Tabula rasa: presso i Romani, tavoletta cerata usata per scrivere, dopo la completa cancellazione del testo precedente. Chi di noi non ha mai pensato, a un certo punto, di voler tirare una riga su tutto il nostro passato, di ripudiare le cavolate fatte negli anni, i silenzi mancati, le parole sprecate. Si arriva a un momento di inevitabile bilancio con noi stessi, tanto più necessario e urgente, quanto più forte è in noi la sensazione di smarrimento ed estraneità alla realtà quotidiana. In realtà, noi siamo davvero il frutto di quella somma di scemenze e passi giusti allineati in fila, uno dopo l’altro, nel corso dei minuti, delle ore, dei giorni, soprattutto per noi giovani che non vediamo l’ora di divorarci i momenti, che adesso ci sentiamo invincibili, subito dopo siamo a terra, con le gomme sgonfie e senza un’apparente prospettiva. Sana è un’adolescente, una ragazza che ha voglia di vivere, ma che si sente giudicata dal mondo che la circonda. Dovrà toccare il fondo della sua disperazione, accettare i propri vetri incrinati, ricostruire i ponti dati alle fiamme, per tornare a respirare l’aria della libertà.
Lo scorso 15 maggio è uscita la quarta stagione di Skam Italia (co-prodotta da Cross Productions e disponibile su TimVision e su Netflix), per la regia (che si conferma ancora una volta magistrale) di Ludovico Bessegato, anche produttore e sceneggiatore, con il preziosissimo contributo alla sceneggiatura di Sumaya Abdel Qader, autrice e divulgatrice del mondo musulmano in Italia e Europa, con particolare attenzione al tema delle donne e dei giovani. La vicenda narrativa, questa volta, si concentra su Sana, la ragazza islamica del gruppo, la quale si innamora di Malik, amico di suo fratello. Il tema che fa da sfondo alle vicende quotidiane di Sana, è far sposare due anime opposte in una persona, la parte piena di desiderio verso i normali fatti della vita di un adolescente e la parte religiosa e piena di regole, che non proibiscono i desideri, ma tendono a reprimerli. Sana si trova a muoversi tra due fuochi e non si sente capita da nessuno dei due.
Qui trovate i nostri precedenti articoli: EPISODI (1-3) e EPISODI (4-6)!
Consiglio d’ascolto: “you only live once” di isaac gracie.
4 x 07 “Domande stupide”
Liceali che si fiondano giù dalle scale con la stessa foga dei corteggiatori di “Uomini e Donne – Trono over”, docce non richieste dai piani alti, mentre l’artiglieria contraerea risponde con palline di carta mezze monche che non ci provano nemmeno a vincere la gravità. Sana non sembra essere contagiata da questo clima festoso e goliardico: ha le sopracciglia aggrottate e il volto contrito. Uno sguardo al volo a Federico ed Eva. Ricapitoliamo un attimo la follia di Sana quali vette ha raggiunto: ha scritto, all’insaputa di Eva, un messaggio a Federico per tornare insieme, è riuscita nel suo scopo, perché Federico ha sorpreso Eva al concerto di quei due squinternati, avrebbe avuto Malik tutto per sè, ma non può esserci futuro per loro, perché la fede li divide; non le importa, basta che Eva si tolga dal c…ircondario. Niente da fare: la redazione di “Chi l’ha visto” ha ricevuto segnalazioni di Malik ed Eva insieme. Shonda, sei tu?
Una Caporetto, il cui prezzo deve ancora essere scontato, però. Siamo all’inizio della parabola calante, della discesa agli Inferi.

Elia è recidivo, siamo pronti a insorgere per difenderlo dai maltrattamenti di Sana, ma stavolta c’è qualcosa di diverso, niente avances destinate a non essere colte (ce le prendiamo noi quelle passate e quelle future, Elia, don’t worry). Si entra nel covo dello psicologo scolastico, l’uomo del NAMACISSI, attorniato dalla crew dei contrabbandieri. Scapestrato come sempre, accoglie in pompa magna Sana, riservandole persino un posto, ceduto (con riluttanza) da un mai troppo cortese Luchino. Inizia una delle scene più tragicomiche dell’intera serie, che ha più di un elemento di analogia con alcune scene delle commedie plautine, quando il servo sta per essere percosso dal padrone, perché l’inganno è stato scoperto. Sembra di assistere a un processo farsa, non si può rimanere seri con i modi sussiegosi dello psicologo nel cercare (goffamente) di offrire una bevanda, mentre gli sguardi dei ragazzi saettano da un punto all’altro della stanza. Martino ha lo sguardo distrutto, non solleva nemmeno le palpebre. Brutti presagi si addensano nella nostra mente. “Ha lasciato Nicco”. Un brivido lungo la schiena, anche se un po’ ce lo aspettavamo. Martino ha estorto una confessione a Niccolò, combinandola con l’informazione che aveva saputo da Maddalena, l’ex del suo (adesso anche lui ex) ragazzo: c’era stata una storia con Luai. Il senso di trionfo per aver avuto ragione placa il senso di sospetto di Martino, ma lascia lo spazio, immediatamente allo scoramento più totale. Sana vorrebbe sparire: dimena la testa come per potersi dissolvere con un cenno del capo. Ma nulla si smuove. “Quindi?” “Quindi cosa?” “C’è stato qualcosa o non c’è stato qualcosa”: il tono simpaticamente aggressivo di quello che dovrebbe essere un attento ascoltatore, che non giudica mai, non ha nulla da invidiare agli inquisitori spagnoli del ‘600.

Sana è l’unica che tenta un approccio deontologicamente valido, cercando di coinvolgere Niccolò, ma davanti a sè ha un muro compatto che chiede giustizia (sommaria) per Martino (pure lo psicologo, che manda in vacca anche l’imparzialità). Sana apre il vaso di Pandora e racconta soprattutto i fatti (da rabbrividire) che hanno seguito la relazione tra Luai e Niccolò (gli stessi che avevano causato l’allontanamento di Malik dal credo islamico e, quindi, se andiamo a vedere, l’incompatibilità con Sana, dal punto di vista di lei). Giovanni rimane colpito dalla storia e osa empatizzare con il nemico. Martino lo fulmina seduta stante, accusandolo di tradimento amicale. Prova a spiegarsi, ma lo psicologo, un quinto contrabbandiere a tutti gli effetti, lo zittisce malamente, probabilmente era assente alla lezione sul lasciare che i pazienti parlino e non diventare uno di loro. “Chi è il suo imam?” Luchino è le sue domande inopportune, questa volta in lip sync. Giovanni, psicologo vero, non molla e invita l’amico a riflettere sul periodo di tempo trascorso da quella tresca, facendogli capire quanto molte cose fossero diverse. Martino argomenta che però c’è stato un ritorno di fiamma. “Ma che c***o ne sai?” è la veemente risposta del gruppo. Sana è di nuovo chiamata a testimoniare. Se la cava. Poi Luchino fa un’altra uscita delle sue e si becca coppini e sfottò dal psicologo. Martino si fida di Sana o sta per tagliare anche lui il filo che li unisce? Non le rimarrebbe praticamente nessuno, se non i corteggiamenti di Elia con cui può fare poco o niente.
- Sandy: “Io ho amato moltissimo che ad andare dallo psicologo siano i ragazzi. Perchè questa cosa di essere sensibili, di dover chiedere aiuto è sempre relegata al mondo femminile, e invece sono i ragazzi, che non ci mandano Martino da solo perchè è gay e non sa come gestire la situazione, ma ci vanno in gruppo, tutti insieme.
- Tommaso: “E poi, alla fine della scena, anche Luchino si apre sul discorso con Silvia e annessi e connessi. Poi non viene approfondito, ma c’è un accenno anche a questo.”
- Sandy: “Poi voglio dire: c’hanno messo uno psicologo che non so dove ha preso la laurea. Per come si comporta in quella scena lì, veramente, è da guardarlo e da dirgli “Tutto ok?”. A parte questo, è molto bello che loro si fidino di una persona e che non sia vista per forza “Ma vai dallo psicologo?! Ma sei fuori?!”
- Tommaso: “Assolutamente, esorcizza la figura dello psicologo”
Eva invita Sana a pranzo per una chiacchierata “Ti devo dire una cosa”. La frase responsabile dell’75% dei ricoveri per infarto cardiaco, non importa l’età del paziente. Un messaggio del genere e aumentano le palpitazioni, vai in iperventilazione, zampilli come una fontana. Non le va di andare, sta bene nel suo guscio solitario, sempre con l’alibi della religione, che è oramai un comodo scudo dietro il quale nascondere la propria solitudine.

Conversazione tra Federica e Sana. Federica si è accorta che l’amica latita, ma accetta la spiegazione che le viene offerta. Si sta per aprire un altro piccolo dramma, da una conversazione che invece sarebbe dovuta essere all’insegna della coesione dei bei vecchi tempi. Invitando Sana in montagna con le altre, Federica, un po’ ingenuamente, ma senza cattiveria, sottolinea l’assenza di ragazzi durante la vacanza. E’ il suo modo di tranquillizzare Sana, ma non si accorge che, in realtà, ha appena acceso un senso di rivalsa e di astio nell’amica, che si ritrova a vivere i dejà vu delle situazioni imbarazzanti con le UFB. “Tanto i tuoi non dovrebbero fare problemi, no?”. Il dado è tratto. Sana varca il Rubicone. “Perchè dovete sempre tutti pensare che i miei mi impediscono di fare le cose?” Federica sta completamente panicando, si è resa conto di averla sparata grossa, ma Sana la azzanna alla giugulare senza concederle nemmeno un’attenuante. Le porta un ragionamento valido ed efficace, ma messo giù con tanta, troppa rabbia. Noi siamo spiazzati, come Federica proveremmo a rimediare cercando di abbassare i toni, ma Sana è imbizzarita, non ne vuole sapere. Dalla rabbia vira all’acidità, alla cattiveria gratuita nei confronti dell’amica, oramai inerme e colta completamente alla sprovvista dall’invettiva di Sana. E’ troppo per chiunque: oramai Sana intorno a sé vede soltanto nemici, non riesce a comunicare senza urlare, senza attaccare. E’ sempre al fronte della propria guerra contro la realtà.

Strappa il poster della Wonder Woman con il velo: il sincretismo ha fallito. Non ha senso di esistere. Afferra tra le mani il Corano, come un’ancora, una mongolfiera per scappare dai problemi. Malik interrompe, come spesso nei suoi pensieri, il momento di riflessione personale. Rami chiede il numero di Martino, per potergli scrivere e scusarsi. La conversazione tra Malik e Sana avviene attraverso la porta con il vetro zigrinato: lei, attraverso il filtro della religione, non può vedere nulla in lui, così come solo la voce può arrivare a lei, mentre l’immagine di lui rimane opaca al di là del muro. “Tricky trap” è lì, sulla scrivania, aspetta di essere portato a termine, ma lei non l’ha ancora finito. C’è davvero un modo per vincere contro tutti, contro i meccanismi sgangherati del gioco? Sana è irremovibile, sempre più rinchiusa nelle proprie convinzioni, nelle proprie sicurezze. Sbrocca contro i genitori pur di non avere più Malik in giro per casa. Non può permettersi di combatterlo con le parole, con gli sguardi, vuole una cesura totale da lui. Loro non capiscono il malessere della figlia, perché è tutto troppo annidato nella sua anima, non bastano un paio di parole di circostanza a districare la matassa.
Allora prende, parte e va. Dove? Non si sa. Sul tram pressoché deserto, anche le deboli luci per un attimo si spengono su Sana: il blackout è dentro e fuori di lei. Al capolinea salgono tre ragazze pronte per andare a scatenarsi e lei è proprio lì, a guardarle: si rivede, come al di qua di un varco spazio-temporale, spensierata, divertita, con le sue amiche più vere, ma quei tempi non torneranno più, ne è convinta. Per la prima volta vacilla, versa una lacrima, capisce che così non va. Sarà troppo tardi per sistemare tutto?

Martino in fabula. La verità alla fine viene a galla: Rami aveva solo difeso Luai, suo amico, dalla gelosia di Martino, che era scattato, vittima degli sguardi complici tra Niccolò e Luai stesso. E qua rimaniamo tutti in braghe di tela? Ma come? Non può essere… molto più semplice pensare a un’aggressione omofoba. D’altronde lui è musulmano, non può capire, siamo stati tutte le UFB fuori dalla porta del bagno mentre Sana era dentro. E invece impariamo che la lealtà, il sentimento di amicizia ha a che fare con le persone, con i sentimenti, non con la religione o gli stupidi pregiudizi. Sana capisce di averla fatta fuori dal vaso. Per la prima volta nella sua vita la sua verità non era quella oggettiva, dei fatti. Ma come? Tutto questo tempo a tenere il muso a suo fratello e adesso scopre che ha sbagliato. Come reagirà? E’ risentita con Martino?
“Tesò ma la smetti de non parlà alla gente??”. E qua tutti sospettiamo un furto di cellulare: non è lo stile asciutto e sobrio di Martino. E’ Filippo che ha colpito ancora. Sana, inviperita, rimanda la critica al mittente senza troppe smancerie. Anche lui, che per lei è il fratello di una sua amica, si sta comportando in maniera davvero insostenibile. Ancora una volta si sente sotto attacco, ma oramai i colpi che mena sono alla cieca, è come un carro armato impazzito che falcia chiunque si trovi sul suo percorso. Sostanzialmente non sa dove andare, però, e quindi la casa di Filippo le sembra il posto meno ostile dove poter trascorrere la notte. Troviamo Filippo, solitamente in forma smagliante e iper carico, sfibrato dalle trattative stile Kim Jong Un – Trump con Martino per convincerlo a riscrivere a Niccolò. “C’ha avuto pure un anno de merda” so relatable. “Perché sei un cazzo di geloso paranoico” la dedichiamo invece a tutti gli ex alla lettura, perché noi non potremmo mai. Sana disastrosa come supporto emotivo istantaneo, manco riesce a tenere in piedi la sua di baracca, adesso pure quella degli altri. Filippo è pronto a uscire e ci lascia una delle sue perle, nonché un ottimo consiglio per uscire di scena sempre in grande stile: “Poi, se qualcuno di voi due si vuole suicidare, per favore fatelo nella vasca e non nel letto, ok? Grazie.” Non ti meritiamo, Filo.

I disperati di fronte ad un film horror. Martino chiede a Sana perché non andrà in Grecia con le altre, e la minaccia di non darle la panna se non gli dice la verità. Sana questa panna la voleva davvero tanto perché inizia a parlare finalmente, complice il messaggio di Filippo, magari, oppure il fatto che per una volta ha visto che il suo giudizio su una situazione era sbagliato e può pensare di non sapere tutto di tutti. Ora la diga si rompe e si lascia andare a spiegare tutto ciò che la fa stare male. “Vuoi provare tu a essere una ragazza musulmana, con il velo, in Italia?” Martino da parte sua è gay, quindi diciamo che giocano a chi sta peggio. Sana però sente che la discriminazione verso di lei è diversa. Martino qualcuno dalla sua parte lo può trovare, lei no, si sente sempre esclusa anche dalle sue amiche che dicono di non essere razziste e l’hanno lasciata andare perché conviene anche a loro. Finalmente Martino finisce quello che ha iniziato Eleonora in videochiamata “E secondo te ti hanno lasciata andare perché sono razziste o perché sei diventata insopportabile?” Sana continua a nascondersi dietro alla religione e utilizza la stessa arma che gli altri usano con lei: il pregiudizio. Lei sa già che cosa pensano le sue amiche e tutto il resto del mondo (siamo dispiaciuti che non sia stata approfondita la frase “il velo come scelta femminista”). La convinzione che trapela dalle sue parole è tale che non considera nemmeno per un minuto che ci siano pensieri diversi da quello che ha già sentito. Martino però non accusa i colpi di Sana come Federica, non è impreparato, lui ha già vissuto questa situazione e solleva un argomento importantissimo: l’ignoranza. Loro dell’Islam, delle tradizioni religiose di Sana non sanno niente, nessuno gli ha mai insegnato niente e chiedere a Sana fa paura, perché c’è sempre il rischio di morire decapitato da un urlo. Sentiamo Martino smontare un mattoncino per volta il muro che Sana si è creata. “Mi innervosisco perché le domande sono stupide” è un male comune tra i due, ma se vuoi essere capito devi spiegare: “Se non avessi spiegato a Luchino la differenza tra gay e transessuale sarebbe ancora convinto che voglio diventare donna”.
Servono risposte intelligenti alle domande stupide delle persone, perché altrimenti ognuno risponde per sé e magari pure in modo stupido. Imam Rametta che indirizza i giovani alle scelte giuste. Sana per un momento non si sente più sola, ma la strada è ancora lunga.
Sabato mattina, Sana si sveglia in camera di Eleonora e si lascia andare ai ricordi mentre guarda le foto di lei e le sue amiche, che non sa se più come deve considerare. Le vorranno ancora bene? La scuseranno? “Tesoro, sei morta?” la voce di Filippo interrompe i suoi pensieri. Per la prima volta Sana si sforza di spiegare qualcosa che le succede. Non può mangiare perché sta osservando il Ramadan. “Altre domande?” ha finalmente deciso di aprirsi, l’Imam Rametta è riuscito nella sua missione di pace.

