Disconnected dalla quarantena – Ghosteen di Nick Cave and The Bad Seeds, un album necessario

ghosteen

Disconnected dalla quarantena: Ghosteen, il diciassettesimo album di Nick Cave and the Bad Seeds uscito nel 2019: un continuo scendere a compromessi con la sofferenza e un fare i conti con la vita che va avanti nonostante tutto. C’era la necessità di un album come Ghosteen? La mia risposta in questa recensione.

Già settimane fa Alessandra e Giulia mi hanno chiesto di collaborare a Disconnected dalla quarantena, ma non sono riuscita a trovare l’ispirazione giusta per giorni. La responsabilità di scrivere per un altro programma e portare un buon contributo è davvero alta. Sono abituata a parlare di musica con il mio programma Baby it’s wild world e a scrivere dei generi più disparati per Radioeco, ma questa volta è stato diverso.

Per scrivere di un solo album e di un solo artista bisogna conoscerlo perfettamente, aver ascoltato la sua discografia più volte e conoscere i particolari più reconditi della sua biografia. Non volevo ripetermi, o parlare di un album che tutti conoscono e neppure mandare in fumo la puntata che le Disconnected ed io abbiamo in cantiere per il post quarantena.

Alla fine, la mia scelta è ricaduta su Ghosteen di Nick Cave and The bad seeds, l’ultimo album del gruppo australiano, che probabilmente considero l’uscita più intensa e sconvolgente del 2019. Un album che è la dimostrazione che la vera ispirazione non ha mai fine, tanto da portare ad un disco che io considero necessario dal punto di vista umano e artistico e quasi detentore di un messaggio universale.

Inoltre, Ghosteen è stato anche una mia personale epifania: questo album mi ha spinto a comprare i biglietti per il concerto del 9 giugno a Milano (che poi ovviamente a seguito dell’emergenza Covid-19 è stato annullato come tutto il tour europeo). Prima di Ghosteen mi sono sempre considerata solo una fan saltuaria, di quelle che conoscono i grandi successi e che ascoltano con poca attenzione il resto, che sottopalco cantano Into my arms e poi tacciono per tre quarti d’ora, immerse nella bellezza, ma sempre in silenzio. Ghosteen è invece un album che dal primo ascolto è entrato dentro la mia testa e mi ha cullato nei miei e loro tormenti musicali: davvero mi sono sentita parte dell’immaginario musicale di Nick Cave and the Bad Seeds, tanto da non volermi perdere la loro magia live (ora dovrò aspettare fino al 2021).

Ghosteen album
Nick Cave and The Bad Seeds in una perfomance live a Dallas (USA).
Dal profilo instagram di Nick Cave, foto di @brookenopie

Ghosteen è uscito il 4 ottobre 2019 ed è il diciassettesimo album della band formatasi nel 1983, capitolo conclusivo di una trilogia iniziata con Push the Sky Away (2013) e Skeleton Tree (2016), ed è il secondo album ad avere come tema l’elaborazione del lutto, quello per la perdita di Arthur, figlio di Nick Cave, precipitato da una scogliera nel 2015. Il dolore e la morte sono sicuramente le tematiche principali, anche se momenti di speranza e luce non mancano, come a voler fornire l’unico strumento per poter sopravvivere al lutto: l’amore. Con la spinta di questo sentimento, Ghosteen è una reale lotta contro la sofferenza e la ricerca di una spinta per il domani.

L’album si divide in due parti e nel comunicato stampa che ha accompagnato la sua uscita, il frontman aveva spiegato la scelta con queste parole: <<Le canzoni del primo album sono i bambini. Le canzoni del secondo album sono i genitoriGhosteen è uno spirito migrante>>. In questo modo sembra che sia stato detto tutto e nulla allo stesso tempo, un richiamo al rapporto genitori-figli è ovvio, ma a partire anche dalla definizione di spirto migrante stesso tutto è evanescente, spingendo a cercare la risposta nella musica e nei testi, forse il vero intento della band.

“Le canzoni del primo album sono i bambini. Le canzoni del secondo album sono i genitori. Ghosteen è uno spirito migrante”

Dal comunicato stampa per l’uscita dell’album Ghosteen

La prima parte di Ghosteen è composta da otto brani:

The Spinning Song
Bright Horses
Waiting For You
Night Raid
Sun Forest
Galleon Ship
Ghosteen Speaks
Leviathan

La seconda parte dell’album è composta invece da soli tre brani, il primo e l’ultimo sono due lunghe tracce intervallate da un pezzo parlato, Fireflies:

Ghosteen
Fireflies
Hollywood

Vi consiglio da ora in poi di mettere in sottofondo alla lettura l’album Ghosteen, fidatevi!

