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Papilloma virus: tutto quello che devi sapere

Ciao, sono Cristina, e questo è il mio primo articolo per Radyosex, la rubrica sull’educazione sessuale di Radioeco.

Vorrei parlarvi del papilloma virus, un argomento delicato che mi sta molto a cuore, e che credo possa interessare ognuno di noi. Spesso quando parliamo di malattie sessualmente trasmissibili non possiamo non pensare al “tristemente noto” virus dell’Hiv, ma sappiamo bene che sono molte di più le malattie che rientrano nella categoria. 

Il mio interesse verso questo tema ha varie ragioni, una di queste è proprio la mancanza di conoscenze basilari sull’argomento, dato che ho potuto riscontrare anche grazie ai dati raccolti nelle Instagram Stories del nostro profilo. 

Prima di scrivere questo articolo, ho pensato di informarmi personalmente, e in secondo luogo chiedere il contributo di uno specialista, ma tenuto conto della complessa situazione epidemiologica che stiamo affrontando, non ho ritenuto giusto impegnare, anche solo per qualche ora, un medico professionista, quindi ho scelto di trattare il tema con una persona che ha affrontato il problema e che ringrazio moltissimo per il supporto.

Cos’è il papilloma virus e come avviene il contagio?

Il papilloma virus è un’infezione che si trasmette nella maggior parte dei casi tramite rapporti sessuali sia protetti che non protetti, la trasmissione del virus infatti può avvenire anche tramite contatto “pelle a pelle” e/o scambio di mucose. Non è esclusivo dell’apparato genitale, ma può riguardare anche altre zone (cavo orale, inguine ecc…). È un virus assai diffuso, si stima che l’80% delle donne è venuta a contatto con il virus ciò non vuol dire “essere affette da” papilloma virus, infatti il nostro sistema immunitario può debellarlo soprattutto per quanto riguarda i soggetti più giovani. Si può venire a contatto con il virus anche per cause ambientali (utilizzo di bagni pubblici o oggetti di uso personale) quindi al di fuori del rapporto sessuale, anche se i casi restano in percentuale minore.

Cosa si può fare?

Ponendoci in un ottica di prevenzione, la prima cosa da fare è il Pap test, cioè un esame di screening che si effettua anche su donne sane, lo scopo è individuare precocemente i tumori del collo dell’utero o alterazioni che col passare del tempo potrebbero diventare tali. Andrebbe eseguito con regolarità, ovvero ogni tre anni, da tutte le donne dopo l’inizio dell’attività sessuale o comunque a partire dai 25 anni di età.

In caso di esito positivo il test ci dirà che sono presenti delle “lesioni” che possono essere interne o esterne (in zone come inguine, grandi labbra ecc…), ad esempio, potrebbero presentarsi sotto forma di verruche che possono essere osservate già ad occhio nudo. Gli studi fatti sull’Hpv hanno permesso di individuare diversi ceppi e dividerli in tre categorie cioè:

–          ceppi di al alto rischio

–          basso rischio

–          probabile rischio oncogeno

Si differenziano tra loro in base al rischio oncogeno, ovvero il rischio di poter avere un tumore al collo dell’utero. I ceppi più rischiosi sono il 16 e il 18.  

Uno step successivo al Pap test è l’Hpv test, che tramite il prelevamento di mucosa verificherà effettivamente la positività o negatività al test, andando a specificare anche il ceppo di appartenenza.

Ulteriore passo è la colposcopia attraverso cui si giunge ad un’indagine più mirata e va ad effettuare una mappatura delle lesioni. In caso sia necessario si procede alla biopsia in cui verranno prelevati i tessuti più superficiali toccati dal virus, e successivamente analizzati tramite un esame istologico, per verificare la pericolosità del virus. Dai risultati della biopsia si deciderà se arrivare allo step successivo ovvero alla conizzazione per rimuovere le lesioni e cicatrizzare i tessuti.

C’è una cura?

Non esiste una cura e l’unico modo per difendersi è il vaccino. Dal 2008 è disponibile per le ragazze dodicenni e dal 2017 anche per i ragazzi della stessa età, in quanto si presume che a questa età non ci sia stato contagio per via sessuale e quindi si ottiene una migliore risposta per le difese immunitarie comunque è possibile fare il vaccino entro i 45 anni di età.

C’è sensibilizzazione?

Si parla poco di Pap test e Hpv test e vaccino, non c’è adeguata sensibilizzazione e pochissime persone fanno controlli regolari. Uno dei motivi per cui spesso non si fa caso a questi problemi è che è una malattia silente, ma che col tempo può portare a problemi molto più gravi e ovviamente prevenire il tumore all’utero che è molto diffuso.

E nel mondo maschile?

Lo stigma aumenta dal lato maschile e davvero pochissimi ragazzi effettuano visite regolari dall’urologo. Credo che dovremmo agire insieme e ragionare meno da singoli, tenendo conto del contesto sociale e porci in un’ottica di prevenzione collettiva e sanità pubblica. Le uniche a controllarsi non possono e non devono essere solo le donne. Un modo per diminuire il contagio sarebbe quello di sensibilizzare maggiormente i ragazzi molto giovani (e le famiglie) al vaccino, in quanto futuri possibili “vettori”. Un controllo ulteriore sarebbe quello di effettuare un tampone uretrale, dai 25 anni in su, ma attualmente non c’è nessun protocollo che lo preveda.

Autore : Cristina Pedicino

Nata sotto il segno del Cancro. Smm e blogger per Radioeco dal 2020.

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