden Globe si è aggiudicato il premio in analoga categoria proprio per il film preso qui in analisi, con la speranza di potersi ripetere ai prossimi Academy Awards, esattamente come nel 2010.

“Il processo ai Chicago 7” tratta del processo vissuto dai sette attivisti (tra i tanti) che manifestarono nell’agosto 1968 alla Convention Nazionale Democratica, sfociata in una violenta rivolta contro le forze dell’ordine, conosciuti appunto come i Chicago 7. Oltre ai sette attivisti, provenienti dalle diverse organizzazioni, quali Tom Hayden (Eddie Redmayne), Rennie Davis (Alex Sharp), Jerry Rubin (Jeremy Strong), Abbie Hoffmann (Sacha Baron Cohen), David Dellinger (John Carroll Lynch), Lee Weiner (Noah Robbins) e John Froines (Daniel Flaherty) viene messo sotto processo anche il leader delle Pantere nere Bobby Seale (Yahya Abdul-Mateen), preso immediatamente di mira dal giudice Julius Hoffmann (Frank Langella), il quale si dimostra fin dall’inizio propenso verso una sentenza sfavorevole nei confronti degli imputati e tutt’altro che super partes. I Chicago 7 sono difesi da William Kunstler (Mark Rylance) e Leonard Weinglass (Ben Shenkman) per le accuse di incitazione alla rivolta, mentre Seale, rappresentato inizialmente da un diverso avvocato finito poco dopo in ospedale, decide di difendersi quindi da solo, ma questo diritto fondamentale gli viene ripetutamente tolto ed è inoltre soggetto a numerose nonché assurde accuse di oltraggio alla corte. Il tutto di fronte agli occhi dell’accusa, rappresentata dalla squadra capeggiata dal procuratore Richard Schultz (Joseph Gordon-Levitt) che nonostante il vantaggio del favoritismo guarda sorpresa l’evolversi dell’udienza. Sette persone molto diverse tra di loro accomunate da un desiderio comune e messe di fronte a un’ingiustizia collettiva per la quale continueranno a battersi fino alla fine, guidati dal fondamentale apporto del determinatissimo avvocato Kunstler.

“Il processo ai Chicago 7” è un progetto rimasto in cantiere per più di dieci anni, per poi sbocciare negli ultimi anni, con il passaggio dall’originaria regia di Spielberg a quella di Sorkin, già autore del soggetto su commissione del regista de “Lo squalo”. Lo sceneggiatore dirige magistralmente un’opera maestosa, costruita su un alto numero di personaggi e una complessità realizzativa molto pronunciata. Essendo egli stesso l’autore della sceneggiatura, era forse uno dei pochissimi che avrebbe potuto realizzare l’opera in tal modo: si nota una precisione maniacale per ogni scena, per ogni battuta, per ogni sguardo, espressione e sospiro per l’intera durata del lungometraggio. “Il processo ai Chicago 7” è un grande film, riuscito in tutto e per tutto ed il merito di tal successo va in gran parte al filmmaker, capace di portare a termine un lavoro odisseico. Il merito però è da condividere anche con il cast del film, ricco di eccellenti attori come Cohen, Redmayne, Keaton, Rylance e tanti altri, diretti con perfetto metodo e capaci di interpretazioni senza sbavature.

Partendo da una doppia linea narrativa (presente-passato), “Il processo ai Chicago 7” si traduce nel cerchio d’inizio che si chiude nel finale, partendo da mancanza di rispetto tra politici per arrivare a una manifestazione di illegalità per pura ripicca, alla mercè della corruzione e della sete di potere espressa da un’istituzione profondamente marcia poi tradotta in ingiustizia. “Il processo ai Chicago 7” è un macabro affresco del sistema giudiziario americano di fine anni 60’, dei suoi meccanismi e malfunzionamenti, ma anche un grido di denuncia sociale, lanciato a più di cinquant’anni di distanza. La fotografia di grande fattura si propone di sottolineare l’aria che si respirava, stretta tra i fumogeni della polizia e la voglia di manifestare per avere un futuro più roseo.

Il film non si presta ad essere un documentario storico piatto, bensì si presenta per essere interpretato come un punto di partenza, l’inizio di una riflessione pregressa rovesciata sul presente più contemporaneo, per far pensare lo spettatore: siamo tanto cambiati da allora? Siamo sicuri che al giorno d’oggi sarebbe così improbabile che si verificassero le stesse vicende, le stesse situazioni? L’appello è stato inviato, staremo a vedere come nel futuro prossimo il film distribuito da Netflix verrà assorbito dalla comunità. Vedere per credere, pensare per comprendere.

Autore: Andrea Vinci
Classe 1999. Studente di DISCO presso l’Università di Pisa. Fa parte di Radioeco dal 2020.