La rivista Rolling Stone ha definito questo disco <<l’ultima grande messa di Nick Cave>> e non ci sarebbe stato modo migliore per descriverlo. Lo spessore di questo lavoro veramente si avvicina al misticismo, con richiami biblici, ad esempio in Galeon Ship e Sun forest dove viene citato il profeta Ezechiele <<As a spiral of children climb up to the sun>>, ed echi cristologici nascosti o evidenti come in Fireflies: <<Jesus lying in his mother’s arms>>: l’immagine di un figlio tra le braccia di un genitore non a caso. Una sorta di paradiso terrestre è presente anche nella copertina dell’album con  vari animali selvatici tra cui agnello, che sempre seguendo la simbologia cristiana è un richiamo evidente anche questa volta a Cristo e probabilmente al figlio Arthur stesso. Un disco che è grande epopea mitologica su come un padre possa sopravvivere alla perdita di un figlio. Continue albe e improvvisi tramonti ricreati dalla musica, che per me è una metafora della vita stessa.

Ghosteen album
Copertina dell’album Ghosteen e data della premier mondiale su Youtube.

La musica è sicuramente la più asciutta e meno rock che il gruppo abbia mai prodotto. Regna l’ambient, con assenza di chitarre e percussioni, che porta ad una mancanza di parti realmente ritmate. Le atmosfere sono cupe ed evocative di un immaginario etereo e immateriale. Pianoforte e sintetizzatori predominano e si sposano perfettamente con i temi trattati: musica e parole si supportano vicendevolmente. Nelle tracce più lunghe e prettamente musicali è ancora più apprezzabile: quando le parole finiscono, la musica sembra portare avanti il discorso da sola, come ad esempio in Hollywood di ben 14 minuti.

In questo brano, dal titolo quasi dissonante con la sobrietà dell’album, viene anche cantata la lapidaria frase <<It’s a long way to find peace of mind>>. Anche se è una pace effimera e forse è quella eterna, dove nel mondo cattolico non ci sarà più dolore, o più semplicemente non ci sarà nulla; così si chiude il brano e l’album <<And I’m just waiting now, for my time to come. And I’m just waiting now, for peace to come >>.

And I’m just waiting now, for my time to come
And I’m just waiting now, for peace to come, for peace to come

Dal brano Hollywood

La stessa ricerca della pace torna anche in Spinning song, come se Nick Cave volesse ricordare a sé stesso che il dolore non potrà durare per sempre: <<Peace will come, a peace will come, a peace will come in time, A time will come, a time will come, a time will come for us>>. Questo us (noi), forse si riferisce allo stesso cantante e alla moglie Susie, che insieme al figlio Arthur compaiono in forma di tre orsi che guardano la tv nel brano omonimo Ghosteen o perfino in forma di trinità divina in Fireflies, anche se non è la trinità tradizionale per la religione cattolica. Ogni immagine evocata da questi brani parla di Arthur e della sua perdita, le scene cambiano ma al centro c’è sempre questo insuperabile dramma famigliare.

Anche il mio pezzo preferito di Ghosteen, Waiting for you, è dedicata al figlio Arthur e Nick Cave canta: <<Your soul is my anchor, never asked to be freed. Well sleep now, sleep now, take as long as you need’, Cause I’m just waiting for you, waiting for you, waiting for you. Waiting for you, to return>>. Questi versi sono sicuramente l’apice della sofferenza di questo album, e non è più solo quella evidente ed espressa con la voce più potente e limpida che Nick Cave abbia mai avuto, ma è quella di tutti: l’attesa di qualcosa che non tornerà, ognuno ha avuto la sua esperienza di perdita, o nel peggiore dei casi di lutto. Il corpo di Arthur diventa un’ancora che non chiede di essere levata: il riferimento alla caduta nel mare che lo ha ucciso è evidente e straziante; l’ancora è anche l’anima a cui il pater doloroso si aggrappa per sopravvivere. Dice anche <<Well sometimes a little bit of faith can go a long, long way>>: forse Ghosteen è veramente la fine della ricerca spirituale e di fede di Nick Cave con un continuo alternarsi di speranza e struggimento. Anche il tema dell’attesa è ricorrente nell’album Ghosteen e in lavori passati come O Children: l’attesa della morte, l’attesa della fine del dolore, l’attesa di un ritrovato senso di pace, l’attesa di qualcuno per noi e di Arthur per Nick Cave.

