Marco Crepaldi / Facebook
Parlare di femminismo vuol dire addentrarsi in un ginepraio da cui difficilmente si esce senza graffi. In primis perché il movimento è sfaccettato (più che femminismo, sarebbe corretto parlare di femminismi) e si rischiano banalizzazioni sgradevoli, poi perché non sempre le opinioni critiche sul tema del femminismo sono apprezzate.
Nonostante questo, vi propongo un mia riflessione a partire da un caso ben circoscritto, avvenuto ad inizio giugno. Il soggetto coinvolto, osservabile come vedremo in una multiforme posa da vittima o aguzzino, è Marco Crepaldi: giovane laureato in psicologia, già fondatore di Hikikomori Italia, creatore di contenuti digitali e divulgatore scientifico. Sul proprio canale Youtube Marco affronta molti temi di psicologia sociale, tra cui spiccano, per frequenza e numero di visualizzazioni, quelli legati all’analisi dei problemi sociali del genere maschile. La prospettiva inusuale da cui osserva la questione gender lo ha portato a confrontarsi, ripetutamente e con esiti diversi, con gruppi e individui del movimento femminista, fino al pasticciaccio di inizio mese.
Il casus belli è stata una storia pubblicata dal Crepaldi su Instagram. Dopo aver analizzato alcune reazioni all’omicidio di George Floyd, in cui il trittico maschio-bianco-etero era evocato a corresponsabile della morte, ha pronunciato la bestemmia: “Io onestamente oggi non vorrei nascere maschio”. Apriti cielo. Attacchi e insulti per l’intera giornata, molti dei quali incentrati non tanto sul contenuto dell’enunciato, quanto sulla qualità di maschio dell’enunciatore: dunque privilegiato, dunque cieco ai veri problemi, dunque da mettere a tacere. Tanti di questi messaggi provenivano poi da persone che si dichiaravano apertamente, ma mi viene da dire un po’ a sproposito, femministe. Risultati: hashtag Marco Crepaldi in tendenza su Twitter Italia, un video del Cerbero Podcast a riguardo, la decisione dell’accusato di sospendere l’analisi dei problemi maschili fino ad un futuro più tollerante.
L’affermazione dell’apostata può essere o non essere condivisibile, non mi interessa. Ma chi avrà voglia o chi avrà già visto qualche video di Marco Crepaldi, saprà che il suo porre l’accento sui problemi maschili non ha mai avuto come obiettivo quello di adombrare i problemi femminili. La sua non era una proposta di aut aut, ma una volontà di analizzare una serie di tematiche che non trovano grande risonanza pubblica e mediatica. Inoltre l’atteggiamento di Marco è sempre stato molto pacato, le sue parole argomentate, le riflessioni sensate. Personalmente non sono d’accordo con tutte le sue idee, come la troppa attenzione dedicata al tema della violenza fisica sugli uomini commessa da donne, ma certo mi sembrava una voce autorevole e arricchente nel panorama delle questioni di genere. La sua sorte invece è stata quella di essere identificato come paladino dei misogini, difensore degli odiatori e degli Incel, cioè di tutti quei gruppi avversi al femminismo: intimorito da questo ritratto e dai conseguenti rischi, ha deciso di prendersi una pausa.
Per descrivere i soggetti che lo hanno attaccato, auto-proclamandosi sostenitori del femminismo, Marco, come altri commentatori, ha utilizzato a più riprese il termine “nazi-famministe”, volendo quindi indicare un femminismo fanatico e (verbalmente) violento. Io mi trovo però in totale disaccordo con questa definizione, perché se può esserci un problema di deriva repressiva interna al femminismo, non credo si possa comunque etichettare, neppure metaforicamente, come nazista. Il nazismo infatti è un movimento storicamente giudicato esecrabile e condannato in toto fin dalle basi, cosa che non può minimamente essere detta del femminismo.
A certi esiti del femminismo odierno, molto rumorosi anche se poco autentici, credo si applichi molto meglio la categoria storica del Terrore, cioè quella fase della Rivoluzione Francese in cui il potere era stato accentrato nel ristretto gruppo del Comitato di Salute Pubblica capitanato da Robespierre. Mi sembra evidente che i rivoluzionari francesi, come quelli femministi, muovessero da una condizione di ingiustizia sociale palese, e le loro istanze, pur rivendicate con la forza e talvolta la violenza, fossero condivisibili. Tuttavia la fase del Regime del Terrore, come dice la parola stessa, era andata oltre: non solo per i realisti ancora fedeli alla monarchia, ma anche per un vasto gruppo degli stessi rivoluzionari, quei girondini moderati che conclusero sul patibolo l’esperienza di Robespierre. Lo scopo dei leader del Terrore era quello di salvaguardare i risultati della Rivoluzione aumentando i controlli e la repressione dei dissidenti, ma questo processo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto dei sanculotti, i popolani di Parigi che dalla Rivoluzione cercavano solo un benessere e dei vantaggi a breve termine. Insomma mi sembra che quel folto gruppo di persone che, appellandosi al femminismo, ha attaccato Marco, svolga un po’ il ruolo dei sanculotti i quali, aizzati da pochi capi sinceramente convinti della causa, travisavano e confondevano le necessità della Rivoluzione con le proprie. Mi pare ora evidente che la Storia abbia valorizzato e onorato la Rivoluzione Francese, ma che il Regime del Terrore sia stato giudicato alla stregua delle più sanguinarie e folli dittature: che possa succedere così anche per questa fase del femminismo?

Dal mio punto di vista non credo che attualmente il femminismo corra alcun rischio di veder demolite le conquiste degli ultimi decenni, perciò l’onda censoria verso Marco, una voce eterodossa ma costruttiva nel panorama delle questioni di genere, mi è sembrata ancora più ingiustificata. Credo e mi auspico però che, come per il Regime del Terrore, saranno gli stessi gruppi femministi più moderati – o, direi, autentici – a tagliare le ali alle frange estreme, che rischiano di screditare l’intero movimento.

Autore: Tommaso Dal Monte
Tommaso è timido, introverso, ha la dizione di uno scaricatore portuale, ogni tanto balbetta: quindi fa lo speaker per Radioeco. Studia Italianistica all’Università di Pisa ed è a Radioeco dal 2019.
Leggi anche il suo articolo su Silvia Romano: https://radio-eco.it/index.php/2020/05/12/silvia-romano-conversione-modelli-letterari/?fbclid=IwAR19UKFHBWoAVeSfiZGZHnHvn4v9QhcF96XDKCxqmmbk9n6RxpPnLJzjO2c