Filippo non si fa sfuggire l’occasione di chiedere tutto quello che vuole a Sana. Ha paura di offenderla, ma lei lo tranquillizza, ormai è pronta ad affrontare tutto. “Ma se gli uomini fossero due gay, il velo lo potresti togliere, no?” Sana dice di no, ma lo sappiamo tutti che per una volta vorrebbe essere considerata come tutte le altre ragazze. Di nuovo si appella a chi viene subito dopo il Corano, ossia Google. I pareri sono discordanti, ma a lei interessa solo il suo di parere, ha voglia di fare questo, si sente tranquilla con Filippo e Martino, verso di lei non nutrirebbero mai attrazione fisica e forse Sana ha davvero bisogno di un momento di leggerezza dopo mesi di sofferenze. Lo fa. Si toglie il velo accompagnata dal rullo dei tamburi dei ragazzi, lo fa per quanto? trenta secondi? Giusto il tempo di godersi il “che fregna” di Filo. Poi torna come prima, che dolcezza si respira in questa scena. Gli amici che ti guardano perché vogliono vedere tutto di te, come se i capelli cambiassero l’idea che hanno di lei. Sana li asseconda nella loro curiosità e anzi si diverte con loro. C’è sempre una parte di sé che si trattiene, ma niente è paragonabile alla Sana del giorno prima.
Sentiamo la rinascita alle porte. Infatti arriva la mazzata finale. Chiamata di Federico per Sana. Eva ha scoperto le chat con Sana. Crolla tutto di nuovo.
4 x 08 “Le sfigate”
Ed elli a me: “Questa montagna è tale
che sempre al cominciar di sotto è grave
e quant’uom più va su e men fa male”
Commedia, Purgatorio, canto IV, vv. 88-90
E’ il momento di pagare lo scotto delle proprie azioni. Sana lo sa bene. Il progressivo strappo, senz’appello, dalle proprie amiche deve essere pazientemente ricucito. Bisogna partire ammettendo i propri errori, senza nascondersi dietro agli alibi, con grande onestà intellettuale. Bari ancora una volta e hai chiuso per sempre. Sana è sempre stata abituata ad avere tutto sotto controllo, a scegliere per gli altri, a contestare ciò che non le andava bene, adesso deve stare in silenzio e chiedere di essere capita, mentre si è mossa come un’ombra inafferrabile e ha tirato le fila dei giochi (o almeno, ne era convinta). Può farcela?

E’ il momento zero, stavolta è davvero tabula rasa, terra bruciata intorno a lei. Non sappiamo se augurarci che Eva le risponda al citofono. D’altronde lei è stata la vittima principale del comportamento distruttivo di Sana, bisogna che abbia il tempo per metabolizzare e smaltire il tradimento subito. Sana deve fare i conti da sola per quello che ha fatto: è doloroso, ma è necessario che sperimenti sulla propria pelle il dolore che ha provocato.
Incontra Silvia modalità gattara. E’ interessante come avvenga un insospettabile scambio di ruoli: la saggia e infallibile Sana, maestra di rapporti umani, è ora costretta a chiedere aiuto alla sprovveduta e superficiale amica per poter avere un contatto ravvicinato con Eva. Silvia è visibilmente amareggiata dal comportamento di Sana, ma non rifiuta di aiutare l’amica in difficoltà: non comprende, ma cerca di rispettare e interpretare le ragioni che l’hanno spinta ad agire così. Sana prova a giocarsi per l’ultima volta la carta dell’altruismo, del bene disinteressato, ma viene bruscamente interrotta dall’amica, che la pone davanti alla poca plausibilità di questo motivo. E’ chiaro che il pensiero sincero di Sana su Federico non l’avrebbe mai portata ad agire di nascosto. Silvia ha capito il vero casus belli di questa terribile vicenda di (non) amicizia: il tradimento di Malik con Eva. Sana è completamente nuda, si mostra per la prima volta con le amiche avvolta dalle proprie debolezze, che le impediscono di essere sé stessa, ma la costringono, per forma mentis, ad agire in maniera così apatica.
Only know you’ve been high when you’re feeling low
“Let her go”, Passenger
Sana deve lasciare andare una volta per tutte il rancore, la bile, il dolore che la sta consumando dentro da tanto, troppo tempo. Deve fare un falò con i rimorsi, i rimpianti, le azioni sbagliate, per poter lasciare finalmente la sua anima respirare, coccolare le proprie fragilità, senza sovrastrutture, senza corazze di sicurezze costruite ad hoc.

Allora prende il telefono e urla al (suo) mondo. Si sente sola, indifesa, abbandonata dalle amiche. Ce l’ha con Malik, che non fa mai nulla di sbagliato, che continua a cercarlo, provocando in lei soltanto sofferenza per non poterlo desiderare né avere. Vorrebbe essere libera, indipendente, fregarsene di tutto e di tutti, invece si sente giudicata, dalla sua famiglia e dalla religione. Ha deciso di puntare tutto sullo studio, perché è l’unico modo che ha per sentirsi accettata nel cosmo occidentale: dimostrando di avere moltissime competenze e conoscenze. La dedizione, l’abnegazione nei confronti degli impegni scolastici la aiutano a trasformare la rabbia che monta dentro di sé in risultati brillanti. E’ una sorta di dipendenza dalla fatica per non sentire altro, per non sentire il dolore. Può trovare quiete la sua anima solo in voti oggettivi, in successi concreti. Vive malissimo l’ipocrisia del fratello, che si professa musulmano, ma che assume atteggiamenti che vanno in senso totalmente opposto a quanto prescritto dalla religione. Lei non rinnega la scelta di aver aderito sinceramente all’Islam, ma non riesce a concepire questo dualismo morale di Rami, insieme all’indifferenza dei genitori, tanto fiscali con lei quanto permissivi con il figlio maschio. Pensa che i suoi genitori siano troppo succubi della comunità islamica, dei giudizi, ma in privato cercano di fare gli avanguardisti. Le fa schifo la compassione dei docenti, sempre eccessivamente accondiscendenti nei suoi confronti, come se avesse qualcosa che non va. Non riesce a concepire come chi l’abbia ferita con le armi del bullismo non abbia nemmeno provato a indossare i suoi panni. Non digerisce più le avances di Elia, spalleggiato dal gruppo, che vede come un inutile accanimento goliardico, che la mette soltanto a disagio. Le amiche musulmane la giudicano, perché è troppo aperta verso il mondo che la circonda, frustrano il suo desiderio di essere un ibrido felice, un seme che reca in sé un vero messaggio di pace e di comprensione e inclusione reciproca di due culture. Non ha più senso provare a essere altro da ciò che si è, ma non si sente nemmeno sufficientemente “araba”. E’ un puntino grigio, che non sa di nulla, a metà strada tra i due poli della sua vita. Si sente di valere metà, lei che vedeva tutto bianco o tutto nero. “Sarò sempre solo un incrocio venuto male agli occhi degli altri”. Insieme al rancore fluiscono parole di scuse, di richiesta di comprensione, di confusione: Sana si sta decomprimendo, sta lasciando andare tutto ciò che la stava soffocando, finendo per strozzarla nella sua quotidianità. La dichiarazione di amicizia è uno dei passi più alti poeticamente dell’intera serie: le sue amiche sono l’ancora, il tramite con la realtà che vive, il punto imprescindibile che ogni giorno la fa stare bene. E’ straziante il momento in cui Sana è disposta ad accettare un rifiuto totale da parte loro, mentre chiude l’audio. Ciascuno di noi si porta dentro di sé un pezzettino di quel dolore lancinante, la sofferenza di chi si sente escluso dai mondi da cui proviene, murato nell’intercapedine dell’ambiguità, dell’incomprensione dell’incomunicabilità.

I giorni passano, ma nessuno si fa vivo e Sana non va a scuola. Il febbricitante Rami, in pieno Ramadan, si sta facendo una colazioncina con i fiocchi. Lui si beve il thè, ma Sana non si beve la palla. Finalmente i due fratelli tornano a parlarsi, in un’atmosfera domestica pacata, in passato invece caratterizzata da scontri più o meno silenti e malumori serpeggianti. Il tempo ha fatto il proprio lavoro. Si capisce che il legame tra di loro è viscerale, capace di superare ogni incomprensione. L’omofobia viene ufficialmente defenestrata, con una scelta narrativa molto semplice, ma di grande efficacia e si scopre finalmente la verità (attuale) su Luai e Niccolò. Ancora una volta il silenzio è stato complice dell’esplosione di una situazione che si sarebbe potuta risolvere con poche parole e nessuna reticenza. Per la prima volta in vita sua, anche se con l’aiuto del pubblico da casa, Sana chiede scusa sinceramente, consapevole di aver imparato molto dalle proprie peripezie recenti. Sente anche il bisogno irrefrenabile di risistemare le situazioni lasciate incerte o ancora irrisolte. La protagonista si è completamente redenta e vuole dimostrare di saper anche agire correttamente nel vero interesse altrui. Rami deve lavorare un po’ di più sul colpo di tosse: troppo palatale.
Sana e Eva: prove di contatto visivo. Gna’a famo. La nostra raggiunge tutta trionfante Martino e gli comunica la lieta novella: tra Luai e Niccolò non c’è stato niente. Zero. Ovo. Elia e Giovanni stanno già sciabolando lo champagne, mentre il loro amico rimane impassibile, anzi forse ancora più esterrefatto di prima. Non riesce a gestire più il rapporto conflittuale che Niccolò ha con il racconto della verità. Giovanni, da saggio e consapevole migliore amico, gli ricorda che non è qualcosa di sorprendente, ma che Niccolò stesso ci sta lavorando “‘na cifra”(Chiediamo che venga assegnato ad ognuno di noi un Giovanni d’ufficio). Ce la possiamo fare. Daje. “Tu? Come va con le ragazze?”. Allora molto meglio “E il fidanzatino?”. Ah caspita, manco quella va bene… “In casa tutti a posto?”. Niente, sempre domande del piffero ci vengono in mente.
Giovanni propone il celeberrimo piano del “Vi chiudiamo in una stanza”, ma Martino, con fare sociologico, afferma che i conflitti fra donne si risolvono meno facilmente perché sono esseri più rancorosi “che se le legano”. Gli sguardi di Giovanni ed Elia in stile “Really?” valgono più di mille parole. Mentre in sottofondo vengono snocciolate (e tatuate sull’avambraccio sinistro di Elia) informazioni biografiche su Giuseppe Ungaretti, Sana viene convocata per una riunione d’urgenza, a casa di Chicco Rodi. Lo stile è chiaramente ispirato a “Devo dirti una cosa.” Che sarà mai successo?

Mamma che ansia: questo è quello che penso ogni volta che le UFB schierano la formazione completa. Sembra di stare a “Forum”, adesso entra Melita Cavallo e almeno ce famo du’ risate. Ma “Questo non è un villaggio vacanze e tu non fai ridere”. La disposizione dei posti è emblematica: Sana seduta da un lato del tavolo, mentre tutte intorno ci sono le sue (ex) amiche. Il primo commento amichevole che riceve è: “Ma quanto sei una merda tu?”. Annamo bene, proprio bene. Gli altri visi da dissennatori ci fanno capire che qualcuno vuole la testa di Sana, anzi più di qualcuno. Presiede la seduta Chicco Rodi. L’accusa a carico dell’imputata è: sabotaggio della vacanza a Mykonos e tradimento della frode a danno dell’agenzia immobiliare. Il procuratore distrettuale Federico Canepallo presenta le prove, seppur circostanziali: l’imputata ha già agito in maniera impulsiva e distruttiva ed è chiaramente colpevole. La signorina Carlotta viene chiamata a testimoniare in tal senso. Timidamente si fa avanti una super teste, che rivela un’insospettabile verità: afferma di essere la colpevole del fatto, ma ha agito solo per amore del proprio gatto, che temeva non avrebbe potuto godere dell’aria salubre di Mykonos. L’atmosfera si scalda: le UFB mostrano i primi segni di insofferenza e partono le prime minacce, neppure così tanto velate. Carlotta chiama il papi per farsi parare il didietro e la tocca pianissimo, chiamando Silvia “deficiente” e “scema”. Federica inizia a sbuffare dal naso, ma tenta di dissimulare il crimine che le sta montando inside. Nulla forse è irrecuperabile (anche se noi lo speravamo tanto). Eva e Sana si scambiano sguardi semplici: anche tra loro forse non tutto è andato a bagno. Federica tende la trappola, non può restare lì a non fare nulla, va contro la sua natura. L’invito ad abbassare i toni finisce dritto dritto in cavalleria. Carlotta risponde per la rima e il gioco è fatto. Qua viene coniato uno degli epiteti più belli della storia della sceneggiatura italiana. Il senso è “Faccia da fallo, magrissima di sterco”. Non vogliamo scandalizzare nessuno, giammai. Assistiamo a una scena in stile Bronx, con Federica che afferra un capoccione di Lego e si avvicina pericolosamente a Carlotta, minacciando di infilargliela in testa (?). Fallisce ogni tentativo diplomatico: la vacanza salta definitivamente. Le Matte abbandonano la casa del Grande Fratello, senza lasciarsi indietro Sana, che rifila, molto elegantemente, a dire il vero, un dito medio a Carlotta, come risposta alle sue farneticazioni. Da notare che la difesa di Federica è diretta per Silvia, ma indirettamente anche per Sana. Si sono rese conto che l’unione fa la forza, vogliono tutte tornare al “prima di Mykonos”.

Le Matte sono finalmente tornate insieme, più affiatate e più forti di prima. Intercettano sul loro cammino, queste filles terribles, la macchina di Carlotta: la classica Smart color panna, comoda per rompere le palle a chi vuole parcheggiare con un veicolo normale, convinto che il posto sia libero e invece… ecco la scatoletta di tonno trionfante, irremovibile. Federica riesegue il dripping di Pollock sul vetro dell’auto con lo yogurt liquido, ma, per evitare attribuzioni incerte o a ignoti, decide di autografare il murales eco-sostenibile con il rossetto di Sana. Young, wild and free.

E’ festa a casa di Silvia. Martino sta facendo il master a Twister, il gioco più pericoloso per la propria incolumità ossea, che ha provocato più vittime del parkour estremo sui grattacieli di Dubai. Cascano tutti e tre come i bastoncini dello shanghai, mentre noi ci voltiamo dall’altra parte perché non accettiamo Giò con l’argentina. Nun ce va giù. Falsissimo il coretto di auguri chiaramente preparato a tavolino: noi preferiamo la versione live stile alpini del Coro Monte Cauriol dopo il quarto bicchiere di grappa aromatizzata ai fiori di sambuco. Martino chiarisce subito a Elia e Luchino che non ha nulla da dire a Niccolò, e le loro risate ci fanno capire che Martino non sarà padrone del destino della serata. Il regalo di Filippo non è semplicemente la scatola animalier? No, accidenti. Less is more. Ecco, chiariamo subito, non è un microfono per fare le Mermaid Melody, anche se ha il colore dei capelli della sirena Lucia. La disinvoltura con cui Silvia armeggia l’oggetto misterioso è un chiaro indizio che non ha la minima idea di come si usi. Il karaoke è una metafora che ci va vicino, ma non troppo. Luchino, come nelle televendite, è chiamato a farne un uso dimostrativo: lui, da consumato arruffapopoli e dalle grandi doti di marketing, lo appoggia signorilmente sul collo, per ottenere il vibrato (vocale). Sana ed Eva si appartano per preparare il biglietto per Silvia: è tornata l’armonia tra di loro. L’argentina finalmente si toglie di mezzo e siamo tutti Eva, con gli occhi che fanno due volte il giro indietro. Non sta più con Federico, l’ha lasciato, con grande sorpresa e (sincero?) dispiacere di Sana. E’ chiaro che anche prima era la cosa migliore, ma qualcuno aveva provato a ritardare il naturale corso degli eventi. Oramai è acqua passata, però, e anzi Eva, dimostrando grande maturità, ringrazia l’amica per aver fatto sì che, in qualche modo, quella situazione si sbloccasse. Si vedono entrambe con una prospettiva diversa, più vera, più immediata, senza più silenzi complici di cazzate. Ma qua va smantellato ancora l’affaire di Malik con Eva. Già, com’è andata?

“Perchè non mi hai detto che ti piaceva?” “Perchè sono una cretina”. Ecco qua riassunto il nuovo cammino di consapevolezza della nostra protagonista. Rimane sola, con il cellulare di Eva in mano, in un brodo di giuggiole: Malik l’ha aspettata per tutto questo tempo ed Eva si è rivelata un’amica speciale, che si è prodigata per non fare perdere le speranze al ragazzo, mentre Sana la folgorava con lo sguardo e con gli strali del pensiero. Già prima dell’esito della scommessa, Malik ed Eva stavano complottando come i carbonari. Era stata una pantomima l’atteggiamento di Eva: stava già agendo per conto dell’amica, ma non poteva dirle nulla. Sana si stava allontanando da tutti, aveva perso ogni contatto con le persone della sua realtà. Sana non potrebbe essere più felice: stava mandando tutto in vacca, mentre in realtà l’odiata rivale giocava nella sua stessa squadra. Adesso, con occhi più sicuri e consapevoli, capisce il passato e guarda il presente più nitidamente.

Mega torneone di nascondino, qualche occhiata di sbieco e qualche pacca di troppo e rischia di saltare il piano. Rigorosamente Niccolò conta, mentre tutti corrono su per le scale alla ricerca del miglior covo dove sistemarsi. La musica accompagna la scena, con una chitarra delicata e una voce sognante, come se la dimensione del gioco fosse quella delle loro vite: piccoli grandi uomini e donne inarrestabili. Niccolò si muove tra luci e ombre dell’appartamento, lasciandosi guidare da chi gli vuole bene, da chi vuole il suo bene: i suoi amici. Nel buio della notte, azzurra e nera, con i giusti punti di riferimento arriva alla meta agognata: la verità. La verità di chi è e cosa cerca, la verità del sentimento che lega lui e Martino, la verità di ciò che lo fa sentire vivo, al posto giusto, al momento giusto. Tutti fuori assiepati a cercare di origliare qualche scampolo di conversazione. Martino è sotto il letto, Niccolò deve mettersi come lui se vogliono entrambi starci, un po’ come nelle situazioni quotidiane dove in due si deve guardare dallo stesso punto di vista per provare a capire meglio l’altro. Le parole tacciono e si passa ai fatti: l’amore è ritornato. Anche i più curiosi vogliono lasciare un po’ di intimità ai due piccioncini ritrovati: il lavoro è finito e tornano giù.
Sana ha finalmente capito cosa conta nella vita e quanto valgano l’amore e l’amicizia.
4 x 09 “Chiudi gli occhi”

La mattina dopo il compleanno di Silvia. A Sana suona la sveglia della preghiera, in camera sono rimaste solo lei e Federica. Le altre sono fuggite perché Sana russa come un motoscafo. L’atmosfera è tesa, si percepisce che sta per succedere qualcosa. Il meteo fa la spia: tuoni e pioggia in sottofondo. La luce bluastra avvolge il volto di Federica che tradisce la tensione forse anche la paura. Così come un cerotto che ha bisogno di essere strappato inizia: “Te lo ricordi quando ti ho detto che non mi ricordavo perché ti ho parlato la prima volta?” certo che se lo ricorda, era stato uno degli ultimi segnali di amicizia prima del caos che stava per colpirla. Ora sta a Federica spiegare il perché. Inizia tutto con un meme offensivo verso Sana che era uscito quella settimana. Le parole di Federica però non sono di denuncia, le trema la voce. Continua e confessa. Lei è la colpevole del soprannome: Osana bin Laden. Lei ha disegnato la prima caricatura su Sana. Per tutto il tempo in cui confessa le sue colpe, Federica volta le spalle a Sana, la sentiamo la vergogna che prova. Ci sentiamo anche noi come lei perché abbiamo riso tutti quando i contrabbandieri la chiamavano Osana bin Laden. Era iniziato come uno scherzo, poi qualcuno è diventato pesante. “Appena hanno iniziato a scrivere gli insulti e a mettere le foto su Instagram, io non ho più scritto niente, te lo giuro”. Non voleva fare niente di male, solo due risate, poi ha empatizzato con Sana, forse ha usate lei per distogliere il mirino da se stessa, non lo sapremo mai. Trovare un nuovo capro espiatorio, per sentirsi liberi nella propria forma corporea, forse aveva pensato questo. Allora ha deciso di parlarci, di farla entrare a far parte del suo mondo, la sua amicizia era forse il suo modo di chiederle scusa senza dirlo ad alta voce. Sana è ferita, piange, Federica si sente malissimo, talmente tanto che non la guarda nemmeno in faccia. Federica vuole andare ad autodenunciarsi alla polizia per quello che ha fatto. Non le interessa a cosa va incontro, vuole dimostrare a Sana che le dispiace. “Ma piantala, no” Sana fa un gesto che ci riporta alle prime puntate. Di nuovo una scommessa. Questa volta però non è contro l’amica, ma a favore dell’amica. Se Federica studia italiano, si fa interrogare da lei e è preparata bene, altrimenti andranno a denunciarla alla polizia. Un gesto che mostra la maturità che Sana ha raggiunto, basta covare odio, ormai è acqua passata, Federica ha avuto il coraggio di confessarle tutto, vuole convertire questo errore in qualcosa di buono. Rispondere bene a chi l’ha fatta stare male. Alle sei di mattina Federica si trova a studiare Verga e Montale in camera di Silvia, dove hanno “dormito” Martino e Niccolò.

Domenica mattina. Sana va a chiamare Rami al parchetto, perché come al solito non risponde al telefono e devono pulire la terrazza condominiale per l‘Eid (festa per la fine del Ramadan). Ci sono anche gli altri, anche Malik. “Facce finì sta tesca” mentre Sana risponde a Federica, che manda le prove dello studio, vediamo Malik che si muove alla velocità di un bradipo per non parare la palla ed essere mandato fuori dal gioco. Vuole parlare con Sana “Posso sedermi o anche la panchina è bloccata?” Incredibile come l’abbia toccata pianissimo. La sfiga di Sana non ha limiti, scopre che Malik andrà a Parigi con biglietto di sola andata per ora, va da un cugino “Non mi va di stare in Italia in questo periodo”. Sana ha lo sguardo vuoto, perso. Mai che vada tutto liscio.

In un martedì mattina qualunque Sana per la prima volta salta la prima ora insieme a Eva e Silvia, che rischia di schiantarsi al suolo mentre fuggono da scuola. Al solito baretto le ragazze mettono Sana all’angolo: non era con nessuna di loro il giorno prima. “Chi hai visto?” Le urla da pazze delle ragazze ci dicono già che è Malik. Sana le mette al corrente di Parigi e della sfiga che la perseguita. Le ragazze non demordono: vogliono a tutti i costi che Sana lo veda prima della partenza di domenica, tanto che Eva arriva a dire “Se non lo fai tu lo faccio io, Sana style”. E iniziano quei bellissimi minuti “Però che gli scrivo?” e la risposta è sempre e comunque “Una roba semplice”. L’eccitazione che segue la domande sta nelle risatine delle ragazze, Malik, cuore buono, non si fa attendere. Lui può sabato, Sana lo lascia un po’ in sospeso, come se ancora ci fosse bisogno delle tattiche.

Sana ha riaperto il dialogo con tutti. Le amiche, Malik, il fratello. Manca solo di far conoscere la parte “occidentale” di sé alla madre. Le vediamo in un’atmosfera rilassata, stese sul letto, vicine mentre guardano le foto delle ragazze sul telefono di Sana. “Perché non le inviti all’Eid?”, Sana è estasiata dall’apertura sincera della madre e ha la riconferma che i muri li aveva per prima innalzati lei. Arriva una notifica sul cellulare: un messaggio di Malik. Forse è il caso che ci inventiamo qualcosa di più pratico per le notifiche, un dispositivo che se vede gli occhi di qualcun altro fissare il telefono non invi i messaggi o robe simili. Ma Sana è cambiata e non scappa. “Lui è il ragazzo che mi piace” “Uscirete?” Sana si confronta anche con la madre, le spiega il problema, l’inutilità di provarci perché non c’è possibilità che lui torni ad essere musulmano. Le chiede tutte le cose a cui nessuno aveva potuto risponderle e si lamenta: “Perché loro possono sposare chi vogliono e noi no?” “È scritto così, magari i sapienti un giorno troveranno un’altra interpretazione” “Ma i sapienti sono tutti maschi” Purtroppo Sana ha ragione. Per la prima volta dall’inizio della stagione la sentiamo criticare la sua religione. Sentiamo che qualcosa stona anche per lei. Ma di nuovo non è il problema di pensare cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, ma il fatto che lei ha un fede fortissima. La madre non può darle il permesso di fare ciò che la religione non permette e non può nemmeno vietarle di fare tutto perciò le racconta di quando da giovane e è uscita “con un tipo di Chieti”. La faccia scandalizzata di Sana è anche quella che vede una via di fuga, non tutto è perduto. Perché tra loro è finita? perché le visioni erano diverse. Non avrebbero educato i figli allo stesso modo per esempio. Le parole della madre non sono una risposta completa, ma forse una piccola via di fuga, che chiaramente Sana non coglie e dice a Malik che non può vederlo sabato.
Mentre rinuncia a Malik, vediamo scene di preghiera, alla fine della quale Sana invita le amiche musulmane all’Eid sulla sua terrazza sottolineando che ci saranno anche le sue amiche di scuola “Così le possiamo lapidare” il tono ironico delle ragazze fa sentire Sana un po’ meglio.

Eva ha preso la patente, manda la foto sul gruppo, al quarto tentativo. Non ci stupiamo che alla sua proposta di portare tutte al mare sabato rispondano titubanti, per non dire atterrite. Anche Sana accetta e non sfugge alle ragazze. “Ma non dovevi vedere Malik?” Sana propina di nuovo il “non ha senso” e allora il senso glielo trova Eleonora, che al corso di religion e ethic è diventata una sapiente (la famosa fuga di cervelli oltreoceano, #ridatecelaSava). Tira fuori il destino come un coniglio dal cilindro. Magari Sana davvero non sposerà mai Malik, ma magari è stato mandato nella sua vita per ragioni diverse. Insomma l’opera di convincimento non è complicatissima e Sana sabato mattina si fa accompagnare da Eva e le altre a Viterbo, dove Malik sta facendo una sostituzione all’orto botanico.

Giallo ovunque, il velo, le foglie, il sole. Respiriamo Sana e la sua energia ritrovata. Dopo che Malik ha fatto il simpatico dicendo che non era a Viterbo, facendo prendere un infarto a tutti (te possino…), si trovano all’orto botanico. Malik sta insegnando ad un gruppo di bambini qualcosa sulle piante sprigionando tenerezza da tutti i pori. Sana aspetta. Inizia il loro appuntamento. Malik ancora parla di essere brave persone senza pregare o fare il digiuno. Poi la conversazione si sposta sullo zaino di Sana che pesa quanto quelli dei boyscout che trasportano pure i mobili quando si muovono. “Ho portato il burkini, dovevo andare la mare con le mie amiche, poi ho cambiato idea” quanto sono belli i discorsi finiti a metà che vogliono la domanda dell’altro, ricercano la spinta per continuare. Sana non poteva lasciarlo partire senza che gli avesse spiegato il segreto di Tricky Trap, come lo si può finire? “Il tuo è rotto, bisogna barare”. La sensazione di equilibrio che ci pervade quando Malik dice questa frase. Capiamo tutto. Tricky Trap sono loro e la loro storia. Non arriva in fondo perché c’è un problema enorme in mezzo e l’unico modo è barare. Malik la sta invitando a superare anche questo; il “Come?” lo scopriranno insieme, ma devono volerlo.

Visto che Sana ha il burkini, Malik le propone di andare in un posto. La camminata piena di curiosità l’uno verso l’altra, piena di risatine e sguardi complici li porta a parlare di Elia che “Sembrava molto interessato” “Sì, ma è un po’ scemo e non è musulmano” “E che ci fai qui allora?” Si torna a bomba. Il nocciolo della questione è lì e deve essere affrontato di nuovo. La pallina di Tricky Trap è nuovamente al punto di partenza. Malik spiega che lo hanno cresciuto così, ma una volta cresciuto ha iniziato a pensare con la sua testa e ha capito che non “sentiva più quelle cose”. Riviviamo la conversazione dopo la processione: “Ma non è un po’ triste pensare che non ci sia un senso alle cose?” ma Malik non pensa questo, lui ha il suo credo personale: malikismo.
Sana indossa il burkini che sembra un po’ una tuta dell’Adidas e raggiunge Malik nelle sorgenti sulfuree. La costruzione dell’immagine è favolosa. Sono su due piani diversi lei in alto, lui in basso. Si danno le spalle, parlano senza guardarsi. I fumi dell’acqua calda danno vita ai dei giochi di luce emozionanti. Sana non vuole che Malik la guardi, è tenero che lei non voglia essere guardata nonostante sia completamente coperta.

A livelli diversi, senza contatto visivo, l’unico modo per stare vicini è parlare. Malik le dice di fare il morto, lei si lascia andare, è rilassata, lascia che l’acqua azzeri il peso del suo corpo, dei suoi problemi. Malik tonerà a fine luglio dalla Francia “Mi mancherai un po’mi sa”. L’atmosfera si fa sempre più complice, c’è una straordinaria tensione erotica tutta eterea, priva di ogni aspetto carnale, come se i due corpi si toccassero attraverso l’acqua che comunica tra i due crateri. “Forse mi mancherai anche tu, poco”. Questo è il loro modo di comunicare il sentimento che li lega, con goffaggine, forse, ma tanta genuinità. La musica scandisce questo inusuale rito di corteggiamento, così casto e puro. Lui si alza, si avvicina a lei a sorpresa. Sana si volta, finge di rimproverare la sua audacia. Il contatto visivo è penetrante, contemporaneamente ci fa sentire dentro la scena, ma completamente fuori dal loro momento personale.

Gli accordi scandiscono il battito del cuore, i vapori di zolfo avvolgono la campagna, il crepitio dell’acqua stagnante. Il paesaggio e le figure diventano un ensemble univoco, tutto è dove deve essere. Il sole tramonta su di loro, immobili, fermi, eppure così vibranti, così pieni di voglia di viversi.
“Che fai?”
“Niente”.

Autore: Sandy Cioni
Fa parte di Radioeco dal 2019. Di se stessa vuole dire che non lo sa.

Autore: Tommaso Calleri
Nell’era del populismo che dilaga e delle fake news che imperversano, si manifesta la mia essenza di Tommaso apostolo, che “non ci crede finché non ci mette il naso” (altissima citazione dello Zecchino d’Oro edizione 1969). Di un mio celebre omonimo è stato detto: “Voi lo chiamate ‘il bue muto’! Io vi dico che, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra!”. Quando io parlo al telefono, si gira mezzo autobus, ma è pur sempre un inizio.
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