Well sometimes a little bit of faith can go a long, long way
Your soul is my anchor, never asked to be freed
Well sleep now, sleep now, take as long as you need
‘Cause I’m just waiting for you
Waiting for you, waiting for you
Waiting for you, waiting for you
Waiting for you
To return
Well sometimes a little bit of faith can go a long, long way
Your soul is my anchor, never asked to be freed
Well sleep now, sleep now, take as long as you need

‘Cause I’m just waiting for you
Waiting for you, waiting for you
Waiting for you, waiting for you
Waiting for you
To return

Da Waiting for you

Sicuramente Ghosteen di Nick Cave and The bad seeds è un album difficile da digerire e da capire, con le sue immagini poetiche e i suoi richiami cristologici e biblici. Ascoltare questo album ad una festa o in un locale sarebbe impossibile, necessita di un certo raccoglimento per carpire i testi e il significato delle parole. Cogliere il riferimento di ogni testo è quasi impossibile e Ghosteen è decisamente un album colto e sofisticato. Un album che sembra un brano unico, forse un po’ vecchio stile, ma il risultato è molto intenso e delicato,come un quadro Preraffaelita. Se si vuole trovare una pecca è proprio la mancanza di leggerezza. Ogni parola è un macigno. Ogni nota porta con sé il lutto e la tristezza di Nick Cave. Ogni volta che Ghosteen viene riprodotto anche il pubblico deve sobbarcarsi una parte di dolore di questo padre. Ogni ascolto finisce con il mio stomaco stretto e il mio umore inspiegabilmente malinconico e penso che questa sensazione accompagnerà anche voi. Ma allo stesso tempo sento il mio spirito arricchito e soprattutto consapevole di essere davanti ad un capolavoro indelebile. Penso che questo sia il lascito dello spirito migrante. Ma avevamo bisogno di questo diciassettesimo lavoro?

Decisamente sì! Ghosteen di Nick Cave and The Bad seeds è un album necessario, per chi lo ha scritto, prodotto e cantato, ma soprattutto per noi che ne possiamo godere di questa grande opera sul dolore.

Ma questa è solo la mia opinione. La parola alle nostre Disconnected:

Ghosteen album
Nick Cave durante un live a Brookline (USA).
Dal profilo instagram dell’artista, foto di @palmasabina

Cosa ne pensa Giulia?
Non ascoltavo un album così triste e così intimo da tanto tempo: nel nostro piccolo format Ghosteen è sicuramente la scelta più diversa e lontana dalle altre.
Le canzoni sono una dolorosa metabolizzazione di una perdita brutale, che a volte si spogliano del canto come in Fireflies.
Le melodie riflessive sono proposte in modo ossessivo e uguale, fatta eccezione per una timida insinuazione elettronica in Galleon Ship; il focus è tutto sulla sua voce, decisa e mai arrabbiata, che guida negli meravigliose immagini che essa stessa evoca, come quelle in copertina.

Sono poesie sospese in un limbo, quello creato per comunicare con il figlio, ‘’waiting for you to return’’.
Spezza il cuore sentirlo sussurrare ‘’and I love you, peace will come, a time will come’’ all’infinito fin quando la musica non si ferma; spezza il cuore il tono di supplica in Waiting for you, profondamente umano; spezza il cuore tutto l’album in generale che avverto molto circolare, anche nei riferimenti a simboli religiosi.
Ascoltandolo, non ho potuto fare a meno di pensare a un pezzo in un libro che sto leggendo:

‘’Ma la poesia lo testimonia il dolore, non lo cura. Le parole mi accompagnano da sempre, sono cristallo e radice, viaggio e lama, sono tutto, tranne medicina. La poesia non cura, semmai apre, dissutura, scoperchia. Ma non c’è più forza di fare poesia.’’
Ma Nick Cave l’ha trovata la forza invece, ‘’waiting now, for peace to come’’

Autore: Alice Andrea Rappelli

Speaker, archeologa e sognatrice con la valigia in mano. Pensa che la vita sia un musical e ha sempre una colonna sonora mentale per i momenti epici della giornata. In Radioeco dal 2019.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *